Ciononostante, la sinistra insiste. Come con il concetto di «resistenza». Tuttora lo propone e lo caccia a forza nella nostra cultura, neanche fossimo appena usciti dalla guerra, e lo aleggia come un mantra in ogni occasione, soprattutto per il proprio tornaconto politico; mantra peraltro dal quale pare dipendere la nostra sopravvivenza come italiani e persino come specie. Così è per l’Unione Europea. Quel che dicono a Bruxelles è parola divina per la sinistra. Quello che fanno è per il bene di tutti. E nessuno è così arguto da essersi posto il problema: ma siamo certi che sia proprio così?
Alcuni se lo sono posto, e sono Maroni e Frattini. Il primo indubbiamente per un fattore di esigenza. È il ministro degli interni e deve affrontare con le sole forze italiane l’ondata umana che proviene dal nord Africa. Il secondo, magari con maggiore cognizione di causa: lui l’Europa la conosce bene e sa esattamente cosa è e cosa non è.
Quel che è certo, è che al di là delle più intime motivazioni, l’atteggiamento del Governo italiano odierno si pone indubbiamente in rottura rispetto alla tradizione passata, e precisamente rispetto all’europeismo acritico e piatto della sinistra. Siamo italiani, pare vogliano dire Maroni e Frattini, ma non siamo grulli. Siamo disposti a sorbirci le regolette sulla consistenza della nutella, ma non un’area Schengen a corrente alternata, dove chiunque può entrare in Italia passando per Francia e Austria o Svizzera, ma dove nessuno può lasciare l’Italia per i predetti paesi, perché se i vantaggi devono essere equamente ripartiti fra tutti, gli oneri appartengono solo ai singoli.
Intendiamoci – e sul punto ho pochi dubbi – né Frattini né Maroni vogliono un’Italia fuori dall’UE. È chiaro infatti che la dichiarazione del ministro dell’interno è stata più espressione di una certa rabbia nei confronti delle inerti istituzioni europee che della reale volontà di fare uscire l’Italia dall’Europa. Eppure ciononostante, smettiamola di considerare tabù anche solo l’idea di proporre una simile uscita. Dobbiamo ricordarci che l’interesse italiano è preminente rispetto a qualsiasi altra ragion politica. La tutela dell’integrità del nostro Stato, anche attraverso una precisa regolamentazione dei flussi migratori, è fondamentale. E se l’Europa omette un contributo, anche in termini di solidarietà, beh… perché non immaginare, o addirittura sognare, un’Italia senza l’Europa? Quali svantaggi avremmo da una simile ipotesi? E quali vantaggi invece ne potremmo ottenere?
Il vero è che se l’Italia deve rimanere in Europa, lo deve fare a parità contrattuale e di dignità con gli altri Stati. Il vincolo europeo non deve essere solo un vincolo nei vantaggi ma anche negli svantaggi. Non si deve in altre parole dividere con il resto del continente solo il pranzo. Ci sono pure le stoviglie da lavare. Perché l’Italia non è la sguattera dell’Europa.
La sinistra mollacciona che sa dire solo sì all’Europa delle banche e alimenta il tabù dell’EU come dogma
Creato il 12 aprile 2011 da IljesterPossono interessarti anche questi articoli :
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