Dalla carriera alla barca in Polinesia. Come si fa a buttarsi in un simile cambiamento senza cadere preda dei dubbi e delle paure?
Il cambiamento è di per sé una cosa positiva della quale non bisognerebbe mai aver paura. Nell’altra vita è stato sempre presente, quasi una risorsa per uscire dalla monotonia del già conosciuto e approfondito che rischia di legarti ad una consuetudine che piano piano ti opprime e non ti fa più gioire. Giusto per dare un esempio: nel lavoro ho sempre messo in piedi qualcosa e poi, una volta che il tutto funzionava, non avendo più stimoli lasciavo ad altri la gestione del quotidiano. A 45 anni ho sentito il bisogno di metter mano al progetto della mia vita e pensare a volermi più bene realizzando qualche sogno che da un po’ forzava il cassetto e voleva uscirne a tutti i costi. Non bisogna pensarci troppo su, ma questo non significa essere impulsivi e decidere senza ponderare. Bisogna solo pianificare l’indispensabile lasciando al viaggio il compito di trasformare e guidare la decisone. Ho venduto tutto: casa, auto, garage, mobili e quant’altro e poi sono partito. Un’altra vita con altri ritmi, tante incognite e tante sfide, ma tanta forza dentro. Con il senno di poi mi dico che ci voleva più coraggio a restare che a partire.
Perché allora è così difficile intraprendere la strada che potrebbe portarci dove vorremmo essere?
Il cambiamento fa paura ai più, e poi diciamolo con franchezza: spesso sentiamo “mollo tutto e me ne vado” più per scaricare tensioni che per intraprendere una scelta. Bisogna essere convinti e bisogna farla con serenità, e non quando si è sotto pressione. Se lo si vuole veramente non si aspetta di essere stressati o sotto pressione psicologica. Una scelta fatta in queste condizioni ha il 70% di possibilità di fallire, perché in realtà è una fuga. Io ho scelto di cambiare quando ero all’apice della mia carriera lavorativa e la mia situazione economica era sufficientemente florida: non bisogna fuggire da qualcosa o da qualcuno ma si deve partire convinti della scelta e, come prima dicevo, le scelte vanno fatte senza lasciare scappatoie, ossia non bisogna farle a metà.
Pensi che nella nostra cultura nazionale ci siano delle ragioni profonde che limitino la nostra mobilità e la nostra capacità di adattamento?
Da una parte ci sono ragioni storiche profonde, dall’altra viviamo in un paese giudicato tra i migliori per vivere: clima, cucina, storia, tradizioni, mare. Inoltre in Italia la famiglia, a differenza di altri paesi, è un valore imprescindibile e a volte spinge al conservatorismo, all’immobilismo, allo status quo. In paesi come quelli del nord Europa, a 18 anni è normale andare via da casa e rendersi autonomi, non importa se si ha già un lavoro o no. La famiglia dà una piccola dotazione economica per i primissimi tempi ma poi ti devi arrangiare da solo. Negli Stati Uniti, dove il valore famiglia è meno presente, è del tutto evidente che non si hanno legami forti e quindi si va dove ci sono più chance di vivere e di lavorare. Lentamente anche in Italia si avverte il cambiamento in questo senso ma di pari passo se si osserva bene, cambia anche il valore attribuito alla famiglia e lo sfaldamento di quei legami che erano stati il fondamento di unione famigliare. Questa naturalmente è una mia valutazione, e questo discorso ha una miriade di sfaccettature e interpretazioni.
Il reinventarsi non è una prerogativa dei benestanti, è possibile anche senza essere dei benestanti ma un po’ di denaro ci vuole. Si fa più fatica certamente, bisogna essere caparbi e convinti del nuovo progetto senza arrendersi alle prime difficoltà. Con più denaro ci possiamo permettere più margini di scelte ed insuccessi senza mettere tutto a repentaglio, ma non per questo un progetto condotto con più denaro ha più margini di riuscita di uno con meno disponibilità finanziaria. Ancora una volta è fondamentale credere nelle proprie scelte.
Cosa ti hanno risposto i tuoi amici e parenti quando hai annunciato loro che saresti partito?
La stragrande maggioranza non ha condiviso e capito la scelta ed in particolare non ha capito come mai la facessi in quella situazione, dove, per dirla con le parole di qualcuno “non ti manca niente, perché vuoi rinunciare a tutto questo?”. Vista dal di fuori, senza la necessaria sedimentazione progettuale, non è facile accettarla e condividerla perché i valori che si attribuiscono in quel momento alle cose sono essenzialmente diversi.
E ora sei in Polinesia. Ma è davvero così come la vediamo in cartolina? Cosa c’è aldilà delle spiagge e delle onde?
Un popolo semplice e genuino che sta modificando velocemente la scala dei valori, quasi il processo inverso che ho fatto io. I
Flavio Alagia
Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sud Africa… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.