Magazine Cultura

La seconda volta che ho incontrato il Nessuno Numero 1 – racconto satirico di Iannozzi Giuseppe

Creato il 07 ottobre 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

La seconda volta che ho incontrato il Nessuno N. 1

di Iannozzi Giuseppe

La seconda volta che ho incontrato  il Nessuno Numero 1 – racconto satirico di Iannozzi Giuseppe

La seconda volta che ho incontrato Wu BIP1 subito mi resi conto che era imbufalito, sembrava una Heidi preda del dèmonio, tanto tanto bisognosa d’un esorcismo. Tuttavia mi resi anche conto che nessun esorcismo avrebbe mai reso un po’ umano il signor Nessuno Numero 1, stalinista convinto votato anima e corpo all’insano culto di Stalin.

Nessuno N.1

Nessuno N.1

Mi prende sottobraccio, manco fossi un suo compagno.
Mi libero rifilandogli una bella gomitata nello stomaco, e per maggior sicurezza, mentre si regge la panza dolente, gli faccio lo sgambetto facendolo così rovinare a terra.
Accelero il passo, sperando che il Nessuno non mi prenda.
Speranza vana.
Manco mezzo minuto ed è di nuovo incollato al mio fianco. Allora sbotto: “Diavolo, vattene lontano da me!”
Ma è sordo, peggio di certi preti.
“Voglio solo specificare che io a te non ti do da mangiare…”
“E chi se ne sbatte! Ora pussa via e lasciami in pace.”
“Sei un bastardo, un bastardo…”, vomita lui rosso in volto, così tanto che temo gli prenda un coccolone da un momento all’altro.
“Perché non ho preso le parti di quel mostro assassino fascista rosso che è Cesare Battisti? Bravo tu invece che te lo coccoli. Fammi il piacere, vedi di girarmi al largo.”
“Sei un bastardo. Sappi che finché avrò vita mi adopererò con tutte le mie forze per mettere in giro false voci sul tuo conto.”
“Sai che novità!”
“E ti censurerò con tutti i mezzi disponibili. Io sono pieno di amici dispostissimi a censurarti. Basta che io glielo ordini e quelli ‘credono obbediscono e combattono’, perché sono staliniani proprio come me.”
“Tremo come una foglia al vento. Forse non ti hanno detto che Stalin è morto pazzo da un pezzo.”
Nessuno passa dal rosso al livido, più bianco d’un cencio: “Morto? Non è morto, non lo è affatto. I tanti stalinisti che come me hanno saputo amarlo si adoperano affinché i suoi terrorizzanti insegnamenti non vadano in fumo.”
“Sono impressionato. Adesso mi piscio sotto dalla paura.”
“Sei un dannato troll, ficcatelo in testa.”
“Magari, così a quest’ora ti avrei già assestato un bel colpo di clava dritto sulla testa. E invece no, sono un pacifista, uno che bene o male cerca d’essere pure buddista.”
Sospiro profondamente annoiato: “Possibile tu non abbia niente di meglio da fare che rompermi i coglioni?”
“Io romperei i coglioni a te? Senti grandissima testa di cazzo, sei tu che sei venuto a cercarmi”, bercia il Nessuno Numero 1. “Non dire castronerie o te le faccio ingoiare insieme a tutti i denti.”
Lo fisso negl’occhi: “Senti, io non ti sono venuto a cercare. Io facevo quattro passi, tu mi hai adocchiato e subito ti sei stretto al mio fianco spalancando le fauci come un borzoi affamato, per cui ti invito a passare dall’altro lato della strada.”
“Mai e poi mai. L’altro lato è sulla destra.”
“Perfetto, è il posto giusto per uno stalinista come te, perché, casomai non te lo avessero ancora fatto notare, uno stalinista è poi solo un ‘fascista rosso’, una cosa brutta veramente.”
Nessuno sbava. E’ già pronto a saltarmi al collo.
Ho un brivido di disgusto, non di paura. Non ho nessuna intenzione di sentire il suo alito purgativo sulla mia faccia.
“Nessuno, non lo fare. Vattene, a destra. E’ quello il tuo posto.”
“Mai. E se lo ripeti un’altra volta, per quant’è vero che credo in Dio, ti spacco quel muso da figlio di puttana…”, sbava con un ringhio feroce.
Mi armo d’umana santa pazienza: “Se la libertà di parola significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire.” *
“Tu a me, che sono il Nessuno Numero 1, non puoi dire un emerito cazzo. Hai capito, sì o no?”
“Ho capito, purtroppo ho capito”, gli rispondo afflitto: “Ho capito che sei uno stalinista e che la tirannia è l’unico pane che sei capace di spezzare e moltiplicare.”
“E anche se fosse? Stalin è il mio unico e solo Dio. Non è mica reato.”
“No, non lo è. Però solo per te e per chi come te: questo è il punto, Franco Melloni caro.”
Nessuno adesso è pronto ad azzannarmi. Per tenerlo a freno sono mio malgrado costretto a mettere i pugni avanti: “Non avvicinarti a me, non fare un passo in più. Sono per la non violenza, ma se provi a mettermi le mani addosso sarò costretto… per legittima difesa.”
“Non mi chiamare con quel nome”, sbraita Melloni. “Non lo fare mai più…”. Mentre smozzica le sue minacce sbava di brutto. Un borzoi rabbioso, uguale uguale.
“E’ il tuo nome, uno dei tuoi tanti nomi.”
“Nessuno lo deve sapere. Nessuno, hai capito gran figlio di…”: non gli riesce di completare la frase, si strozza con la sua stessa bava. Il suo mostaccio fa presto a diventare paonazzo. In cuor mio mi fa persino un filo di pena, ma è sentimento che subito allontano. Lascio che si strozzi, che tossisca, che graffi l’aria con le mani in cerca d’un singhiozzo d’aria. Mi limito a osservare quel brutto colore rosso che lo sta uccidendo. Non è divertente. Porto via le chiappe.

