LA SCELTA DI BARBARA (Barbara)

Creato il 15 marzo 2013 da Ussy77 @xunpugnodifilm

Il romanticismo (scontato) ai tempi della Stasi

In ritardo di un anno giunge in Italia l’Orso d’argento della Berlinale 2012. La scelta di Barbara si fa visivamente innovativo, ma mette a nudo svariate carenze narrative, che lo trascinano verso una conclusione prevedibile.

Estate 1980. A causa di una richiesta (negata) di un visto di uscita dalla Germania dell’Est, Barbara, dottoressa berlinese, viene spedita a lavorare presso una piccolo ospedale di campagna. Mentre il compagno Jorg pianifica la sua fuga, Barbara comincia a instaurare un rapporto professionale e di fiducia con il primario Andre.

Petzold rifugge lo stereotipo abusato della luce livida nelle messinscene precedenti della Germania orientale. E la sostituisce con colori caldi. Eppure La scelta di Barbara risulta asettico e freddo. Non per colpa degli attori, che riescono abilmente a intercettare quel perenne stato di tensione e controllo che si respirava negli anni ottanta al di là del Muro. Ma per la giustapposizione di una sequela di scelte registiche e narrative che rasentano la banalità. Difatti La scelta di Barbara è prevedibile e non riesce appieno a sviluppare adeguatamente i sentimenti, che inesorabilmente si palesano sullo schermo cinematografico e che finiscono per mettere in secondo piano la volontà di libertà e di fuga verso un possibile futuro migliore. Petzold, regista e autore della sceneggiatura, si perde in un buonismo dichiarato e in un romanticismo di facciata, che spreca le ottime interpretazioni dei due protagonisti. Infatti spiccano, nei buchi narrativi disseminati in lungo e in largo dal regista, la prova recitativa di Nina Hoss (Barbara, personaggio notevolmente complesso), misurata e votata alla sottrazione del gesto, e quella di Ronald Zerhfeld (Andre), dottore protettivo e comprensivo, ma anch’esso sotto stretto controllo dalla Stasi (dopotutto come chiunque). Ed è proprio l’opprimente, e incondizionata, tensione che si respira, che rende la pellicola di Petzold meritevole di visione. I continui silenzi rotti dai toc toc alla porta e da irruzioni improvvise (corredate da privazioni fisiche) permettono di comprendere lo stato di allerta che vigeva in quegli anni nella Germania dell’Est. Qualcosa di incomprensibile, di non condivisibile e di profondamente empatico. E sotto questo punto di vista la pellicola “gira” e convince appieno. Diversamente sono le concomitanze che si accavallano a fine pellicola che la relegano (purtroppo) a uno status inferiore e meno interessante. La scelta di Barbara mostra il fianco a una retorica e una morale da prodotto televisivo, nel quale l’amore (anche se velatamente assaporato) è più forte della libertà, della possibilità di una fuga preparata e fortemente agognata.

La quasi totale assenza di musica (che appesantisce la pellicola, anche se a tratti è funzionale a un innalzamento dell’ansia dovuto alla concentrazione sui rumori di sottofondo) si somma a una viscerale mancanza di un ritmo coinvolgente. In conclusione si può facilmente affermare che, come già anticipato, le ottime caratterizzazioni della Hoss e di Zerhfeld non riescono a risollevare un prodotto che si perde nei meandri della prevedibilità e di qualche eccesso buonista, che abbraccia anche alcune figure di contorno (come ad esempio il capo della Stasi Schütz). Purtroppo Petzold non raggiunge il cuore e non emoziona; il classico Acque del Sud, a cui ha dichiarato di essersi liberamente ispirato, è molto lontano.

Uscita al cinema: 14 marzo 2013

Voto: **

Leggi la recensione anche su Persinsala.it

http://www.persinsala.it/web/anteprima/recensione-la-scelta-di-barbara-1572.html


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :