La Sacra Sindone è stata custodita nel santuario di Montevergine per tutta la durata della Seconda Guerra Mondiale. La rivelazione è già di qualche anno fa, ma lo scorso dicembre l’Osservatore Romano – quotidiano del Vaticano – ha dedicato un ampio articolo alla vicenda, illustrando le motivazioni che spinsero i Savoia a nascondere il lenzuolo tanto caro ai cristiani alle falde del Monte Partenio. Montevergine, scrive Giovanni Preziosi, non fu scelta soltanto «per i requisiti di sicurezza che garantiva la zona, ma soprattutto per i legami con i monaci benedettini che affondavano le radici fin dal lontano 1433, allorché Margherita, figlia del celebre duca Amedeo VIII di Savoia — che tra il 1439 e il 1449 divenne antipapa con il nome di Felice V — in segno di devozione e riconoscenza verso la Madonna di Montevergine per essere scampata a un naufragio donò alla comunità monastica uno splendido affresco». L’Osservatore Romano ricostruisce la storia della Sindone che da Torni fu dapprima trasferita a Roma e successivamente, nel settembre del 1939, portata a Montevergine. Ciò lascia intuire che già allora i Savoia erano consapevoli dell’imminente entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania nazista. «Proprio per questo motivo – prosegue l’articolo – i Savoia avevano ritenuto opportuno trasferire n gran fretta la Sindone dalla cappella di Palazzo reale a Torino, dove era custodita, presso il palazzo del Quirinale». Roma, tuttavia, non rappresentava una località sicura e anche la proposta di spostare la reliquia all’interno delle mura vaticane fu bocciata. Il sostituto della Segreteria di Stato di Sua Santità per gli Affari ordinari, monsignor Giovanni Battista Montini, convocò immediatamente l’abate di Montevergine, monsignor Ramiro Marcone per organizzare la traslazione della Sindone. «L’abate non solo non espresse alcuna obiezione al riguardo – scrive l’Osservatore Romano – ma rimase lusingato che proprio il santuario fosse stato scelto per custodire, seppur temporaneamente, questa preziosa reliquia». La Sindone arrivò a Montevergine il 25 settembre 1939, verso le 15 e venne collocata sotto l’altare del Coretto di notte, al riparo da occhi indiscreti. Soltanto poche persone erano al corrente della presenza della reliquia. «Recentemente è stata avanzata una suggestiva ipotesi – spiega Preziosi – secondo la quale il trasferimento della sacra reliquia a Montevergine fu disposto, in realtà, per impedire che finisse nelle mani del Führer che, fin dalla sua visita in Italia del 1938, aveva sguinzagliato i suoi uomini per scovare la preziosa reliquia e trafugarla allo scopo di assecondare le manie esoteriche che condivideva con Himmler e molti altri gerarchi nazisti […] Era noto, infatti, che reliquie tradizionalmente connesse con la Passione di Cristo facevano gola a Hitler al punto che, in seguito, riuscì a impossessarsi della Lancia di Longino custodita nel Tesoro imperiale di Vienna, incaricando il colonnello delle SS Otto Rahn di cercare persino il Santo Graal». Durante il periodo di permanenza della Sindone, ci furono diverse incursioni naziste al monastero. Esse, tuttavia, vanno interpretate come normali perquisizioni. «Se infatti i nazisti fossero stati davvero convinti di aver fiutato la pista giusta per ritrovare la Sindone di certo non avrebbero esitato a mettere a soqquadro l’intero complesso monastico per trafugarla». Il segreto non trapelò mai e neppure i numerosi pellegrini che si recavano a Montevergine ebbero mai il sospetto che il quel luogo fosse custodito il lenzuolo. «Alla fine della guerra – conclude l’Osservatore Romano – dopo il referendum istituzionale e la proclamazione della Repubblica, il 28 ottobre 1946, come disposto dalla Real casa, la Sindone fu riconsegnata al cardinale Fossati che, accompagnato da monsignor Brusa, giunse a Montevergine «per riportarla, sempre in forma riservatissima, nella sua cappella in Torino».