Dopo l’acclamato, bizzarro e rispettoso La passione del 2010, Mazzacurati punta tutto sullo stra-ordinario, su una favola moderna in cui tutto (o quasi) è lecito. Cadiamo in un microcosmo fortemente “artistico” e kitch, una strana tana del Bianconiglio dove la ricerca del logico non è ammessa. Con un gusto per l’assurdo dal vago sapore russo, ma italianizzato, una giostra di personaggi che raramente nella vita reale potremmo trovare tutti insieme. C’è posto per un’indiavolata mistress, un truccatissimo mago da quattro soldi, un fioraio orientale alle porte di un cimitero e pure un orso che dulcis in fundo non ci stupirebbe vedere andare in bicicletta.
Si ride, si ride tanto, si ride bene. Mazzacurati tira fuori dal cilindro un fulgido esempio di cinema senza pensieri, che sa far svagare la testa dello spettatore con seria originalità, comico allo stato più brado e puro, narrazione di qualcosa che può esistere solo e soltanto sul grande schermo.
E giunto in fondo a questa carrellata di nonsense, il tocco del grande regista ci instilla un sense e un dubbio: d’aver assistito all’ennesima storiellina d’amore. Sì, forse sì. Ma come solo Mazzacurati poteva raccontarcela.
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