La sindrome di Stendhal

Creato il 12 gennaio 2012 da Robydick

1996, Dario Argento.
Ed eccoci miei cari arrivati all'Orrore... l'Orrore quello puro. Per dirla alla Kurtz, e assolutamente non intenzionale da parte del regista. Da questo film in poi il maestro Argento avrebbe iniziato la sua inesorabile infinita discesa, inimmaginabile al tempo delle sue vette con "Opera" ('87).
Con l'avvento della videocassetta, e la costante pubblicazione su tale formato dei suoi film, un nuovo pubblico aveva potuto apprezzare il suo lavoro, e Hollywood intanto cominciava a prendere nota. Invitato in America per continuare la carriera, aveva appunto realizzato la precedente "antologia" a quattro mani con Romero sulla base di alcuni famosissimi racconti di Edgar Allan Poe, "Due occhi diabolici" ('90), e aveva diretto negli Stati Uniti il film prima di questo dal titolo "Trauma" ('93). Nessuno dei due film era però stato un successo, e Argento si era diciamo arrabbiato per l'ingerenza delle produzioni e l'interferenza e la censura della MPAA. Era stato già bruciato negli anni '70, quando società come la Paramount e la Fox avevano deciso di distribuire versioni americane tronche di film come "Suspiria" o "Inferno". Ora, avendo bisogno di un nuovo progetto per tornare nelle grazie del suo pubblico europeo, che aveva sempre apprezzato di più i suoi film, pareva averlo trovato in un libro della psichiatra Graziella Magherini.
Che fare con un soggetto descritto come un "incanto dell'arte" – un surreale stato di fuga nell'arte in cui alcuni individui si sentono emotivamente sopraffatti e personalmente collegati ai dipinti, alle sculture e ad altre opere di alta raffinatezza estetica - questa "Sindrome di Stendhal" così come è denominata, sembrava essere l'idea perfetta per un film. Naturalmente, sarebbe stato difficile realizzare e rendere tutto questo solo con alcuni effetti speciali, per realizzare quest'obiettivo Argento aveva anche bisogno di un'attrice a cui potere affidare l'estenuante tour de force che avrebbe comportato essere protagonista di questa storia, non trovando di meglio che fidarsi gratuitamente per un ruolo così complesso di un'attrice così limitata come la figlia Asia. Un personaggio che, così come era nell'immaginazione di Argento avrebbe dovuto essere una donna (e appunto non una ventenne immatura, come era Asia all'epoca), che era abbastanza giovane per sembrare ingenua, ma abbastanza robusta per poter passare per una poliziotta, e sufficientemente complessa per gestire e risultare credibile nei diversi cambiamenti di personalità diverse che si verificano per tutto il film. E ancora peggio, questa attrice avrebbe dovuto anche porre a nudo se stessa nel corso di ben tre scene di stupro di cattivo gusto. Con un'aria di stranezza che solo Freud potrebbe decifrare con successo, Argento ha appunto sconcertato tutti e ogni convenzione, annunciando di avere affidato la parte di protagonista alla figlia ventunenne Asia. Sarebbe stato il suo ruolo più esigente, e da questo film la collaborazione con la figlia sarebbe diventata un connubio fisso nel cinema di Argento, e fallimentare.
E così la telecamera rotolò sul grande ritorno dell'icona Creepshow, un thriller psicologico che ha avuto entrambe le parti, che etichetta tutti troppo sul serio. Una strana combinazione di poliziesco d'investigazione (Asia è Anna Manni, una poliziotta sulle tracce di uno stupratore seriale), lo studio dei caratteri (dopo essere stata da lui brutalizzata, Anna comincerà ad avvicinarglisi sempre più), e di esercizi di exploitation (le donne sono brutalizzate e massacrate da questo sadico maniaco biondo), ma il risultato non ha potuto che lasciare basiti anche i fan più accaniti. Alcuni lo videro addirittura come un tentativo di ritorno alle glorie passate. Altri hanno sostenuto che, pur decente, fosse già un avvertimento del peggio che stava per venire. Infatti, nel successivo decennio, Argento avrebbe fatto uscire quattro lungometraggi cinematografici più un pilot per la RAI, veramente sconcertanti uno più dell'altro.- l'esageratamente incredibile e caricato sessualmente, inguardabile e irricevibile, "Il Fantasma dell'Opera" ('98), quello che dai primi dieci minuti poteva essere un buon giallo per poi franare irrecuperabilmente, e imperdonabilmente per Argento, proprio sotto il profilo visivo, cioè "Nonhosonno" ('01), lo staticissimo e figurativamente, stilisticamente piattissimo quanto un' episodio di "Ris", cioè il già ampiamente famigerato "Il Cartaio" ('04), e uno strambissimo, cialtronissimo omaggio intenzionale al suo idolo, ovvero "Ti piace Hitchcock?" ('05) e a degna conclusione di questa sconcertante pentalogia, l'oscena e non richiesta manomissione alla compiutasi "Trilogia delle Tre Madri", ovvero "La Terza madre" ('07). Stranamente, in comparagonazione a ciò che lo ha seguito, "La sindrome di Stendhal" appare quasi come più presentabile e legittimo, ma è rimasto comunque un film che non ha potuto offrire alcuna sua riscoperta o storicizzazione, neanche con la successiva uscita nell' home video.
In qualche modo, il fatto che la Troma avesse la distribuzione di questo film per il mercato nordamericano vuol dire tutto, e lo distribuì nella sua prima edizione in dvd.
Il film non ha più niente dello stile endemicamente lussureggiante di Argento, quello stile luminoso, qui senza più alcun supporto immaginifico e creativo. Tanto più mancante in quanto "La Sindrome di Stendhal" avrebbe voluto essere un progetto decisamente diverso e ambizioso, un film composto da particolari elementi, ognuno che cerca di affrontare un aspetto diverso dell'origine di una follia distruttiva nella mente di una giovane donna. Visto per parti, esso riduce lo stupro di una donna ad una serie di onerose domande. Non c'è dubbio di sé, dubbi sulla sessualità, né insicurezze. Tutti e tre questi dubbi sono qui illustrati, quando Asia va fiduciosa dallo psicologo Paolo Bonacelli di mettere ordine nel suo disagio psichico, a cui seguiranno quasi due ore (il film è anche troppo lungo) esageratamente cariche di eventi. La trasformazione della protagonista è sia fisica che mentale. In un primo momento, Anna Manni è una mora dai capelli lunghi, un ufficiale capace di lavorare ad un caso di alto profilo. Dopo l'aggressione, si taglia i suoi traboccanti riccioli e assume una personalità più sbarazzina e immatura. Infine, dopo la principale, terribile lotta in una cascata con l'assassino, la nostra eroina diventa una femme fatale, dalla lunga parrucca bionda, infondente una posticcia atmosfera da noir post-moderno, ad ogni pretenzioso movimento del capo.
All'interno di ognuna di queste sezioni del film, Argento vorrebbe suggerire allo spettatore gli orrori che si succedono nella testa di Anna. Inizialmente, tutto ruota intorno alla questione del titolo. L'uso per allora nuovo in un film italiano della CGI per realizzare i sintomi della sindrome è, anche se datato, la cosa migliore del film, e offrendo inusitatamente per il cinema italiano, immagini di ottima e ultraterrena qualità. Purtroppo, il lavoro di Asia per esprimere il disagio emotivo che circonda il suo disordine mentale, è semplicemente imbarazzante. Quando lei sviene dentro ad una tela di un dipinto classico, la sua evidente inadeguatezza sfiora il delirio. Il suo coraggio nell'affrontare scene anche molto spogliate e di "vulnerabilità" fisica durante lo stupro è stato in lei mal riposto. Il bravo e attivissimo attore tedesco Thomas Kretschmann (che in seguito avrebbe avuto notorietà anche negli Stati Uniti in film di grosso budget come "Blade II" e il "King Kong" di Peter Jackson), è un incredibile cattivo - il tipo di disinvolto demone che possiamo facilmente vedere come uno psicopatico dalla parlantina spigliata. L'interazione con le sue vittime è nociva, ma è lui l'unico che con la sua interpretazione tenti di aiutare davvero il film, stabilendo una certa incisività al suo personaggio e agli effetti dei suoi orribili crimini.
