Myshkin, Maglier e Abelev lavorano di notte e passano giorni interi chiusi in casa a vedersi film di ogni tipo, soprattutto vecchie pellicole di muto. Hanno avuto l’appartamento in cui abitano a un prezzo stracciato. E’ un appartamento composto di un ampio soggiorno e di due stanze che lasciano vuote. Abelev ha una passione grande per l’espressionismo tedesco, Maglier ama alla follia Buster Keaton e Myshkin è un patito di Lon Chaney.
Hanno tutti e tre una curiosa malattia, la sindrome di Tourette, che provoca comportamenti compulsivi, tic improvvisi, deficit di attenzione, parole o movimenti senza uno scopo.
Myshkin ha ventiquattro anni e forse ha subito un po’ troppe ferite d’amore. Si innamora spesso e il più delle volte gli va male. Maglier ha trent’anni più di Myshkin ed è un po’ sospettoso e riservato come Abelev.
Ora per i tre amici ora è successo qualcosa di importante e di brutto. Abelev è in una camera d’ospedale, ma non si ricorda niente. E’ lì immobilizzato dalle bende e dal gesso, con sonde e flebo dappertutto ed è sospettato di un crimine mai commesso e per Myshkin e Maglier è impossibile far finta di niente. E’ il momento di unire le forze…
E’ un libro speciale La sindrome di Rasputin di Ricardo Romero. Pieno di riferimenti letterari, musicali e cinematografici (Antonioni, Sokurov, Buñuel, ma non solo loro), piacevole da leggere e molto ben costruito nei dialoghi.
Romero si dimostra particolarmente ferrato nella sua scrittura e riesce a farci guardare in modo intelligente, saggio e sensibile attraverso gli occhi dei suoi personaggi coinvolgendoci emotivamente.
A volte si ha però l’impressione che probabilmente con una trama più complessa si sarebbero potute esplorare e approfondire di più certe intriganti tematiche lasciate sfumare un po’ più del dovuto. Forse certe cose accadono e si risolvono con troppa facilità e questo fa pensare a una struttura del romanzo costruita in un modo un po’ troppo affrettato.
Romanzo, comunque, di valore. Con diverse “scene” di alto livello.