I minuti finali del film (censurati dalla Rai) sono dedicati al processo al premier Berlusconi, interpretato dallo stesso Moretti, nel giorno in cui la Procura di Milano ha chiesto al gip il giudizio immediato nei confronti del premier. Nelle scene finali si vede che il ‘Caimano’ viene condannato a sette anni e poi lascia il tribunale, acclamato da una piccola folla che poi, mentre Berlusconi-Moretti si allontana in macchina, tira di tutto, bombe molotov comprese, addosso ai magistrati. “Con la mia condanna la democrazia si è trasformata in un regime e ognuno di voi ha il diritto di reagire…”
La Gruber fa da collante tra le parole del film e quelle pronunciate dallo stesso Berlusconi nell’intervista rilasciata al giornale il Foglio evidenziando che “casualmente” il Premier ha utilizzato le stesse parole tra le quali: “il popolo è il ultimo giudice”!
E sulla faccenda Rubygate, sempre con grande foga, afferma: “L’Italia non è moralista né tanto meno bacchettona, stiamo parlando di un uomo single, maturo che non ha fatto nulla di male”…a nulla valgono i tentativi della controparte che viene continuamente soffocato dalla violenza e dall’impeto della bionda seguace berlosconiana.
La rubrica ‘Il punto’ affidata a Paolo Pagliaro, ci spiega che il Presidente della Corte Costituzionale ha voluto chiarire alcuni attacchi di Berlusconi, rivendicando l’imparzialità e l’onestà del proprio operato. Immediata la replica della Biancofiore che incalza ormai preda di un attacco di bile:” purtroppo l’Italia è tenuta in scacco da venti giudici, voi dimenticate che Berlusconi solo un anno fa ha rischiato la vita e ancora oggi ne soffre, tutti coloro che si scagliano contro di lui si devono assumere le proprie responsabilità”.
Al tentativo di contro dibattito di Urso: “Qualunque imputato innocente sarebbe felice di essere processato con il rito abbreviato e dim
Caliamo un velo pietoso sulla modalità di esposizione delle proprie idee utilizzando la violenza verbale nel tentativo impositivo che sicuramente, non facilita il confronto costruttivo che al contrario dovrebbe caratterizzare il rapporto tra i rappresentanti delle nostre istituzioni, riducendo ulteriormente quell’esiguo filo di fiducia e di prestigio che lega noi cittadini a loro.