Fonti ministeriali affermano che saranno circa nove milioni gli studenti che frequenteranno la scuola italiana nel prossimo anno scolastico
Ogni anno, ci si promette che il primo giorno di scuola sarà effettivamente tale. Ma poi dobbiamo constatare con amarezza che la fase di avvio resta tuttora lenta e complessa. È un problema non solo di organizzazione, ma anche di maggiore responsabilità, a tutti i livelli. Quest’anno sulla scuola pesano le scelte discutibili operate, negli ultimi anni, per riequilibrare i conti pubblici, anche se, in ambito scolastico, non sono mancati casi di gestione un poco troppo allegra (per non usare termini più duri) delle risorse pubbliche.
Il bisogno di trasparenza e di economicità vale per tutta la vita sociale. La scuola, proprio per la funzione pedagogica che le è propria, deve far maturare nei ragazzi e nei giovani un più chiaro senso del bene comune. Ai rischi di chiusure egoistiche, a livello individuale o di famiglia o di gruppo, occorre contrapporre una mentalità e una cultura della solidarietà, sempre più convinte. La scuola deve essere certa che il suo ruolo è indispensabile, ma deve essere anche convinta che non si tratta semplicemente di idee: è uno stile da cominciare a vivere già all’interno delle strutture scolastiche. Una più giusta distribuzione delle risorse pubbliche non deve far dimenticare la priorità della spesa scolastica, per cui è necessario perseguire una politica scolastica più coraggiosa che tenga presente le esigenze dei gruppi e dei soggetti più deboli.
Pare che, in questi ultimi giorni, il governo Letta si sia indirizzato verso questo cammino, con l’ultimo decreto sulle nuove assunzioni nella scuola, perché ha capito che la spesa scolastica è una forma d’investimento sul futuro. Potrebbe sembrare l’inizio di una svolta, rispetto al recente passato, per cui occorre insistere e continuare su questo segmento appena tracciato. Retaggi mentali del passato devono cedere il passo a soluzioni più nuove, capaci di utilizzare tutte le risorse: occorre che si realizzi una maggiore presa di coscienza dell’intera società, intorno ai problemi della scuola.
Di fronte a fenomeni inquietanti, soprattutto quando toccano più direttamente i ragazzi e i giovani, siamo pronti a chiedere alla scuola risposte immediate ed efficaci. Troppe volte, però, non le offriamo quella solidarietà e quella corresponsabilità di cui essa ha bisogno. Non è giusto, nemmeno realistico, scaricare sulla scuola problemi che richiedono invece l’impegno di tutti. Questo vale innanzitutto per le famiglie. E’ essenziale un rapporto costruttivo e costante.
Gli organi di rappresentanza scolastica, istituiti dai Decreti Delegati del 1974, non hanno avuto un cammino facile, in questi ultimi anni e non mancano neppure contesti nei quali restano solo sulla carta. Occorre valorizzarli ulteriormente, in vista di un incontro più fruttuoso e costante tra la scuola e le famiglie. Solo cosi sarà possibile quel clima di fiducia che permette di affrontare problemi già gravi, ma che resterebbero insoluti se scuola e famiglia si ignorassero o si contrapponessero. Questo vale però anche per tutte le altre realtà sociali. Le sfide che il mondo dei ragazzi e dei giovani si trova ad affrontare sono gravi. Non è possibile disperdere le energie. Solo l’impegno solidale potrà far individuare e compiere passi risolutivi.