La sinistra delle etichette

Creato il 09 dicembre 2015 da Albertocapece

Viviamo in un mondo di etichette incollate su bottiglie vuote o adulterate: lo sappiamo eppure agiamo come se gli eleganti marchi di un tempo avessero un qualche valore. E intanto perdiamo la possibilità di mettere mano al nuovo mosto, rinchiusi dentro una cantina. Così lo confesso mi ha fatto una spiacevole impressione vedere i siti di molta sinistra inquietarsi per la vittoria del Front national in Francia nei modi e con le parole usate tre, cinque, dieci, quindici anni fa, come se il tempo non fosse passato, come se la situazione non fosse radicalmente mutata.

Intendiamoci io non sono affatto contento per la vittoria di Marine Le Pen. ma non per quello che dice o che rappresenterebbe, quando per il vuoto lasciato dagli altri, dal gollismo piccolo borghese trasformatosi in affarismo di elite e dal socialismo di marca bancaria. Per il fatto che la rappresentazione del popolo è ormai affidato principalmente a un movimento sciovinista più che sovranista, che sia stata persa l’occasione principalmente da sinistra di fare fronte contro il pensiero unico e il liberismo finanziario che ha travolto l’Europa. Se guardiamo le etichette rischiamo di non capire proprio nulla: ci dovremmo preoccupare per il rischio che perda il potere Sarkozy, un presidente del malaffare diffuso che ha inaugurato una disgraziata stagione neo coloniale, che ha collaborato da protagonista alla creazione del terrorismo anti Assad e dunque dell’Isis, che si faceva sovvenzionare da Gheddafi e poi ha ordinato di massacralo perché non si sapesse? O che se ne vada via Hollande che oltre a confermare tutte le politiche del suo predecessore ha anche siglato ogni possibile resa e intesa con l’oligarchia continentale, mettendo in svendita totale tutti i valori del passato?

Ma per carità che vadano al diavolo: Marine Le Pen sono loro almeno nella misura in cui si sono prestati anima e corpo all’ideologia e alle pratiche del globalismo liberista lasciando al Front National il monopolio delle posizioni critiche e delle inquietudini dei francesi. Piangere sul capezzale di tutto questo è nel migliore dei casi anacronistico, nel peggiore costituisce una complicità. E dire che basterebbe ben poco per sgonfiare la mongolfiera dell’Fn, basterebbe cominciare a dire no alle richieste di smantellamento del welfare, all’ impoverimento dei salari, alla precarietà, rinunciare  ad inseguire la chimera insensata della produttività, ad arginare insomma la governance europea succedanea di quella americana e della sua arma principale chiamata euro.

Pensare di condizionare il progressivo rifiuto di questo mefitico orizzonte accorrendo al capezzale della republique, conferendole maggior potere e dando credito ai suoi illusionisti è un errore clamoroso: non farà altro che incrementare l’antagonismo nei modi peculiari in cui si è sviluppato nei singoli Paesi. E dare a Marine Le Pen e ai suoi fantasmi più spazio di manovra. Ma ahimè la luce e fioca e si leggono soltanto le etichette ingiallite, mentre l’oste della malora consiglia la buona beva del veleno sociale. Che peraltro viene presentato come sublime negli spot senza tregua dei media. E infatti quando da qualche sinistra europea viene un recupero di temi sociali, subito la cosa diventa evidente prima nelle dirigenze e poi nelle urne, mentre viceversa si assiste al massacro quando, come è accaduto in Francia ci si lascia andare cullarsi all’europeismo intransigente e ai suoi dettami: la sconfitta è certa come è accaduto ai socialisti e anche alla sinistra radicale fiancheggiatrice.

Marine Le Pen come alibi per defilarsi dalla battaglia è davvero inarrivabile: l’analisi del voto francese ( vedi qui e qui ) dimostra che un’alternativa popolare è possibile se solo si scacciano i mercanti dal tempio invece di difenderli a tutti i costi contro i presunti barbari, facendo finta di non sapere che i peggiori sono tra noi.