La scrittura araba e il progetto Decotype. Dai manoscritti alla calligrafia informatica è stato scritto da Stefania Cantù e Paolo Daniele Corda; la prefazione è di Thomas Milo. Il testo è stato pubblicato da Sedizioni (febbraio 2013; pp. 194, 24 euro) ed è stato presentato a Torino dall’Associazione Jawhara qualche settimana fa. Su Facebook potete vedere le immagini della presentazione.
Come sempre, buona lettura!
di Stefania Cantù
La mia esperienza come studentessa di arabo è stata costantemente accompagnata dalla domanda “perché è così difficile scrivere in arabo al computer?”. Ho affrontato il tema nel corso della stesura della mia tesi di laurea triennale durante la quale ho avuto l’opportunità di incontrare Thomas Milo, linguista olandese che per più di 30 anni ha studiato la scrittura e la tipografia araba, riuscendo a creare una tecnologia per poterla riprodurre correttamente e facilmente mantenendo le caratteristiche di testo informatizzato. Aver avuto l’occasione di conoscerlo personalmente e di aver condiviso insieme a Paolo un rapporto di sincera amicizia con lui e sua moglie Mirjam, mi ha dato l’opportunità, nei tre anni dedicati alla stesura di questo testo, di approfondire ulteriormente le tematiche dei suoi studi, le problematiche da lui incontrate e le soluzioni, riconosciute a livello internazionale, che è riuscito a raggiungere in tanti anni di lavoro.
Il desiderio che ci ha spinti a scrivere questo libro è nato dalla sentita necessità che si diffonda una diversa prospettiva di studio della scrittura araba, delle regole della sua grammatica ortografica e della loro evoluzione nel tempo. La ricerca svolta per la stesura del testo ci ha resi consapevoli di come lo studio delle regole calligrafiche sia fondamentale per una completa comprensione della lingua e di come l’utilizzo di strumenti adeguati per poterle gestire in ogni ambito sia indispensabile.
Il testo è strutturato in modo da essere accessibile anche ad un pubblico che non conosca la lingua araba, permettendo di evidenziare la cultura dello scrivere più della lingua in sé. Nei primi capitoli vengono forniti dei precisi fondamenti di arabo, facilmente approcciabili, introducendo i principali stili calligrafici, con una panoramica dell’evoluzione della tecnica della loro riproduzione in stampa, nel contesto della storia della tipografia. Vengono analizzate in particolare le prime stampe in caratteri arabi, il primo Corano stampato a Venezia, noto proprio come “Il Corano di Venezia” scoperto da Angela Nuovo nel 1987 nel convento dei frati minori di S. Michele, e le stampe ottomane in cui viene dato risalto alla loro massima espressione, il Corano del Cairo del 1923-24.
Questa prima parte illustra inoltre come la tecnologia che utilizziamo ancora oggi negli strumenti di ogni giorno per riprodurre la scrittura araba non è altro che l’adattamento informatico di una drastica semplificazione che ha subìto all’inizio del XX secolo con la larga diffusione delle macchine tipografiche occidentali. L’arabo che troviamo nei comuni programmi di videoscrittura risulta quindi essere una sub-variante imposta dal monopolio occidentale della tecnologia digitale.
Nella seconda parte del testo vengono presentati gli innovativi risultati della ricerca dell’istituto DecoType (Linguistic Expert & Designers of Computer-aided Typography) fondato da Thomas Milo, Mirjam e Peter Somers, rispettivamente linguista, designer e ingegnere aeronautico. Questa formazione multidisciplinare, a prima vista bizzarra, è risultata oltremodo vincente nella realizzazione di strumenti di ricerca sulla lingua e la scrittura araba ed è stato necessario in qualche modo replicare questa ecletticità per la stesura del testo. La mia preparazione da arabista e da sinologa, le conoscenze tecniche e informatiche di Paolo e le straordinarie capacità grafiche di Lara Captan, che ci ha accompagnati nell’editing, sono risultate fondamentali per una completa comprensione e rappresentazione degli argomenti trattati.
La descrizione dell’analisi grafica e degli importanti traguardi raggiunti attraverso gli strumenti creati per effettuarla, sono il focus del resto del testo. A differenza del consueto approccio alla scrittura araba, che pone l’attenzione sulla diversa forma che una lettera dell’alfabeto può assumere, questo studio olandese ha evidenziato come sia in realtà la forma della combinazione di lettere connesse (chiamata blocco di lettere) a dover essere considerata l’unità minima del testo. Attraverso questa analisi non convenzionale della scrittura araba (già affrontata da famose studiose come Abbott e Gruendler e più recentemente da Khan) Thomas Milo e i membri del team DecoType sono riusciti a scomporre i più noti stili calligrafici e a ricomporli nella scrittura informatica attraverso un motore calligrafico, che propone legature e fusioni di lettere nel rispetto delle originali regole grammaticali.
Le implicazioni nei moderni studi di grafica e in ambito accademico di questo risultato sono evidenti già nelle prime dimostrazioni con l’illustrazione di scritture dal design innovativo ma corretto, analisi sulla grafica di testi coranici e addirittura innovativi strumenti di ricerca archeologica su frammenti di manoscritti islamici.
Più di qualsiasi altro risultato raggiunto, e come più volte mi è capitato di dire da quando ho intrapreso questo lavoro, è stata però la sorprendente volontà di adattare la tecnologia alla ricchezza culturale della genuina scrittura araba che mi ha affascinata, invertendo quella spiacevole deriva che la tecnologia talvolta impone, di adattare la cultura in sua funzione.