La struggente storia della bella e sfortunata Margherita Gautier scorre sotto ai nostri occhi rapida quanto la sua consunzione. Risulta, pertanto, estremamente funzionale la scelta di Dumas di condurre la narrazione in retrospettiva, partendo dal bando dell'asta che, dopo la morte della donna, fissa la vendita di tutti i beni accumulati nella sua breve esistenza da mantenuta. Nel corso di questo evento il narratore viene in possesso di una copia del romanzo Manon Lescaut dedicato a Margherita da un certo Armando Duval, che non tarda a presentarsi a casa del compratore per chiedere il prezioso volume.
Da questo incontro scaturisce il ricordo della tormentata relazione di Armando con Margherita, una storia fatta di passione, di trasporto, di lotta alle convenzioni sociali. Giunto troppo tardi per dare l'addio alla sua amante, da cui si era allontanato per espressa richiesta della donna (che, però, non aveva fornito il motivo della separazione), Armando offre al narratore la ricostruzione del suo amore per Margherita, dal corteggiamento apparentemente impossibile da soddisfare alla separazione e alle ripicche amorose di Armando, rifugiatosi fra le braccia della principale rivale di Margherita.
Nonostante lo scandalo suscitato dal romanzo alla sua pubblicazione (1848), esso dimostra di rientrare nei canoni etici della letteratura ottocentesca: ad una storia torbida e socialmente discutibile (ma tollerabile per l'uomo, che è tenuto ad avere, prima del matrimonio, relazioni superficiali con molte cortigiane) fa seguito uno sviluppo tragico a carico della donna, (sempre unico agente moralmente corrotto) che richiede una malattia mortale, la tubercolosi, male caratteristico delle fanciulle traviate. Dumas, tuttavia, offre a Margherita l'occasione di elevarsi al di sopra di queste condanne, di superare in grandezza il suo amante di buona famiglia: i reali sentimenti e moventi di Margherita si esplicano nel finale, con le pagine del diario della donna, che offrono ad Armando le risposte che non aveva potuto (o voluto) avere mentre ella era in vita. La chiusa dell'opera lascia basiti, disorientati, rabbiosi, lacerati dalla consapevolezza che l'unico personaggio di grande cuore è rimasto, ancora una volta, sconfitto dai capricci dell'alta società.
C.M.
NOTE:
Da La signora delle camelie Verdi ha tratto uno dei suoi melodrammi più celebri: La Traviata (1853).