La sera tardi, quando scendevo nella sala da pranzo del Hauptgebäude del Wissenschaftskolleg deserta, assorta nel suo silenzio dove le cose erano semplicemente rimesse a se stesse, mi sedevo in un posto qualsiasi bevendo un boccale di birra, mangiando Mettwurst insieme a cetrioli e pane scuro e, mentre pensavo, a poco alla volta saliva intorno a me un senso più lieve e gentile dell’esistenza nel quale ogni idea passava nel suo contrario lasciando scorrere liberamente il flusso della vita; le immagini delle persone e dei loro atteggiamenti venivano riafferrate in un gioco più alto e libero, si mescolavano come l’orrore e la bellezza della creazione ancora disumana e informe. Era come pensare l’inizio di tutte le cose prima dell’istante in cui, come avviene nell’esperienza ordinaria di tutti i giorni, ciascuna di esse assume un destino segnato e irreversibile. Ma quando le cose, gli eventi e le persone sono ripensati e ripresi daccapo al loro inizio, così avevo pensato, mi ricordo, essi ridiventano capaci di mescolarsi e trasmutarsi l’una nell’altra, come quando giriamo all’alba per le strade di una città e non c’è più senso di colpa, né distinzione di bene e male, perché ogni cosa è semplicemente la propria forza.
Aldo Giorgio Gargani, Un anno al Wissenschaftskolleg di Berlino, in: A.A.V.V. La mia Germania, Shakespeare and Company 1993