La seconda fase del film ci porta attraverso una sorta di cercata e goffa negazione della femminilità, nel momento in cui Asia va dal suo ragazzo (un completamente spaesato Marco Leonardi) per cercare di nascondere il suo dolore. Questo sarebbe potuto essere un segmento molto interessante, quello in cui Argento non si tirava indietro dall'infondere al film una connotazione drammatica e di humour nero. Invece, tutto si risolve in un assurdo rivolgimento di Anna in un personaggio di donna sboccata e dominatrice. Allo stesso modo, c'è una ridicola sequenza di boxe in cui Anna tira di boxe con un vecchio amico come parte di un allenamento, che dovrebbe essere simbolica della sua violenza e della sua perversa, acquisita, attrazione per la sopraffazione e il sangue. Per tutti i primi due quarti del film, si avverte come un confronto una sfida a distanza con il suo stupratore, dilungandosi molto fino all'ovvio momento della giusta e obbligatoria punizione cinematografica. Come regista, Argento gioca spregiudicatamente con lo spettatore, convinto come evidentemente è, che siano tutti baggiani disposti a farsi abbindolare dalla sua giocattolosa paccottiglia, ma alla fine gli unici disposti a crederci devono essere lui e i suoi amici, come il buon Cozzi, Art Director di questo film. Come il confronto tra Asia e l'assassino andrà a concludersi, ogni spettatore un minimo smaliziato sa bene come andrà a finire fin dai primi 15' del film, e nel quale non c'è proprio niente da dover indovinare. In effetti, è stupefacente come anche dopo che questo film è finito, rimanga ancora ben impressa nello spettatore che lo ha visto, che non c'è mai stata alcuna storia degna di essere chiamata come tale. Nella maggior parte delle opere di Argento, solito un momento di "climax", ne innescava tangenzialmente subito un altro di puro orrore, qui di tutto ciò non vi è invece più alcuna traccia.
Intanto nel film siamo arrivati alla terza fase della storia di Anna. Sentendosi un po' più forte, e lavorando sul suo trauma con lo psicoterapeuta Bonacelli (peccato per un bravo attore come lui, ma quelli delle speciose sedute sono momenti di rara staticità e dai ridicolissimi dialoghi, se mai ve ne fossero), ella cerca di recuperare un po' della sua femminilità e della sua "avvenenza". Lo svolgimento di questa trasformazione è sconcertante, dato che pretenderebbe persino di nascondere l'identità di Anna (e Asia) e il suo vero aspetto. In seguito diventa tutto ancora più ridicolo, riscoprendo Anna una passionalità, una possessività tumultuosa e schizofrenica, che la Argento non si dimostra minimamente in grado di padroneggiare e restituire, apparendo invece in tutta la sua insipienza e irritante incapacità. Tutti questi aspetti che si sono via via aggiunti, arrivati a questo punto hanno già reso il film lontano da ogni interesse e fascino, per lo spettatore. Dal momento poi che Argento era stato sempre considerato un maestro, un paradigma della stimolazione visiva e sensoriale, diventa ancora più difficile nascondere l'enorme naufragio del film, e l'evidentissimo problema d'ispirazione e di visione che si era già qui pienamente manifestato. In questo film non c'è più niente, se non solamente nei primi 15', della capacità, dell'abilità argentiana di creare tensione con la costruzione dei suoi film, e con le aspettative e gli imprevisti. Anche dopo l'epilogo, quando lo spettatore è pienamente informato, tramite uno dei suoi "spiegoni" finali, che cosa sia successo nella testa di Anna, il nostro Argento non riesce ad innalzare un finale che è veramente a coda di pesce, se mai ve ne fosse uno. Possiamo solo rimanere ad osservare la protagonista che viene portata via in collo tra un nugolo di poliziotti tutti uomini, finale che voleva forse avere delle evidenti aspirazioni simboliche, del tipo "Pietà michelangiolesca", in una ricomposta società maschile dominatrice, patriarcale, dal quale la nostra Anna ha cercato di affrancarsi, sfuggire, per tutto il film, ma che invece risulta anch'esso solamente ridicolo e posticcio.
