Visto in Dvx.
Film cupissimo e incredibilmente complicato, con una serie di colpi di scena valevoli oltre ogni dire. Diciamolo subito affinché non ci siano rimostranza, le tribù locali sono trattate in maniera macchiettistica oltre l’accettabile, i cambiamenti morali del protagonista appaiono comunque troppo repentini; e nel complesso questo non è uno dei migliori film di Browning.
Tuttavia questo film vince proprio dove il regista sa lavorare meglio. Vince nelle atmosfere umide e malate di Zanzibar, nello sporco che traspare dai volti disperati dei personaggi, nella storia di perdizione reciproca che forse è la più estrema mai realizzata… infine vince con il protagonista. Si sa, Lon Chaney non sarebbe nessuno senza Bronwing, ma Browning non sarebbe nessuno senza Lon Chaney. In questo film l’attore da vita ad una delle sue prove migliori (un encomio va comunque fatto anche al resto del cast decisamente all’altezza), con una recitazione a tratti naturalistica, a tratti esagerata al punto da trasformare il volto in una maschera ghignante; e se Chaney era abiutuato a trasformarsi letteralmente nei suoi personaggi, qui il lavoro sembra minore, recita senza trucchi, ma finge una paraplegia che applicata al suo corpo lo trasforma in una animale, in un essere strisciante, lo trasforma nella rappresentazione medievale di un demone. Qui Lon Chaney recita con il viso e con il corpo in maniera separata, ma sinergica. Bravissimo.