La sensibilità linguistica e il sudare

Da Marcofre

Ho già parlato di questo argomento, ma pazienza. Preferisco tornarci sopra perché è interessante e parecchio esteso; e poi il blog serve anche a ripetere in maniera ossessiva le proprie idee, giusto?
Prima di avventurarsi in un qualunque settore dello scibile umano (pittura, scultura, eccetera), è necessario procedere con un certo ordine.

Conoscere la materia che si intende usare, le sue qualità, è il primo passo nella giusta direzione. Non è sufficiente dire: voglio fare lo scultore. Iniziare a colpire con intenti “artistici” marmo o legno non farà di noi un artista, ma più probabilmente un vandalo.

Apprendere le caratteristiche del marmo, del legno, o del ferro, rappresenta innanzitutto una buona occasione per imparare quella cosa essenziale nella vita quotidiana (e in quella dello scrittore ancora di più), chiamata umiltà. Perché? Non è meglio essere presuntuosi se si ha qualche ambizione diciamo artistica?

È vero: di solito la facciata dello scrittore o dell’artista di talento è presunzione allo stato puro. Associata a essa però, la formidabile consapevolezza che le parole sono un’arma troppo potente per non imparare a maneggiarle nel modo migliore.

Per questo il consiglio è: leggere, leggere, leggere. Naturalmente non basta scorrere con lo sguardo le frasi di Melville, Simenon o Zola. È indispensabile fermarsi, rileggere.
Qui forse torna a fare capolino la sensibilità linguistica.

La sensibilità linguistica parte da due elementi fondamentali. Un grande amore per la parola, che si sviluppa quando si capisce che essa smuove, cambia le cose (checché ne dicano i cinici).
E il secondo è che… si può sempre ottenere qualcosa di meglio. Quindi rileggere (quanto scritto), e riscrivere; senza alcuna pietà.

Uno dei punti di forza di una storia deve essere la sua efficacia. Clichés, banalità assortite e frasi prive di mordente rappresentano il disinteresse dell’autore per la parola. Siccome non la ama, non gli interessa nemmeno andare oltre, scavare, cercare e trovare qualcosa che costringa il lettore attento a dire: “Attenzione, qui c’è del buono. Proviamo ad andare oltre”.

Chi è privo di sensibilità linguistica è come se vivesse in una sorta di bolla dove tutto è semplice, chiaro, addirittura banale. Talmente banale da non richiedere per esempio correzioni, riletture, riscritture.
Talmente banale che adulti e bambini parleranno alla stessa maniera. Un contadino e un laureato idem.

Chi al contrario capisce cosa sia la sensibilità linguistica, come sia necessario coltivarla, affinarla attraverso letture, e tanta scrittura, ben presto comincia a sudare: non per il caldo.