Di conseguenza, è difficile trovare qualcosa di interessante da definire tale, ne "La sindrome di Stendhal", "horror" sì ma solo involontariamente, nel senso che di terribile ha solo la sua realizzazione, e il suo risultato. Vorrebbe essere un thriller psicologico ma non può, riuscendo a essere solamente un film ondivago e di rara superficialità come la bislacca e malata psiche dei suoi grottescamente sinistri personaggi. Come il film si sposta da uno dei suoi espedienti all'altro (ci sono un sacco di elementi che vorrebbero essere un esibito riferimento ad Hitchcock, qui) e che nei film argentiani di un tempo avrebbero conferito omaggio alla sua grandezza intrinseca, qui risultano solo come una stanca e superflua citazione meritevole e degna di un ben altro contesto. Per oltre tre decenni, Argento è stato visto come un fantasioso e onirico narratore visivo di favole nere, ma nel 1996 di questo film, era fin troppo esibitamente evidente come il surreale all'interno dei suoi film "de paura" fosse oramai un elemento ridotto a una sorta di mera quinta teatrale da robivecchi, senza più alcuna invenzione o novità di sorta, e degna di nota. Argento ha da questo film iniziato a fare film gialli se non polizieschi standards, che imitano il plot dei racconti da cui il genere stesso ha preso il nome e l'ispirazione. Difatti il film risulta banale e incasellato in una confezione quantomai sciatta e senza stile, mentre in tutta la pellicola, lampeggia diverse volte tutto ciò che può essere definito come inconfondibilmente trash.Questa contraddizione insita nel film è anche la causa principale del suo innegabile, fragoroso, totale, inevitabile tonfo.
Anche adesso, in prospettiva e nell'insieme, quindici anni dopo, il film non vale nulla, tolti forse quei primi 15' menzionati fino alla retata notturna delle puttane a Firenze, con la sequenza realizzata in CGI del proiettile sparato nella canna della pistola, rielaborazione e ri-citazione di un analogo dettaglio girato a bassissima velocità, sempre della traiettoria di un proiettile prima dell'impatto, presente prima in "Quattro mosche di velluto grigio" e poi in "Opera". Rielaborazione di momenti e sequenze del proprio cinema, che da qui in avanti diventerà una costante nei film di Argento più recenti. Argento aveva anche molto dibattuto la sceneggiatura con l'autrice del libro e consulente, la psicologa Graziella Magherini, ma senza evidenti esiti positivi per la coerenza della storia e la credibilità dell'assunto, forse anche perchè già il libro di partenza non è proprio mai stato un granché, ma oltretutto assolutamente inadatto a offrire alcuno spunto per un film di questo genere. Anche l'idea di voler ritrarre il disagio e la confusione psichica derivante dalla sedicente Sindrome di Stendhal, attraverso le immagini computerizzate -nemmeno malaccio, per essere un film italiano e perdipiù di quindici anni fa- e gli effetti e i trucchi animatronici di Sergio Stivaletti, non è molto riuscita e rimane solo allo stadio di abbozzo, subito tralasciata e poi del tutto abbandonata, dopo la primissima parte del film. Massimo Antonello Geleng scenografo del film, è stato l'unico a compiere un lavoro all'altezza delle sue capacità, confermate soprattutto nella sequenza all'interno dei Musei Capitolini.
Ma la colonna sonora di Ennio Morricone ad esempio, è indegna del Maestro che ha creato oltre 450 musiche per film, celestiali e straordinarie, come per fare due esempi tra centinaia appunto, possibili, di "Once Upon a Time in the West", e proprio per Argento, quelle dei tre film della "Trilogia zoologica". Non fu certo un ritorno felice, quella della loro collaborazione per questo film. Una colonna sonora senza mordente e stancamente ripetitiva, assestante un altro letale colpo alla già ben scarsa riuscita e attrattiva del film.ci aiuta a comprendere anche le altre difficoltà oggettive affrontate da Argento a partire da quel periodo per riuscire ad offrire un progetto decente, compresa la svanita ispirazione di alcuni dei suoi collaboratori più storici e fidati, una volta straordinari. A quanto pare, pure forze che un tempo erano normalmente una garanzia di risultato e di grande qualità, si sono quindi come rivoltate contro di lui. Per quanto riguarda la fotografia, essa è chiara e luminosa, ben equilibrata anche nelle sue frequenti scene d'ombra o di oscurità, senza sperò fruttare con connotazioni eccezionali il formato anamorfico, ma anche senza offrire più alcunchè espressione di quello che una volta era l'inconfondibile stile visivo e compositivo di ogni inquadratura, del nostro regista romano.
