La sindrome degli antenati III: Dalì

Da Simonetta Frongia
Continuando il post precedente a proposito dei figli sostitutivi o riparatori, abbiamo visto come nel caso di Vincent Van Gogh, che quando la morte rimane nascosta o non detta il percorso di vita del figlio sostitutivo può essere spesso difficile ed infelice.   Parliamo, ora di Dalì che a differenza di Van Gogh ha saputo esorcizzare le conseguenze del suo essere un figlio sostitutivo. Durante la sua infanzia, egli sapeva bene che era esistito un altro Salvador Dalì: il vero Salvador Dalì era suo fratello maggiore, morto, sulla tomba del quale sua madre andava a piangere due volte a settimana. Allora egli decise -racconta- di differenziarsi da questo fratello così saggio, un piccolo angelo morto e sepolto, facendo il pagliaccio. E proprio Salvador Dalì, "figlio sostitutivo", che aveva deciso di non lasciarsi prendere nella rete di questa sostituzione, ha dipinto sessanta quattro volte " L'Angelo di Millet"- delle copie, rifatte secondo il proprio gusto, del celebre quadro l'Angelus serale, dove un contadino e sua moglie a mani giunte e testa bassa, pregano i un campo di grano, chini su un cesto di patate. Quando il dipinto originale venne osservato ai raggi X, é stato scoperto, sotto il cesto di patate, un pentimento, un "ripensamento del pittore": vi era, infatti, la bara di un piccolo bambino. Millet racconta, nelle sue Memorie, che quando espose il quadro con il bambino morto, un amico gli consigliò di cambiare il soggetto, perché era troppo triste e non avrebbe potuto venderlo. Pertanto il pittore ha subito coperto la piccola tomba con un cesto di patate. Dalì disse, dopo aver appreso questa storia: " Ho sempre subodorato la morte di un bambino in questo quadro" (Anne Ancelin Schutzenberger, La Sindrome degli antenati, pag. 148). Egli riflette sulla propria identità e comprende...il meccanismo della sua sopravvivenza come figlio sostitutivo: 
"Ho vissuto la morte prima ancora di vivere la vita..............Mio fratello era morto tre mesi prima della mia nascita. Mia madre era rimasta sconvolta..........nel ventre di mia madre, io sentivo già la loro angoscia (dei miei genitori)......................questo fratello morto.............non è certo un caso se si chiamava Salvador come mio padre e come me..................Ho cominciato a vivere riempiendo il vuoto di un affetto, che non mi si portava veramente" ( Dalì, 1973, pp.12-13)

Egli in un aforisma disse: " «Il segreto del mio prestigio rimarrà un segreto.» forse era questo il suo segreto ? Aver esorcizzato attraverso un arte allucinatoria, visionaria la morte di un fratello di cui lui era il sostituto?
Dalì sviluppa un surrealismo molto personale e legato agli elementi della psicanalisi freudiana, esso è caratterizzato da un tecnica minuziosa e fredda. Il surrealismo è per Dalì l'unico modo per far emergere il suo inconscio, secondo il principio dell'automatismo psichico teorizzato da Breton; Dalì definisce tale automatismo "metodo paranoico-critico". La paranoia per Dalì è «una malattia mentale cronica, la cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di persecuzione o di grandezza o di ambizione». Le immagini che Dalì fissa sulla tela racchiudono in sé stesse tutta la sua paranoia, il suo delirio; sono partorite da una mente dotata di una fantasia straordinaria; artificiose non possono far altro che stupire colui che guarda.  Scrive Dalí: «Attraverso un processo nettamente paranoico è possibile ottenere un'immagine doppia, rappresentazione di un oggetto che, senza la minima modificazione figurativa o anatomica, sia al tempo stesso la rappresentazione di un oggetto assolutamente diverso».(http://www.realdarkdream.com/arte/dali.html
Forse un modo di trasfigurare la morte che altrimenti per un tabù culturale, non verrebbe mai nominata e quindi mai sconfitta ed esorcizzata. Dalì ha trasformato il non detto e l'innominabile (morte) in arte e, al tempo stesso l'ha sconfitta prendendosi un posto nel mondo che non era certo solo quello di essere il sostituto di qualcuno.

L'Angelo archittetonico di Dalì

L'Angelus di Millet


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