La scienza che pensa, la scienza che non pensa

Creato il 05 gennaio 2013 da Alby87

Ci sono dei furboni che si domandano, se è vero che il sapere scientifico è nemico naturale del dogma di fede, come mai esistano scienziati credenti che vivono serenamente questa duplicità.
Ovviamente l’esistenza di persone così rappresenterebbe una controprova del conflitto naturale fra scienza e fede se fosse vero che la ragione ha potere assoluto sul vissuto umano.
Non è così, purtroppo; il potere della ragione sul pensiero non è assoluto, ed in gran parte è mediato dal successo con cui la ragione può controllare il mondo fisico. Se lasci che la ragione si prenda gli spazi cui naturalmente anela, se cresce e si sviluppa naturalmente, la religione svanisce inevitabilmente; ma fin tanto che la limiti ad utilizzi tecnici e sostanzialmente “sciamanici”, e nessuno chiama mai gli “scienziati” di oggi a un obbiettivo più alto e ad un’ampiezza di vedute maggiore di quella, il contrasto non emerge e non si manifesta in nessun modo.
Non v’è dissonanza cognitiva né emotiva nella mente di chi usa il sapere scientifico solo come mezzo per raggiungere scopi tecnici, di chi vuole a tutti i costi ritagliarsi uno spazio per un mondo di fantasia completamente scisso dal nostro. Quando scrivo un racconto o un romanzo fantasy non mi preoccupo certo che rispetti leggi scientifiche, non entro certo in dissonanza cognitiva se ciò non accade. E così lo scienziato non entra in dissonanza se sogna un mondo in cui il peccato può trasmettersi di padre in figlio come HIV, o se crocifiggi uno si perdonano tutti gli altri, trattandosi semplicemente di un universo di fantasia.

Fino a quando il pensiero procede a livelli di astrazione abbastanza bassi, come sono quelli richiesti dalle scienze naturali, è possibile addirittura che il mondo di fantasia in questione venga ritenuto perfettamente reale ed agente, senza per questo incontrare contrasti: “i fantasmi esistono”. “I viventi sono giunti alla forma attuale attraverso un processo evolutivo darwiniano”. A un primo sguardo non c’è alcuna discordanza necessaria fra queste due affermazioni, solo ad un adeguato livello di approfondimento ti accorgi che la fenomenicità della coscienza dipende dalla forma biologica degli organi della vita di relazione e dalle funzioni adattive per cui essi si sono evoluti, e dunque non è pensabile che sia vero che l’organo sia nato ed evolutosi darwinianamente e al contempo che il fenomeno della coscienza possa sussistere anche nel momento in cui il corpo ha cessato di essere. Questo tipo di ragionamento non è immediato e neanche propriamente scientifico, ma, partendo da esso, trascende il pensiero scientifico esplicitando le logiche conclusioni filosofiche che erano già implicite in esso.

Il problema è che nessuno scienziato è chiamato necessariamente dal suo lavoro a questo genere di riflessioni, malgrado a volte la sua disciplina di studio lo porti davvero vicino alla problematica. Quando ciò accade il pensiero religioso e la credenza nel sovrannaturale si estinguono, ma questo percorso completo, compiuto e filosoficamente coerente si trova davvero di rado, più di frequente il percorso che conduce dal pensiero scientifico all’ateismo è più semplicistico e affonda non in una rigorosa deduzione delle conseguenze filosofiche della scienza, quanto in una passione di natura emotiva per il pensiero critico che mal si accorda con la somministrazione dall’alto del dogma.

Non ha torto dunque Nietzsche, quando suggerisce che lo scienziato, di per sé, sia soltanto lo strumento con cui il filosofo si procura il materiale per la propria riflessione, e non filosofo di per sé (ovviamente le due figure possono incarnarsi nella stessa persona, e anzi si auspica che in futuro questa possa diventare la norma).
Han facile gioco i clericali ad accusare lo scienziato di essere un “tecnocrate” che tradisce la vera “scienza” … Ma si tratta del classico rigirar la frittata di cui il cristianesimo ha fatto una missione sin dalle origini. In realtà la Chiesa ha sempre amato quel lato della scienza che è pura tecnica, che permette loro di viaggiare su lussuosi aerei, di telefonare ai politici per dettar loro la propria agenda, di far iscrivere il papa a Twitter: questo tipo di scienza non-pensante è in realtà perfetta per le esigenze delle istituzioni religiose, perché rappresenta l’uomo di paglia ideale; lo additi come il nemico nel momento stesso in cui te ne servi, e puoi star sicuro che in realtà non ha nessun interesse a ribellarsi perché a conti fatti lo tratti bene.

Zichichi, il nostro più famoso “teorico” (sigh) italiano del non-conflitto fra fede e scienza, non avrebbe dovuto scrivere che “la scienza non ha mai scalfito neanche in minima parte il trascendente”, ma che “LA TECNICA non ha mai scalfito in minima parte il trascendente”. La tecnica, per la religione, è come i comunisti per Berlusconi, né più né meno, è un pupazzo con cui far finta di litigare mentre in realtà ci stai pappa e ciccia. Ma la scienza, quella sintonia che si crea fra il sapere fenomenico, la dottrina a priori che lo fonda e trascende, e solo infine la tecnica a sua legittimazione finale, il “trascendente” l’ha fatto morire di parto il giorno in cui è nata.



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