La scuola in un Paese provvisorio

Creato il 10 ottobre 2013 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

Scuola e politica. Che fare?

Sentiamo di vivere in un Paese provvisorio perché, oltre alla perdita del passato, della sua memoria e del suo significato, stiamo perdendo l’idea di futuro. Siamo dentro un’infinita e stanca transizione in cui la politica non sembra voler affrontare il possibile rischio di un declino della nazione e non dà risposte all’accusa che questo non è un paese per giovani. La politica sembra vivere alla giornata e appiattirsi sul quotidiano; il quotidiano, poco esaltante, dei suoi primi attori. Ma così, con il principio di bene comune si eclissa, la politica tradisce la sua vocazione, il confronto si trasforma in scontro frontale e si fa sterile, la democrazia degenera in populismo, la stessa idea di Paese diventa fragile e vaga. Siamo un Paese provvisorio che difficilmente genera passioni vitali e si apre a grandi progetti.

In questo clima politico, anche la società civile s’invelenisce e si frantuma, tende a sfaldarsi in particolarismi e consorterie, rappresenta sempre meno gli originari mondi vitali, si fa meno civile e meno società. E in tale contesto la scuola: la sua missione, il suo impegno, le sue difficoltà; la sua importanza e la sua fragilità. Tante volte abbiamo notato la solitudine della scuola di fronte alla crisi e alle sfide educative di questo tempo. Proprio parlando di sfida educativa e passando in rassegna i diversi luoghi e le diverse prospettive, con cui affrontare il problema (dalla famiglia ai mass media, dalla scuola allo spettacolo, dalla comunità religiosa al consumo, dallo sport al lavoro), il rapporto-proposta curato da un comitato della Conferenza Episcopale Italiana, da testimonianza di “tanti insegnanti che, nonostante le difficoltà, le delusioni e i mancati riconoscimenti, compiono ogni giorno il loro lavoro, con abnegazione e con soddisfazione, generando beni relazionali di inestimabile valore nella scuola e nella società, proprio perché sanno rimanere ben saldi su ciò che conta davvero: il bene dei ragazzi e la loro crescita come persone”.

Dal oltre 150 anni di unità nazionale, questo è sempre stato il ruolo e il valore fondamentale della nostra scuola di Stato; i beni relazionali costruiti dalla scuola sono stati la rete fondamentale della nostra coesione sociale, il terreno di coltura della nostra identità nazionale, il motore del nostro sviluppo civile ed economico. E anche in questa fase storica, un Paese in crisi d’identità e a rischio di provvisorietà, la scuola può rappresentare il punto di ancoraggio per una rinnovata piattaforma di speranze, d’impegni, di rilanci. Purché anche la scuola non entri in situazione di provvisorietà. Rischio alto se la politica non cambia pagina e la società tutta non torna ad impegnarsi sui temi educativi. Provvisoria è una scuola che ad ogni cambio di Governo viene portata a disfare il tessuto che stava tessendo ed è costretta a cambiare linguaggio, orientamenti e strumenti di lavoro; provvisoria è una scuola che non può contare su un organico stabile e sufficiente; provvisoria è una scuola che non è sostenuta dalla fiducia e dalla stima di chi la governa; provvisoria è una scuola in cui le professionalità di tutti i suoi operatori non trovano adeguato riconoscimento economico e sociale; provvisoria è una scuola rappresentata come luogo di spreco e per questo fatta oggetto di un insostenibile decurtazione degli organici: provvisoria è una scuola che opera in edifici insicuri, inadeguati e brutti: malridotta. Umiliata e provvisoria è la scuola che la politica di questi anni ci consegna. Come hanno ridotto la scuola!!!


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