Mi credo al sicuro, lontano da quello stalinista sfegatato quando avverto proprio dietro di me un rumore sinistro, come di zoccoli. Mi volto. E’ lui, Melloni. Corre tenendo un’andatura sbilenca, pronto a incornami, con il capoccione basso a mo’ di ariete. Ha la bava alla bocca, che lascia cadere impunemente sul nero asfalto: alle sue spalle ci sono pozzanghere su pozzanghere di saliva biliosa. E’ un’immagine a dir poco lovecraftiana quella che mi si presenta davanti agl’occhi. Faccio appena in tempo a scansarmi con uno scatto felino. Melloni dà una craniata micidiale contro un lampione della luce, lasciando impressa sul palo una vistosa quanto schifosa macchia di sangue, d’un rosso tendente al nerastro. Il colpo subìto dal lampione gl’ha fatto tremare le radici nel profondo. Si stacca la lampadina che piomba giù addosso al Melloni mezzo morto sull’asfalto. Lo prende in pieno. Gli s’infila in bocca. Il Melloni, privo di sensi, con la lampadina in bocca che quasi lo strozza, pare un macrocefalo alieno. No, non è morto, di questo sono più che mai certo: certi personaggi non muoiono, qualunque cosa gli possa accadere. E’ solo rintronato… Tenta di rimettersi in piedi, ma non ce la fa proprio. Gattona agitando il testone. Non capisce, non si ritrova, le sinapsi gli hanno fatto ciao. Dovrebbe essere innocuo nello stato in cui si trova, ma non v’è certezza, per cui lo fisso allungando la mia distanza dal Nessuno.
Intorno al Nessuno si forma una piccola folla di curiosi. Ridono a crepapelle, molti reggendosi le palle per paura di farsela sotto dalle risate. Gli schiamazzi divertiti spaccano il muro del suono. Il Nessuno è seppellito da così tanti curiosi che è impossibile scorgerlo. Sotto i baffi non riesco a reprimere un cachinno, che alla fine esplode in tutta la sua forza arrivando a sfiorare il Nirvana.

* Da “La libertà di stampa” di George Orwell. La citazione originale è: “Se la libertà di stampa significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire”.

0.000000 0.000000

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :