La mia teoria è che la settimana della moda milanese sia uno degli eventi più globally trash del mondo occidentale. Sono stata alcune volte alla Fashion Week di Londra. E’ così noiosa, non è come quella di Milano. Un’altra teoria è che, tranquilli: si può essere dei veri intellettuali solo se si è, in qualche modo, fanatici del trash. Non lo dico per qualche forma di apodittica convinzione, ma solo perché è così. Così è stato stabilito dai media e dalle cricche. Vuoi per contrapposizione a quella raffinata levità ottocentesca, vuoi per facile anticonformismo. Fatto sta che per essere un intellettuale à la page si deve avere questo piccolo legame col popolo, con la provincia, col brutto, con l’indigenza.
La vulgata prevede che il trash sia da ricercarsi nei luoghi della perdizione più becera, e quindi connessa in qualche modo alla dubbia moralità. Le puttane, i bar in cui staccano le puttane, i taxi che trasportano le puttane. Ah, i taxi. Le puttane che fanno merenda sui taxi. Le storie mitologiche e di mitopoiesi dei tassisti. Ah, la figura del taxi demiurgo (che ci ha fregato 15 euro giusto giusto ieri).
Nei giorni scorsi ho avuto modo di partecipare ai party più esclusivi, questo grazie al mio ex coinquilino stylist che conosco dai tempi di Padova. Ci siamo emancipati l’uno dall’altra, viviamo in due case distinte a 50 metri l’una dall’altra e passiamo solo 12 ore al giorno insieme, meno delle 24 di un tempo. Tant’è. Ogni giorno della settimana della moda il mio coinquilino si svegliava dicendo “Olga oggi dobbiamo andare qui, dobbiamo andare lì”.
Io, sempre: “no”. Però al terzo giorno, giorno della risurrezione, non ho potuto che dire “sì”.
C’è e non c’è la salvezza
I party più esclusivi della moda sono molto trash, senza il beneficio o la scontatezza di alcuna becera perdizione. Meglio di quelli del Salone del Mobile, in cui la gente se la tira veramente assai, ci sono troppi eterosessuali in giro e sembra che le gente non stia solo producendo mobili, ma molto di più: stia salvando il mondo. Qui tutti sanno che si tratta di vanità, soldi, e wannabe something.
Ci sono i drink
Ai party della moda si beve bene e si mangiano germogli di soia con cipolla e pisellini freschi. A un certo punto si aspetta con cinica ansia che si manifesti un vip con in mano una fica del jet-set.
Ci sono i vip
Il vip fa la passerella, tutti dicono con cinico trasporto “Hey ma quello coso de Le Iene, e quella è una cosa fica”. “E’ Luca Bizzarri e lei è un’ex velina”.
Hey, guarda quella ridicola col papillon rosso vestita come Britney Spears in Toxic o come quelle che vendono le sigarette nell’america degli anni ‘80.
“E’ Melissa Toniolo.”
Ma chi cazzo è Melissa Toniolo? E perché non vende sigarette?
C’è la fila per il bagno
Poi ci sono le file al bagno. Il bagno è uno solo. Gli stranieri mi chiedono perché noi italiani siamo così lenti in bagno. Io non so che rispondere e faccio finta di essere inglese.
Poi c’è il ridicolo o l’arte
Ed è tutto intorno, ma non so se sia ridicolo o arte, non riesco a capirlo: i tacchi, gli abiti. Ma è soprattutto l’impegno. Donne in grado di stare 8 ore su tacchi a spillo. Donne con fisici come quelli del porno. Uomini vecchi e solidi. Io ho ricordo solo di un uomo che assomigliava a Rocco Siffredi ma non era quello vero.
Poi non c’è nessuna voglia di scopare
Tutti se ne stanno per i cazzi loro a ballare, sono omosessuali o eterosessuali con rughe, che manifestano volontà di solitudine e poca voglia di vivere, ma lo manifestano nel vortice di danze in cerchi chiusi.
Poi non c’è giovinezza
Se io fossi una di quelle che organizza i party della moda prenderei 20 stagisti del mondo della moda, ambiziosi, poveri e ben fatti, con la possibilità di un +1 e li metterei a circolare alla festa.
C’è gente vestita di merda
“Olga stasera vuoi venire all’inaugurazione di un posto?”
“No”
“A una sfilata alle 13 in Duomo?”
“No”
Dopo qualche ora
“Olga la moda è tutta fuffa”
“cioe?”
“Gente vestita di merda”.
La cosa bella è che non c’è speranza
E quindi sappiamo tutti quando è ora di andare a casa.