La simpatia per i personaggi

Da Marcofre

Sono talmente tanti gli aspetti di cui tener conto quando si scrive, che forse si rischia di diventare matti. Ma chi scrive non è forse matto? Di solito, sì.

Ne esiste uno che merita un’attenzione particolare, e riguarda la simpatia per il personaggio. Il bravo lettore, se esiste, ed esiste benché sia in minoranza, sa di quello che sto parlando.

Il cattivo narratore, e sono la maggioranza, non se ne cura.

La simpatia non ha nulla a che vedere con l’indole, non si tratta quindi di un personaggio che ride e scherza e fa battute a raffica. Niente del genere. In realtà è la tecnica che un autore con talento riesce a costruire in modo che il lettore riesca ad affezionarsi al protagonista. Costui può essere detestabile, mi pare ovvio.

Anche in un caso del genere la “simpatia” ha la sua importanza perché rende il personaggio non una figura di carta. Bensì reale, e la narrazione a quel punto è onesta.

Che io sappia, tutto questo accade solo quando chi scribacchia osserva. Riesce a capire quello che conta e ciò che è privo di senso. Temo che non esista il modo né il segreto per riuscirci. Non è qualcosa che si può insegnare, né basta dire: “Fate così e otterrete cosà”.

La formula nasce se c’è del talento, altrimenti ciccia.

La simpatia la deve avere anche chi scribacchia per gli attori del libro, questo mi pare evidente. I suoi personaggi, anche se la pensano in maniera differente da lui, non possono mai essere maltrattati. Ancora una volta citerò Dostoevskij, tanto per cambiare. Raskolnikov la pensa in maniera ben diversa dal buon Dostoevskij, eppure il lettore sente simpatia per questo squattrinato studente russo.

Non significa che ne approva la condotta, ma lo trova vivo e reale. Simpatia non vuol dire approvare, ma considerare il personaggio un appartenente alla razza umana. Un proprio simile che non esiste, eppure è reale.

Bizzarro vero?

Non è un lavoro semplice quello di creare un personaggio, o più personaggi, simpatici. Lo stesso termine “simpatia” deriva dal greco (stavolta): con sentimento, e ha qualche punto in comune con il termine passione. Tra noi, e il personaggio, si crea una relazione viva, per questo si parla di “magia” della narrazione.
Un termine forse improprio, perché rischia di spostare l’attenzione su un terreno che non ha nulla di vedere con l’esoterico. Ma per adesso fermiamoci qui.


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