(in venticinque anni di giornalismo)
1. Si scrive sempre per il lettore, che è il nostro destinatario principale. Non si scrive per se stessi, né per l’editore (e i suoi interessi) né per la cosiddetta comunità dei pari (il pubblico degli esperti, di cui pur ci lusinga ricevere l’apprezzamento).
2. Il lettore non va intimidito. Non va impressionato col peso del proprio sapere, o addirittura schiacciato in una condizione di inferiorità. Il lettore va reso partecipe; esagerando, possiamo provare a renderlo complice; ma sempre con chiarezza e trasparenza.
3. Il lettore va accompagnato. Letteralmente: preso per mano nelle prime venti righe, e condotto con noi sino alla fine della storia. Può essere un servizio semplice, un’intervista, un’inchiesta, un reportage: sempre una storia è. Prenderlo per mano significa rinnovarne consapevolmente l’attenzione a ogni capoverso.
4. Il lettore non va annoiato. La scrittura è creatività, ma anche tecnica. Per mantenere il contatto con il lettore non basta la gradevolezza o l’incisività dello stile. Ci vuole tecnica: cambi di ritmo (nella sintassi), cambi di prospettiva (l’alternanza dei punti di vista), uso attento ed equilibrato di strumenti retorici: ironia, metafora, comparazione, enfasi. Senza mai eccedere, senza mai strafare, senza mai esibirsi.
chi è
Nato a Milano nel 1957, laureato in Germanistica all’Università di Monaco, è inviato del settimanale “l’Espresso”. Si occupa di attualità, politica e cultura. Tra i suoi interessi principali, Milano, le politiche e le polemiche culturali, l’architettura, l’urbanistica, l’ambiente, i temi metropolitani. È un esperto di cultura tedesca e mitteleuropea. Ha viaggiato molto in Europa, negli Stati Uniti e nel Sud-Est asiatico.