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“La sinistra che non cambia diventa destra”: a Torino Matteo Renzi apre la campagna elettorale

Creato il 13 aprile 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
“La sinistra che non cambia diventa destra”: a Torino Matteo Renzi apre la campagna elettorale apr 13, 2014    Scritto da Edoardo Schiesari    Attualità, Eventi, Piemonte, Politica, Torino 0

“La sinistra che non cambia diventa destra”: a Torino Matteo Renzi apre la campagna elettorale

Ieri mattina al Palaisozaki di Torino Matteo Renzi, apparso pubblicamente in questa città per la prima volta da quando riveste la carica di Presidente del Consiglio, ha aperto la Campagna per le elezioni amministrative ed Europee fissate per il 25 maggio. Scelta affatto casuale: a maggio gli elettori piemontesi dovranno votare anche per scegliere il nuovo Presidente della Regione e per rinnovare la Giunta regionale.
Sulle note dell’inno nazionale e in presenza delle maggiori istituzioni piemontesi, tra cui il sindaco di Torino Piero Fassino, oltre a altri trecento sindaci provenienti da tutta Italia e diversi parlamentari, il Partito Democratico ha dato il via a una campagna forte, incisiva, densa di contenuti: se una scelta comunicativa di tale portata fosse stata operata due anni fa, forse oggi a Palazzo Chigi ci sarebbe Pierluigi Bersani.
È di Piero Fassino il primo intervento significativo: con la consueta pacatezza, ha sottolineato l’importanza fondamentale che rivestono i sindaci nel rapporto tra la politica e i cittadini: sono “il naturale destinatario della vita della comunità”, devono agire da intermediari tra la politica e il popolo, e rivestono un ruolo in cui la credibilità personale e l’attenzione mostrata alle problematiche concrete hanno più importanza del consenso raccolto dal partito di appartenenza.
A seguire si è assistito alla presentazione delle cinque capolista del Pd alle Europee (Alessia Mosca per il Nord Ovest. Alessandra Moretti per il Nord Est, Simona Bonafè per il centro, Pina Picerno per il sud Caterina Chinici per le isole): cinque donne, che Grillo qualche giorno fa aveva provocatoriamente definito delle “veline”, che hanno garantito determinazione e impegno per cambiare l’Europa, per “creare delle condizioni che la rendano agli occhi dei cittadini non una serie di vincoli, ma una comunità ricca di opportunità”. Il Partito ha poi presentato i candidati per le prossime elezioni comunali previste per Verbania, Prato, Rossiglione e Bari: rispettivamente,Silvia Marconini, Matteo Beffoni, Katia Piccardo e Antonio Decaro (ex assessore comunale per i trasporti e attualmente membro della Camera, applaudito con particolare entusiasmo).
Al momento di prendere la parola, l’ex sindaco Torinese Sergio Chiamparino salito sul palcoscenico ha ringraziato con fervente entusiasmo il Premier per aver avuto il coraggio, che nessuno prima d’ora aveva mai avuto, di rompere gli schemi consolidati della sinistra. Un’azione audace che ha riavvicinato i cittadini al partito, anche chi come lui dopo anni di attività in politica se ne era distaccato. E dopo qualche stoccata alla Lega (“non si cancellano le borse di studio per gli studenti”, “il fotogramma di Cota che regge il portacenere a Umberto Bossi testimonia una subalternità di parte alla quale non mi vedrete mai chino”) e la presentazione di alcuni punti cardine del programma (piano per l’infanzia col coinvolgimento di privati nel finanziamento, abbassamento dell’Irpef per i pensionati, investire sulle imprese), il candidato alla Presidenza della Regione ha lasciato il campo al Premier. Che ha colto al volo l ‘opportunità di sfruttare l’elogio del “Chiampa” per lanciare un attacco deciso alla minoranza del partito: “la sinistra che non cambia diventa destra” ha esordito, “perde la dignità di esse sul fronte del progressismo.” Il premier ha poi rivolto un appello ai sindaci, invitandoli ad essere “coraggiosi, curiosi e attenti”, in grado di ascoltate anche chi ha idee diverse, non “montandosi la testa” e circondandosi di persone con più esperienza che sappiano “mettere la parolina giusta per dire che si sta sbagliando”. Restando sulla linea del progressismo, il Premier ha poi parlato di Europa: un’Europa da cambiare, perchè “delle regole che provocano il raddoppiare della disoccupazione non funzionano, non sono la ricetta giusta per risollevare l’economia, e il Pd non può essere il partito del lavoro se non da occupazione”.
L’intervento del Premier si è poi prevedibilmente incentrato sull’operato del governo: ha garantito il superamento del bicameralismo perfetto entro la fine di maggio, ha posto l’accento sul tetto imposto agli stipendi dei dipendenti pubblici, aumentati in maniera inaccettabile del 170% negli ultimi quattordici anni, e sui 3,5 miliardi destinati all’istruzione, con l’obiettivo di “restituire dignità sociale alle scuole”. Ha insistito anche sull’intervento sulle pensioni inferiori a 1000 euro, previsto però non prima del 2015: “prima non ce la facciamo”, ha ammesso con franchezza, “e io non voglio prendervi in giro”.
Non poteva mancare una provocazione a Grillo e ai suoi seguaci: “lasciamoli nel loro brodo. Sono entrati in politica per cambiare il Palazzo (Parlamento, ndr), Ma il Palazzo ha cambiato loro. Non andiamo dietro ai profeti dell’insulto.”
Ma più di tutto ha stupito un’ammissione di responsabilità da parte del Premier: del tutto inaspettata, per un leader per cui la determinazione e la consapevolezza sono sempre state il motore del suo successo. “Siamo saliti al governo con modalità che non avremmo voluto”, ha dichiarato “A maggior ragione, o cambiamo l’Italia o cambiamo mestiere”.

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