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La solitudine dei calabresi quando decidono di denunciare chi chiede il pizzo. neanche le associazioni di categoria li difendono.

Creato il 20 aprile 2010 da Madyur

La ‘ndrangheta è come un’alluvione “Non fai tempo a chiudere le finestre , che il fango filtra giù dalla porta . Prendiamo il boss Nicola Arena: condannato nel 2008 dopo una mia denuncia , eccolo che rispunta nell’inchiesta fastweb”.

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Pino Masciari è un ex imprenditore edile che vuole tornare a lavorare. Dal ‘93 le sue denunce contro il racket hanno fatto inquisire mafiosi, colletti bianchi , giudici legati a quel patto di sangue che qui chiamano massomafia.

Mentre le cosche facevano affari , lui chiudeva le sue aziende, blindando la sua esistenza e quella della sua famiglia in una località segreta del Nord. Ora il Ministero dell’Interno ha aperto uno spiraglio sul suo ritorno in Calabria. Lui ottimista tranne quando parla dell’antipizzo della Marcegaglia, che ha annunciato l’espulsione chi non denuncerà gli estorsori , e dell’ex numero uno della Confindustria regionale Pippo Callipo , altra voce dell’antiracket calabrese, candidato nell’Idv e in rotta con il Pd e l’ex governatore Loiero.

Masciari avverte “Le vere denunce sono quelle di chi fa i nomi. E i nomi in Calabria non li fa nessuno”. Il risvegli calabrese ha una data: il 13 novembre, quando il procuratore Grasso era a Catanzaro. Varca la soglia della Confindustria regionale e ascolta il presidente De Rose promettere le prime denunce collettive. IL manifesto con De Rose e Grasso dovevano girare la città , fu fatto vedere in tv anche dalle Iene. Ma in giro di manifesti si sono visti poco.

Il direttore della Confindustria regionale Luigi Leone chiede tempo “I manifesti erano un primo passo. Presto partiranno le lezioni di legalità nelle scuole , tenute da imprenditori che nel 70% dei casi hanno denunciato”. Forse si vedrà anche Masciari…

L’eco della bomba di gennaio, a Reggio non si è ancora spento. Le guardie di Finanza hanno fatto altro rumore “Basti pensare che qui il pizzo lo paga anche chi ha in gestione le imprese sequestrate alle cosche e date in amministrazione controllata”. Qui Masciari è uno dei rimossi dal business. Come finora Gaetano Saffioti, Rocco Mangiardi e Filippo Cogliandro.

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Il primo è titolare di un’azienda di calcestruzzi e movimento terra che a Palmi ha denunciato gli estorsori e da allora alle gare d’appalto arriva sempre secondo “A un certo punto” racconta il magistrato della Dia Di Palma “ha provocatoriamente offerto i suoi mezzi gratis per i cantieri della Salerno-Reggio Calabria , ma gli hanno preferito le imprese delle cosche”.

Mangiardi , proprietario di una rivendita di ricambi per auto a Lamezia Terme , è stato il primo calabrese a puntare il dito in un’aula di tribunale contro gli estorsori , gente della cosca Giampà. Cogliandro , invece, è titolare e chef del ristorante L’accademia sul lungomare di Lazzaro. Ha denunciato per una questione ereditaria : suo padre , proprietario di un rifornimento di carburante , fu gambizzato per essersi rifiutato di pagare il racket. L’anno scorso, Cogliandro è stato il primo imprenditore reggino a denunciare il racket fin dalla seconda richiesta estorsiva , facendo arrestare due uomini della famiglia Barreca , quella di Filippo, l’uomo che aveva svelato la morte del numero uno delle Ferrovie Ludovico Ligato.

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Dopo qualche proclama di categoria lo slancio delle denunce finì, e Cogliandro ha iniziato la via crucis tipica di chi denuncia in solitudine : nessuna solidarietà dagli altri commercianti e i clienti che iniziano a diminuire “Per non licenziare nessuno , d’accordo con i ragazzi, ho ridotto a tutti l’orario. Ma il fisco trova contraddittorio che, mentre il fatturato diminuisce , io non taglio nessun posto. E così fioccano gli accertamenti”.

Tra i silenzi eccellenti pesano quelli dell’ex Sindaco di Reggio Calabria, ora governatore della Calabria, e delle associazioni di categoria nessuna delle quali si è costituita parte civile al processo. C’è voluta Libera, l’associazione di Don Ciotti , per stampare la faccia sui cartelloni di una campagna a partire: Reggio Libera Reggio.

Michele Prestipino , arrivato a Reggio nel 2008 da Palermo con il capo Pignatone , a un recente seminario dell’antiracket a Lamezia Terme è sbottato : polizia e magistrati si preoccupano solo dell’anonimato di chi denuncia , quando invece dovrebbe organizzare la rivolta. Aggiunge Masciari “Che impegni assume Confindustria nei confronti di un imprenditore che denuncia e si ribella al ricatto mafioso? Più che affiggere i manifesti per dire che il pizzo non si paga, andrebbe ribadito il principio che chi denuncia avrà il pieno sostegno dell’associazione. Se non lo dicono perché sembra scontato , commettono un grosso errore”.

Leone della Confindustria regionale ammette che le costituzione di parte civile si faranno “Come a Cosenza contro la cosca Forastefano”. Mentre quella reggina non s’è costituita al processo Arca sui cantieri della Salerno-Reggio Calabria all’altezza di Gioia Tauro. L’inchiesta , coordinata da Di Palma , nel 2008 ha fatto emergere come per una grande azienda come Condotte sia stato normale subappaltare forniture e manodopera alla ditte delle cosche , iscrivendo il pizzo nel bilancio e camuffandolo come tassa ambientale.

Ma la sentenza Arca non ha convinto né la Direzione nazionale antimafia né il Pm Di Palma , che ha già presentato appello. Speriamo che queste persone non rimangono sole.

madyur

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