(Recensione di Natalino Russo, “Nel mezzo del Cammino di Santiago”, Ediciclo 2010)
“Il Cammino di Santiago non è un posto difficile, per seguirlo occorre solo tempo e un po’ di volontà”. E, più concretamente, gambe buone ed un fedele accompagnatore. Come quello di Natalino Russo, ad esempio, partito alla volta della Galizia in compagnia della sua imprescindibile due ruote ed un carrettino da traino fai-da-te, il sollevamento dalle sue pene fisiche, il briciolo di rilassatezza per non finire schiacciato sotto il peso dello zaino.
Nella vita, Russo viaggia e scrive. Anzi, viaggia e poi ne scrive. Non è esattamente un giornalista. Piuttosto, una specie di voce narrante barra camminante a disposizione di varie riviste e testate. Durante uno di questi viaggi – una lunga luna di miele di sé con sé -, dieci tappe per dieci giorni di gestazione emotiva, è scaturito, ovvio e consequenziale, “Nel mezzo del cammino di Santiago”. Sottotitolo che è tutto un programma: “In bicicletta verso Compostella tra viandanti e pellegrini”. La casa Ediciclo l’ha chiesto, l’ha ottenuto, l’ha pubblicato.
Qualcosa a metà fra un manuale di viaggio (c’è un’appendice di utili informazioni su come viaggiare, dove dormire e dove informarsi per un viaggio in tranquillità) ed un diario di bordo, “Nel mezzo di cammino di Santiago” è un rintocco di suoni, una filastrocca di colori, un motivo di odori. E se Russo fa di tutto per esibire le sue emozioni, nello stesso tempo non si può dire che si batta strenuamente per non suscitare un rigurgito di gelosia. Pedalata dopo pedalata, con il sottofondo del frullare che riesce a sopraffare il caos urbano che attanaglia chi legge, sovrasta televisioni e cellulari, silenzia clacson ed urla vandaliche, si schiudono i panorami sterminati della meseta ed il verticistico splendore delle salite impervie.
Ogni tappa è un capitolo. Ogni capitolo, un inizio ed una fine. Ed ogni fine, la sottile barriera che sta in mezzo fra una notte di sonno ed una giornata di bicicletta. Le immagini, i paesaggi di quiete e pellegrini monopolizzano il testo, aprendo fronti inconsueti per le epoche di caos, fast food e tempi ristretti. Cellulari ed internet non meritano spazio, ridotte a menzioni en passant, giusto il tempo di ricordarne la vacuità nel corso del viaggio se non come appiglio d’emergenza ma in ogni caso eventuale. Al loro posto, il tempo è scandito dalle Cattedrali (bella la descrizione di quella di Burgos e le leggende che aleggiano nei pressi di quella di Leòn) e la socialità da bar, osterie ed ostelli. Non ci sono mediazioni per chi sceglie il Cammino. E’ un atto estremo e senza appello che incatena senza possibilità di fuga, rende schiavi di un progetto mobile e sempre nuovo, in cui tutto scorre con modalità identiche da secoli. Fino alla redenzione finale di Santiago. Quella che confonde tutto o schiarisce tutto.
Di questa pellicola ingiallita, Russo rappresenta lo schermo, il telo bianco che riceve le immagini e le proietta come il cervello fa con il sogno. E se un vizio c’è – e c’è – è la sfuggevolezza delle descrizioni, la velocità del viaggio. ma forse non è colpa dell’autore. Forse, semplicemente, è colpa dei giorni, del tempo che non si cristallizza adattandosi alle esigenze voluttuose di lettori taccagni di evocazioni. O, probabilmente, è un tiro birichino di Russo, pescatore sapiente che getta l’esca e lascia a noi pesce il gusto di approfondirne in sapore. Chiama Russo. Ci chiama a mollar tutto ed a partire. Ed a farlo non per un motivo, non per ascetismi o vani filosofeggiamenti. Solo, per il gusto di farlo. Per il cammino che è lì.
Natalino Russo, “Nel mezzo del Cammino di Santiago. In bicicletta verso Compostella tra viandanti e pellegrini”, Ediciclo 2010
Giudizio: 3.5 / 5 – Frullante
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