Siamo ancora sulle isole occidentali della Scozia, le Ebridi esterne, sempre in compagnia di Lucia. Un altro coinvolgente racconto della raccolta “Scotland, my love” ci porta indietro nel tempo, fino all’età del ferro, alla scoperta di una delle abitazioni tipiche della spiaggia di Bosta, quando la zona era abitata dai vichinghi.
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Colori tenui e sole tiepido hanno fatto da sfondo alla nostra passeggiata a Bosta. Siamo stati qui molte volte, ma è sempre piacevolissimo tornarci per la sua bellezza, per il riparo che offre la sua spiaggia e perchè a Bosta non si può che tornare soventemente, soprattutto in una giornata di sole, generostità che da queste parti non si può non tralasciare.
I colori di Bosta sono molto dolci e trasmettono un’infinita serenità. Quando si è lì, ci si sente protetti e cullati dalla profonda dolcezza elargita dalla natura scozzese. I profumi sono intensi e il machair ispira pensieri di spensierata fanciullezza, colorati dal verde brillante della sua terra, dai fiori colorati che spiccano sul verde uniforme sottostante e dal grigio chiaro della sabbia che ogni tanto fa capolino tra l’erba compatta, bassa e uniforme.
Il cielo era terso e limpido e la baia si presentava come un dipinto, un paesaggio finto e inverosimile di azzurro intenso spezzato, tutto a un tratto dalla lunga spiaggia di sabbia bianca, quasi accecante! Bellissimo e anche insolito per Lewis, visto che il sole spesso preferisce nascondersi dietro le nuvole!
Siamo andati a visitare l’Iron age house, una ricostruzione di una casa vichinga, costruita su di un pre-esistente villaggio neolitico. Esternamente si presenta come una casina bassa, in pietra e col tetto di paglia tenuta ferma da pietre legate con un fil di ferro che attraversa il tetto da una parte all’altra. L’odore di torba era fortissimo. Siamo entrati dentro il recinto della casa, costruita un po’ sotto il livello della terra. Il mio volto era all’altezza del tetto. Quando mi sono avvicinata alla porta d’entrata, non credevo ai miei occhi. L’entrata era molto bassa: mi sono dovuta curvare tantissimo, quasi mettere in ginocchioni per entrarvi, tanto era bassa! Una volta dentro non vedevo nulla: era tutto buio e gli occhi mi bruciavano per il fumo.
La torba era così forte che quasi dava noia. Ero ferma e un po’ intontita, non sapevo che fare, ma una voce calma e rassicurante alla mia sinistra mi ha detto di non preoccuparmi che all’inizio è buio, ma poi ci si abitua e si vede. Infatti intorno a me cominciavano a prendere forma i contorni dell’interno di quella casa dell’età del ferro. Le pareti irregolari erano di pietra . Da una parte c’erano “panchine” fatte di roccia e dall’altra c’erano dei pali che sorreggevano i letti, disposti al piano di sopra. Il fumo era fittissimo tanto da far bruciare gli occhi e l’odore di torba, acre e pungente. Era bellissimo trovarsi lì.
Sono interessata di abitazioni preistoriche e ogni volta che ne visito una mi sento bene e rilassata, addirittura riesco a immaginarmi come una donna di migliaia di anni fa che lì abitava. Mi vedevo al centro della stanza, chinata sul focolare, intenta a girare una zuppa in una pentola. Indosso una gonna lunga scura e ho i capelli raccolti a crocchia in fondo alla nuca. Riuscivo a vedere i bambini dormire sui letti o giocare con delle conchiglie. Beh! Ho una fervida fantasia, ma è anche vero che quel sito è stato ricostruito così bene, che rende perfettamente l’idea di quella che era la vita nel tempo che fu. In fondo alla parete c’era un’apertura in cui, ci ha detto la guida, stavano le donne a tessere e filare. Mi sembra strano che stessero lì perchè c’era pochissima luce e poi perchè è lontana dal focolare e sarebbe stata molto fredda.
Continua…
Photo Credits: Lucia Tysserand
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