In definitiva, è davvero arduo poter riuscire a comprendere dove porre un film come "La Sindrome di Stendhal" e i seguenti, all'interno di una reputazione come quella di Dario Argento, che purtroppo questi film hanno propriamente macchiato, e incancellabilmente. Ancora più incredibile sarà il proseguo della sua carriera e il progetto immediatamente seguente, l'inapprocciabile "Il Fantasma dell'Opera", il quale sarà anche stato uno dei suoi film preferiti dell'infanzia, ma già da come ci si era accostato come progetto, era evidente fin da subito che pasticcio sarebbe stato. Come d'altronde questo, un film che costringe le donne nel ruolo di sottomesse un po' malate di mente e un po' anche puttane, le quali non riescono a sopprimere abbastanza a lungo la loro interiore insita puttanaggine, onde non evitare la ineludibile e sopraggiunta punizione e sofferenza. Un bel risultato davvero, da un romanzo che pur non essendo granché non c'entrava minimamente con tutto ciò, risultando un film che vorrebbe essere di impostazione più realistica del solito per Argento, ed invece non riesce nemmeno minimamente a tenere desta l'attenzione, e che anche all'interno di questa impostazione molto più realistica, e proprio registicamente, non è niente di più che una fragorosa caduta, della quale resta solo la molta e piuttosto gratuita ferocia, la violenza sanguinosa e una certa baldanza con pretenziose velleità "arty", la quale non ha nemmeno potuto minimamente aspirare tutta insieme a conseguire un risultato seppur per il mercato italiano, di alti incassi,figuriamoci "mainstream" come forse pure si prefiggeva. Questi suoi film più recenti a partire da questo che abbiamo preso in oggetto, rimarranno purtroppo anche come l'ultima eredità da regista di Argento, rischiando anche, accumulandogli uno dopo l'altro, di essere la sua più indistruttibile.
I film recenti di Argento hanno ricevuto reazioni miste dagli appassionati, tuttavia si pensa ampiamente che "La sindrome di Stendhal" sia uno dei suoi film più "forti" di questo periodo. I fan erano anche lieti di vedere Argento di nuovo collaborare con Ennio Morricone - che non aveva composto le musiche per i film di Argento dai tempi di "Quattro mosche di velluto grigio" (1971) - come pure un ritorno alle ambientazioni italiane dopo le due trasferte americane di "Due occhi diabolici" co-diretto con George Romero e "Trauma". Molti sono stati colpiti dal tono del film, che è molto più oscuro di quanto siano il giallo precedente di Argento e i suoi film soprannaturali: "La sindrome di Stendhal" infatti si concentra di più sugli aspetti psicologici della violenza che sulla violenza stessa. La scelta di Argento di dirigere una scena di violenza carnale che ha per vittima sua figlia Asia ha anche creato qualche controversia.
Curiosità

  • Argento ebbe anche l'idea di girare un altro film che avesse come protagonista il personaggio di Anna Manni. Poiché sua figlia Asia non era disponibile, il nome del personaggio fu mutato in Anna Mari ed interpretato da Stefania rocca. Il film in questione è "Il Cartaio" (2004), giudicato da una parte della critica come il peggior film mai diretto dal regista.
  • L'uscita dvd USA da parte della Troma è la versione completa dell' edizione in lingua inglese, ma, come tutte le versioni in inglese, è ancora mancante di circa 2 minuti di materiale esclusivo della stampa italiana.
  • La release italiana è di circa due minuti in più rispetto alla versione da esportazione inglese, compresa una scena aggiuntiva in cui Anna chiama il marito di una delle vittime di Alfredo, e un altro dove incontra la madre di Marie, interpretata da Veronica Lazar (il cui nome è incluso nei titoli di tutte le versioni, anche quelle in cui non compare).
  • L'uscita U.K. Del 2005, dalla Arrow Pictures, ha avuto tutti i precedenti tagli rinunciati nelle altre edizioni e contiene la versione integrale in inglese, anche se come tutte le versioni inglese omette due scene in esclusiva per la versione italiana. La ristampa del 2010 della Arrow è la versione completa e non tagliata.
