Il suo studio è un sogno. Situato all’ultimo piano di un palazzo, in uno dei più antichi rioni romani, pare un insolito menage a trois: una casa delle bambole, una sala da tè russa tutta trine e merletti (only pour dame) e una vecchia curata soffitta.
C’e una poltrona foderata di bottoni, più altre due poltroncine colorate, assieme a un divanetto d’epoca foderato di stoffa a righe multicolore.
Una lampada rudimentale, uno scaffale di libri a tema, foto di famiglia, disegni di famiglia. Cassettini e cabaret per dolcetti, piattini, coperchi di scatole, barattolini, piccoli scrigni, il tutto ricolmo, straboccante di bottoni.
Piccole famigliole riposte in ordine di somiglianza su un piccolo vassoio in attesa di essere le prescelte per la prossima idea.
“Sono tridimensionali”, dice, “creano affezione”. Piccole sculture da passeggio grazie alle quali è facile spaziare con la fantasia; le puoi assemblare tra loro creando degli insiemi distinti e variopinti. Ognuna frutto di un’unica, irripetibile e singolare ispirazione.
Simonetta raccoglie idee nei giardini e poi “compra” in pasticceria. Ama le rose ed è golosa di dolcetti. Così come ama le favole, i giochi e il suo luogo del cuore: la casa di campagna di famiglia. Quella dove da bambina scovava abiti, cianfrusaglie e vecchi ricordi dagli odori inconfondibili, nei bauli riposti nella vecchia cappella sconsacrata.
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Il periodo storico cui maggiormente si ispira va dagli anni 20 – epoca delle mitiche flapper girl – agli anni 40, la seconda guerra mondiale, tempo di eleganza discreta in cui regnarono rigorose parole d’ordine, due fra tutte: femminile austerità.
Materiale, colore e collezionista prediletti?
Celluloide, una resina artificiale traducibile in bottoni leggerissimi e molto sottili.
Verde.
Loïc Allio, parigino, il maggior collezionista mondiale di bottoni.
La sua splendida avventura nasce da un viaggio a Losanna in compagnia del marito che vi reca per lavoro. Il timore della noia la induce a portare con sé una vecchia scatola di bottoni, scovata in soffitta. Un gioco come un’altro per trascorrere il tempo. Primo manufatto: una rudimentale collana di bottoni appuntati sull’elastico del più intimo degli indumenti femminili. Poi viene invitata da un’amica ad una mostra al Metropolitan di New York, è il 1988. In quell’occasione gira tutte le più prestigiose boutique della città per auto-promuoversi. Si presenta, domanda e ottiene.
Le acquistano subito l’intera collezione.
Lo scorso anno è stata selezionata tra i 50 più quotati jewelry designer – disegnatori di gioielli – per partecipare a un’esposizione al MAD (Museum of Arts and Design) di New York.
E’ membro della National Button Society, un’associazione americana nata nel 1939 che conta oltre 3.500 iscritti in tutto il globo. Alcuni dei suoi modelli sono visibili presso la Alternatives Gallery, a Roma.
Ed eccola qui, uno splendido sorriso illumina il volto di questa solare e gentile signora, pronta per una piccola intervista letteraria.
Leggi tanto, poco o niente?
Moltissimo!! Non so resistere a lungo senza leggere.
Saggi, romanzi o poesie?
Romanzi.
Cartacei o ebook?
Assolutamente cartacei!
Che rapporto c’è tra la letteratura e la vita?
Si intrecciano.
Invisibile.
Un libro, una serie e un film che porteresti con te nella capsula del tempo?
Un libro: Il barone rampante e Otto giorni in una soffitta, di Mad H. Giraud, che appartiene a una collana di libri di avventure per ragazzi degli anni ‘40. Lo leggo ancora oggi almeno una volta l’anno. Quando ero bambina il mio luogo preferito di lettura era appollaiata sul ramo di un albero.
Un film?
Donne (The Women), film del 1939 diretto da George Cukor.
Una serie?
Downton Abbey!