La Scozia di Lucia: l’isolamento di Uig, Lewis

Da Auroradomeniconi

Ritorna l’appuntamento con la raccolta “Scotland, my love” e continua il nostro viaggio alla scoperta delle Ebridi esterne. Oggi Lucia è diretta verso la costa atlantica dell’Isola di Lewis e ci guida attraverso single track roads fino a conoscere i misteri sconosciuti e meno turistici di Uig.

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Questa giornata l’abbiamo dedicata a Uig, una zona poco abitata sulla costa atlantica di Lewis. E’ una zona molto selvaggia in cui spiagge e scogliere determinano i tratti principali del paesaggio. Le persone che abitano qui hanno dato vita a una comunità molto attiva che si adopera per guadagnare fondi per migliorare e sostenere la propria terra.

Per l’occhio profano del turista, ciò che attrae a Uig sono le spiagge, le insenature che il mare ha creato e che disegnano paesaggi d’autore nell’album da disegno di Lewis. A Uig ci sono molte colline ricoperte di verde, su cui spiccano bianchi croft, tutti adagiati tra le insenature della crosta frastagliata, erosa dalle migliaia di anni di glaciazione. Siamo stati innumerevoli volte a Uig, per cui, questa volta, abbiamo deciso di andare a visitare i posti più lontani, difficilmente raggiungibili. Abbiamo attraversato la zona conosciuta, con la suggestiva Tràigh Uig, la distilleria A bhainn Dearg,  aperta nel 2008 e ci siamo diretti verso sud. La single track road diventava sempre più stretta e c’erano sempre meno segni di vita umana.

Abbiamo attraversato località che mi ricordo solo perchè le sto riguardando sulla mappa. Erano minuscoli villaggi, lontani nello spazio da qualsiasi altro centro e mentre li attraversavo, pensavo a quanta costanza ci voglia a vivere così isolati, in un posto già di per sé isolato. Sicuramente la condivisione e l’aiuto reciproco tra gli abitanti è fondamentale per la sopravvivenza non solo delle persone, ma anche della loro realtà geografica. Senza aiuto reciproco, credo che quei villaggi isolati tra  brughiere e rocce non esisterebbero, soprattutto perchè il senso d’isolamento è molto forte. E’ anche possibile che mi sbagli poiché io vedo la situazione dal punto di vista di una persona che vive tra tutti i comfort e che ha tutto a portata di mano. Probabilmente per quelle persone, l’isolamento è un punto di forza della loro stessa essenza di vita.

Lungo la strada che collegava i tre villaggi, c’erano dei punti panoramici che si affacciavano intrepidi sull’Atlantico e vi si tuffavano con baie o alte scogliere. Ricordo uno di questi punti panoramici, particolarmente degno di nota. Parcheggiata la macchina, ci siamo avviati sulla scogliera, verso le Information stones. “Che saranno mai le information stones?” pensavo. Incuriosita mi sono diretta verso le pietre che erano sistemate ordinatamente su uno spiazzo in mezzo alle pietre messe lì dalla natura nel corso dei millenni. Questi Scozzesi sono davvero incredibili! Le Information stones sono delle pietre che indicano le distanze in miglia con alcuni luoghi della terra. Che idea curiosa mettere delle mile stones in quel punto ai confini del mondo abitato…persino della strada che di lì a pochi metri si sarebbe interrotta.

La single, ma molto single track road si trasformava in distesa erbosa e di lì si entrava nella selvaggia Lewis. A parer di guida, ci sarebbero state le rovine di un monastero lì, ma noi non le abbiamo viste… diciamo che ci ha fatto fatica arrampicarci tra i sassi e la brughiera per cercarle! Mi sono accontentata di immaginarmele e di costruirmi con la fantasia il pensiero di monaci, alcuni secoli fa, provvisti solo di gambe, che sono giunti sin laggiù. Soprattutto però, non riuscivo a capire il motivo per cui abbiano deciso di costruire un monastero in un posto inospitale come quello. Beh! A pensarci bene avevano a disposizione il pesce e i frutti di mare. Forse allevavano delle pecore. Comunque sia ho fatto fatica a immaginarmi la loro vita laggiù, anche solo per la pendenza del terreno sconnesso che comportava grande sforzo negli spostamenti a piedi!

Continua…

Photo Credits: Lucia Tysserand

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