La solita caccia al colpevole

Creato il 05 dicembre 2014 da Ilnazionale @ilNazionale

5 DICEMBRE – In questo momento non pronunciare, seppur a denti stretti, la fatidica parola “crisi” appare oggettivamente difficile. Una parola che nessuno nell’ambiente gialloblù avrebbe mai voluto sentir nominare, soprattutto dopo l’entusiasmante risultato della stagione passata e l’incoraggiante inizio di quella in corso. La squadra di Mandorlini sembra invece aver imboccato un tunnel dal quale per il momento si fatica ad intravedere una veloce via d’uscita. Un momento delicato a tutto tondo perché l’oggettiva difficoltà esiste non solo sotto il profilo dei risultati ma anche sotto quello del gioco. I numeri, come sappiamo, da sempre sono giudice supremo e per questo non può certo passare inosservata la cronica assenza di vittorie che mancano oramai dal lontano 4 ottobre, giorno dei tre punti casalinghi contro il Cagliari, strappati all’ultimo giro di orologio con un gran gol di Tachtsidis. Oltre all’imprevista astinenza da successo colpisce ancora di più il peggioramento nel quale sembra essere incappato il progetto di gioco del tecnico ravennate, incapace sin ad ora di esprimere trame degne di nota e replicare quanto visto lo scorso anno. Certo i protagonisti sono cambiati – senza i vari Jorginho, Iturbe, Romulo, Marquinho è tutta un’altra cosa – tuttavia era lecito attendersi qualcosina di meglio di quanto visto sin d’ora. In momenti come questo lo “sport” più facile da praticare è purtroppo sempre la solita “caccia al colpevole”, che anche questa volta vede ahimè salire sul gradino più alto del podio l’allenatore, spesso considerato vero e unico capro espiatorio in situazioni come questa. Attenzione tuttavia a “sparare sul pianista” perché le responsabilità vanno sempre attentamente analizzate e soprattutto suddivise. Prima di tutto il tecnico non deve e non può comunque essere esonerato dalle proprie responsabilità perché i risultati sono in buona parte figli delle sue scelte tecniche e tattiche. L’allenatore gialloblù, sempre fedele al suo 4-3-3, ha quest’anno affidato le chiavi della sua squadra al “figliol prodigo” Tachtsidis, tornato in riva all’Adige dopo le poco felici esperienze di Roma, Catania e Torino. Il granitico centrocampista ellenico , che nei pensieri di Mandorlini avrebbe dovuto sostituire l’amato Jorginho, dopo un avvio convincente si è improvvisamente “perso per strada” diventando bersaglio preferito delle critiche più accese. E con lui il suo “mentore” reo secondo alcuni di credere ostinatamente su un giocatore considerato ancora inadeguato per la nostra Serie A.

Personalmente credo – la mia è sicuramente un’affermazione forte – che il problema abbia radici ben più profonde di quello che si possa pensare, perché il gioco del Verona ha visto la sua fine già nel gennaio scorso quando il talentuoso regista brasiliano lasciò Verona per trasferirsi – non senza rimpianti – ai piedi del Vesuvio. Da allora infatti, quel Verona che tanto aveva impressionato nel girone di andata, è quasi svanito nel nulla. L’attuale momento della squadra gialloblù è quindi figlio, ma non solo, della gestione tecnica e tattica del proprio condottiero che sembra aver addirittura smarrito anche la sua proverbiale “cattiveria”, visto l’atteggiamento a volte eccessivamente remissivo mostrato in campo da suoi giocatori. Il mister però non può e non deve essere l’unico colpevole perché a suo favore giocano indiscutibilmente alcune scelte di campagna acquisti compiuti da Sogliano e soprattutto la preoccupante condizione atletica evidenziata dai gialloblù, spesso sovrastati sul piano della corsa dall’avversario di turno. Parlando del primo tema, è “scolpito nella pietra” come i moduli si adattino ai giocatori e mai viceversa. E’ evidente pertanto, conoscendo il fermo credo tattico dell’allenatore scaligero, che dalle responsabilità non può certo sottrarsi il vulcanico diesse figlio d’arte che ha consegnato nelle mani del tecnico una rosa male assortita – manca un terzino destro di qualità al quale fanno buona compagnia ben tre mancini per la fascia opposta – e ha cercato il “coup the theatre” con un giocatore come Saviola, che sarà sicuramente un campione – e su questo non ci piove – ma che poco ha a che fare con il modulo mandorliniano. Se a tutto questo aggiungiamo l’imprevista girandola di infortuni, muscolari e traumatici, che un po’ alla volta hanno tolto di mezzo diversi attori, il quadro è presto fatto. In ogni caso in momenti come questo la parola d’ordine è senza dubbio UNITA’. Come ha detto Sogliano dopo l’inopinata sconfitta di Sassuolo “bisogna tornare a sporcarsi la faccia di fango”. Frasi del tipo “cambiamo l’allenatore”, “per me Mandorlini non mangia il panettone”, non servono a nulla, se non ad alimentare l’inutile fuoco della polemica. L’importante è invece mantenere unità di intenti perché la classifica non è certo più di tanto deficitaria e cadere nel facile tranello della contestazione sarebbe l’errore più grave. La luce sembra essersi improvvisamente spenta, ma la gran parte del popolo gialloblù nutre ancora la convinzione che il mister sappia anche questa volta trovare l’interruttore giusto per riaccenderla. E tutti si augurano sia ancora così…

Enrico Brigi
Twitter @enrico_brigi

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