L'idea non dispiace.
Non dispiace alla Lega; tramontata l'idea di una virtuale deriva dei continenti in cui la Padania si trovi al centro dell'universo e, com'è ovvio, contro il resto del mondo, opzione reputata evidentemente troppo illogica persino dal Trota, ai secessionisti de noantri non resta che una sola via di fuga: l'annessione alla Svizzera, da essi stessi acclamata come patria putativa; lassù nei verdi pascoli ticinesi dove legge, ordine e formaggi d'alpe regnano sovrani e dove la mozzarella di bufala campana, va da sé, non è ammessa neppure se a marchio DOP, Bossi e i suoi possono sperare di trovare il paradiso.
L'idea di ospitare migliaia di profughi leghisti non dispiace ai ticinesi, se è vero che la proposta di Bignasca non ha suscitato quel fiume di polemiche che ci si aspetterebbe. Evidentemente ebbri di fonduta al merlot del Ticino annaffiata da un Bondola di Gudo dell'annata giusta, gli svizzeri italofoni accoglierebbero di buon grado i fuoriusciti nostrani: libiamo nei lieti calici affinché i discendenti del prode Guglielmo Tell, carichi di entusiasmo e di alcol, non abbiano a cambiare idea.
La proposta di Bignasca non dispiace neanche a quegli italiani, non pochi, che vedrebbero di buon occhio un cantone svizzero che raccolga i fanatici secessionisti padani e li tenga lontani il più possibile dalla «palude romana», come la definisce il leghista Matteo Bianchi, primo cittadino di un villaggio del varesotto dove invece gli acquitrini a quanto pare sono puliti e in ordine. Benissimo dunque: si caldeggi l'annessione. Sarebbe una liberazione persino per le zanzare.