La solidarietà di Sinistra critica sarda per gli avvenimenti di Narbolia
Creato il 28 febbraio 2012 da Yellowflate
@yellowflate
La truffa del fotovoltaico, dispiegata in Sardegna con le sue ali di vetro e la sua ferraglia, è dunque giunta in un’aula di tribunale: si è tenuto oggi il processo per direttissima a carico dei due allevatori di Narbolia arrestati ieri mattina per avere tentato di resistere alla devastazione di quelle campagne; il nostro piccolo presidio di ieri, otto persone del comitato popolare a bloccare i camion dalle prime luci dell’alba, voleva portare la questione al giudizio politico di tutti i sardi e si è invece trasformato in un giudizio penale per resistenza. Una situazione normativa ormai fuori controllo, riscritta anche dall’attuale governo sotto la dettatura di piraterie finanziarie sempre più avide e onnipotenti, torna però per questa via sotto la responsabilità dell’opinione pubblica, e questo grazie alla tenacia e al coraggio di Nello e di Alessandro, cui va tutta la nostra stima, la nostra solidarietà e il nostro aiuto.
Cosa è successo dunque a Narbolia? Appena due settimane fa è stato pubblicato all’albo pretorio l’ultimo progetto di variante; questo è stato approvato con procedura semplificata, e cioè con una sorta di autoapprovazione da parte dell’ufficio tecnico comunale e dell’ impresa costruttrice come unici conferenti, nonostante il carattere industriale dell’impianto e la sua enorme dimensione: 27 Megawatt dichiarati, 1600 serre di 200 metri quadri ciascuna, centomila pannelli fotovoltaici, diritti di incentivo statale per 8 milioni di euro l’anno per la durata di vent’anni. L’assessorato regionale all’agricoltura aveva preliminarmente escluso la necessità delle procedura ordinaria, che avrebbe determinato il vaglio dei progetti da parte di una conferenza di servizio ampia in capo alla Regione, e l’aveva esclusa dichiarando il carattere non sostanziale delle misure intervenute sul dimensionamento definitivo del progetto.
Nelle stesse ore, viceversa, il comune di San Vero Milis negava una uguale concessione alla stessa impresa operante a Narbolia, la Enervitabio, e la negava proprio per il carattere sostanziale delle connotazioni progettuali. Nel chiedersi il perché due amministrazioni pubbliche trattino la medesima pratica con criteri opposti va considerato il criterio di principio, e cioè che la procedura semplificata sul fotovoltaico in agricoltura è praticabile per legge entro il limite di 1 Megawatt, ed entro la condizione che la produzione di energia elettrica sia funzionale all’attività agricola rappresentandone solo un incremento di reddito. Ma qui il rapporto è invertito, in quanto l’agricoltura è ridotta a travestimento e 27 Megawatt sono un’industria mascherata. Ma non si tratta solo di Narbolia.
Enervitabio è il nome dell’impresa che gioca su Narbolia il massimo della sua partita: questa, in ben sette comuni, consta di una previsione di produzione fotovoltaica su serre simil-agricole per un totale di 72 Megawatt, operazione destinata ad alterare irreversibilmente e consumare con migliaia di plinti di calcestruzzo, corduli a terra, piste e accessori centinaia di ettari di terreno agricolo pianeggiante, irriguo e di massima potenzialità produttiva naturale; tutto questo in sacrificio a 20 anni di produzione fotovoltaica, con totale alterazione dei regimi idrici, dell’irraggiamento al suolo e nessuna (nessuna!) ipotesi di ripristino dello stato naturale dei terreni alla data di pensionamento degli impianti. Oltre Narbolia (ed eventualmente San Vero) sono coinvolti i territori di Padria, Giave, Santadi, San Giovanni Suergiu e Galtelli. Ma sono anche altre le imprese scatenate in Sardegna, a Terralba, a Milis e in molti altri luoghi. Dobbiamo fermarli.
L’accelerazione del disastro è derivata dalle contorsioni legislative che dal 2007 ad oggi hanno sempre fintato la retromarcia sul fotovoltaico in terreno agricolo per riaccelerare ogni volta la peggiore deregolamentazione (ultimo il decreto Salva Italia dell’attuale governo Monti, D. Lvo n. 1/2012, art. 65); la truffa delle finte serre ne è il risultato più osceno e infatti rappresenta un capitolo ormai chiuso in Spagna, in Francia ecc., ma resta un’abbuffata spettacolare in Italia e quindi massimamente in Sardegna: qui infatti la riduzione dell’esame di impatto alla semplice autoapprovazione comunale, così come ripetutamente indicato dalla Regione, ha trovato il suo terreno privilegiato.
Nelle ore in cui trepidiamo per la sorte di Luca Abbà, contadino resistente della Val di Susa, e dopo mesi di lotta dei sardi sui Radar, su Quirra, su Tuerredda, sul Galsi, sul nucleare, sulle scorie, sull’eolico off shore ecc., oggi dobbiamo prendere atto della necessità strutturale e continuativa della difesa territoriale, sia contro gli investimenti di rapina sia nei confronti dello Stato, quando questo si riduce a strumento amministrativo della loro aggressività.
Il furtovoltaico è ormai una vera emergenza: Nello e Alessandro hanno dato un grande contributo personale e familiare a questa lotta; il comitato popolare di Narbolia, in una situazione ormai molto pregiudicata dal punto di vista del danno, continuerà la sua difficile battaglia secondo le determinazioni che matureranno in paese; ma è ora necessario che si venga a costituire un fronte generale contro il fotovoltaico in agricoltura in Sardegna; che si sia uniti nella imposizione di una moratoria che obblighi il parlamento italiano e il consiglio regionale a liberare la terra sarda da questa infamia.
Venerdi 9 marzo a Baratili (appunto tra Cabras e Narbolia) si terrà una assemblea del comitato no radar capo san marco di Cabras; può essere anche l’occasione di un incontro tra le organizzazioni per aprire in modo unificato il problema politico del fotovoltaico in Sardegna.
(tancas semenadas a ferru, tottu ammantadas a serra: si su chelu fiat in terra, l’aìana fattu a ifferru)
Gian Luigi Deiana
(sinistra critica sarda)
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