  • Questo film è stato presentato in video nel Regno Unito, ma in una versione con 11 tagli per un totale di 2m. e 47s, che sono stati compiuti da parte del distributore prima di essere presentata alla BBFC per ottenere un certificato video. Questi tagli sono stati applicati alle scene di stupro, al lento impatto di un proiettile in traiettoria, e al volto di una donna che viene tagliato con un rasoio. La ristampa Arrow è la stampa completa e non tagliata.
  • La versione DVD pubblicata in DVD nel Regno Unito nel maggio 1999, contiene tutto il materiale che era stato pre-tagliato dalla versione video in Gran Bretagna. Dal momento che la versione integrale non è mai stata presentata al British Board of Film Classification, questa versione è stata ritirata e ripubblicata in una versione tagliata. L'uscita del nuovo montaggio ha un disco stampato in picture disc, mentre la versione integrale era su un disco stampato in bianco e nero. La ristampa del 2010 della Arrow è caratterizzata da una versione completa e non tagliata.
  • La Sindrome di Stendhal è una sindrome reale, diagnosticata la prima volta a Firenze, nel 1982. Chiamata così dopo che lo scrittore francese Stendhal alias Marie-Henri Beyle si dice avesse avuto sintomi simili nel 1817.
  • Questo da quanto è stato riferito, è il primo film fatto in Italia ad utilizzare la CGI.
  • Argento era all'epoca un convinto fan di Bridget Fonda e la sua intenzione era quella di affidargli il ruolo principale.
  • Argento cercòin un primo momento di ottenere Bridget Fonda o Jennifer Jason Leigh per interpretare il ruolo di Anna. Per poi ripiegare decisamente sulla figlia Asia, nel ruolo.
  • Questo sarebbe stato l'ultimo film per l'acclamato Direttore della Fotografia Giuseppe Rotunno. L'anno seguente avrebbe girato un documentario su Marcello Mastroianni prima di ritirarsi.
  • Il dipinto in cui Anna entra letteralmente è un dipinto di Rembrandt raffigurante alcuni poliziotti del 17 ° secolo e intitolato "Night Watch". Il dipinto che provoca lo svenimento di Anna nel museo è di Brueghel, e si chiama Paesaggio con la caduta di Icaro.
  • Secondo gli esperti circa l'80% della popolazione soffre della sindrome di Stendhal per gradi minori o maggiori.
  • Argento ha detto di aver vissuto da bambino la sindrome di Stendhal. Durante un tour ad Atene con i suoi genitori, il giovane Dario stava salendo i gradini del Partenone, quando è stato colto da uno stato di trance che gli ha fatto perdere i suoi genitori per ore. L'esperienza è stata così forte che Argento non l'avrebbe mai dimenticata, e vi ha subito pensato quando incontrò il libro di Magherini, che sarebbe diventato la base di un film.
  • Thomas Kretschmanna è stato lanciato come Alfredo Grossi, perché Argento lo aveva visto lavorare con Asia sul set di "La Reine Margot". Argento era rimasto abbastanza colpito da Kretschmann che avrebbe poi pensato a lui per il ruolo.
  • La colonna sonora di Ennio Morricone composta per il film (orrenda) segue la stessa musica eseguita in avanti o indietro!
  • Il filmato di Anna sott'acqua dopo lo svenimento nella galleria è stato girato nel mare - non in una piscina. La cernia enorme che bacia Anna è stato un modello costruito apposta che veniva tirato attraverso l'acqua da cavi collegati a un piccolo galleggiante sulla superficie del mare. Momenti di pura dopo il confezionamento le riprese sott'acqua, il pesce ha smesso di
  • Ad un certo punto il film è stato impostato per essere girato in America con Daryl Hannah come la protagonista Anna Manni. Il progetto fallì e la produzione fu trasferita in Italia.
  • Artisti di graffiti sono stati ingaggiati per ricoprire la tana sotterranea di Alfredo con i graffiti. In una notte il gruppo ha creato oltre un centinaio di metri quadrati di muri coperti di graffiti su quel posto.


Napoleone Wilson


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