Forse con un’informazione più critica e attenta l’idea di un sistema distorto che oggi produce principalmente denaro avrebbe potuto farsi strada con gli incidenti della Orbital Sciences, primo ma non unico esempio del privato nello spazio, che utilizzava i vecchi propulsori sovietici degli anni ’60, comprati a saldo di magazzino, con il calvario dell’ F35 aereo di assoluta mediocrità le cui commesse vanno avanti solo per la forza delle tangenti e del ricatto, con l’episodio del cacciatorpediniere Donald Cook avvicinatosi alle coste della Crimea più di quanto consentisse la convenzione di Montreux e affrontato da un SU 24 russo che ne accecò il sistema di acquisizione e tiro Aegis. La cosa ebbe anche una coda curiosa e significativa perché quando la nave giunse in un porto rumeno, 27 marinai chiesero il congedo essendosi resi conto che si può rischiare la pelle e che non si tratta solo di mostrare la bandiera contro avversari che non possono nulla.
La Siria non è che una conferma in grande stile: la Russia è in grado di bloccare tutte le comunicazioni Nato, comprese quelle satellitari, in un raggio di 600 km ( vedi qui ) cosa ammessa tra i denti anche dal comandante in capo della Nato Breedlove. In una parola la Russia è avanti nella guerra elettronica. Ma ciò che ci riguarda da vicino è un altro vantaggio in realtà mantenuto fin dai tempi della guerra fredda e riguarda i sistemi di propulsione: i nuovi missili da crociera russi hanno un’ autonomia doppia rispetto a quelli Usa, hanno testate molto più potenti, possono essere lanciati da navi molto, ma molto più piccole, in pratica già da pattugliatori d’altura, come Mosca si è incaricata di farci sapere colpendo le basi dell’Isis dal mar Caspio. E last but no least costano si e no un quinto di quelli americani.
Ora immaginiamo che fine farebbero le basi Nato in Italia, tutte sotto tiro e colpite da missili con testate termobariche, le più potenti prima dell’atomica. Senza voler a tutti i costi esagerare i termini del vantaggio è assolutamente chiara una cosa: che l’evoluzione delle tecnologie belliche ha completamente cambiato il senso e il rischio di una partecipazione passiva e servile alla Nato, cioè al sistema di attacco e difesa degli Usa. Negli anni in cui gli arsenali dell’armata rossa arrugginivano, versare il gravoso obolo a un’alleanza che aveva perso di senso, acconsentire alle “vittoriose” ancorché sanguinose guerre nelle aree più arretrate del pianeta, è parso un affare a rischio zero a parte qualche caduto e alle voragini nell’erario. Ma ora, nella multipolarità le cose sono cambiate, anche rispetto alla vecchia guerra fredda: non si tratta più di della difesa comune, ma di foraggiare i profitti delle industrie belliche Usa anche, anzi soprattutto, a fronte di prodotti non all’altezza, di fungere da territorio di guerra sacrificabile e da appendice destinata ad attrarre lo sforzo militare degli eventuali avversari salvaguardando il più possibile il territorio del padrone.
Con la vicenda siriana la leggenda della totale superiorità occidentale, quella che alla fine ha permesso lo sviluppo del profitto più opaco sui giochi di guerra nella certezza che non esistessero avversari all’altezza, quella che ha dettato le logiche delle guerre infinite, cade come un castello di carte. Ora sappiamo che c’è un osso duro e che abbiamo la dentiera.