La solitudine del re - Teatro Millelire. Recensione

Da Riflessialmargine
Noi crediamo che la forza del teatro sia da ritrovare nella sua sincerità. È un luogo franco, dove tutto - o quasi - è concesso. Non mette paura, non fa paura una piccola sala con trenta persone che apprendono una verità. Una storia, quella di Aldo Moro, conosciuta perlopiù attraverso canali televisivi o giornalistici, ma senza approfondimenti, delineata nei suoi contorni ma sempre attenti a non spingerla al punto della riflessione. Soprattutto, corretta dai poteri che sui mezzi di comunicazione hanno una forte influenza per dare l'impressione che i colpevoli sia gli uni piuttosto che gli altri: si protegge una facciata. Una facciata che si sgretola quando si entra in un teatro, perché lì non sono fruitori milioni di persone, ma poche centinaia al massimo e non fanno paura. Allora resta libero, senza influenze, permettendosi allora di dire che colpevoli lo erano sia gli uni che gli altri, affondando la lama della ricerca nella verità dei fatti storici - i quali probabilmente solo i più colti disposti ad approfondire leggendo libri (non affidandosi esclusivamente a tv e giornali) possono conoscere - aggiungendo quella piccola goccia di siero della riflessione che permette a tutti di pensarci un po' su. Mauro Monni gira l'Italia con la sua valigia, all'interno della quale tiene una storia, scritta e diretta da lui stesso, una dose di verità su Aldo Moro che ha ritenuto opportuno raccontare con un sincero monologo teatrale dal titolo La solitudine del re. Moro come Riccardo III, un uomo abbandonato al proprio destino in nome della fermezza istituzionale, dimenticato dal partito, il suo partito, lasciato marcire nella tana dei suoi rapitori, luogo ignoto, almeno in apparenza. Perché qualcuno sapeva e se Moro è morto è perché così si era deciso, gli uni e gli altri insieme, forse più per mano dei suoi amici che non dei suoi nemini.
Uno spettacolo documentaristico politico e umano che ripercorre i 55 giorni di prigionia fino alla drammatica fine, passando in rassegna i momenti cruciali, le stragi, le verità, il memoriale, il ruolo dell'america. Verità che non tutti conoscono e Mauro Monni racconta con garbo, con una delicatezza che diventa quasi una confessione intima, mai urlata, con un tono contenuto come fosse il segreto di una setta. E in effetti il pubblico del Teatro Millelire ascolta con attenzione, in maniera quasi circospetta, come se si fosse spiati, come fossimo davanti a un segreto di Stato inviolabile. Ma nessuno spia quelle trenta persone che forse non sapevano ancora e ora sanno. Un monologo che pur nella sua vocalità sommessa, è risultata di gradevole ascolto per i colori e il coinvolgimento di Mauro Monni, per i cambi di luce e gli stralci di immagini storiche, per l'alternanza di istanti narrativi e momenti in cui sembrava quasi che si volesse aprire un foro per spiare nel covo di Moro e vedere lui stesso fare quelle confessioni. La passione narrativa di Monni permette allo spettacolo di restare vivo, documentarisco senza tuttavia diventare un documentario. Le musiche originali composte da Marco Lamioni e i video realizzati dal regista Paul Cameron, contribuiscono a creare un clima di coinvolgimento riaccendendo fiammelle di commozione e indignazione che hanno caratterizzato quegli anni tragici. Prezioso. 
A.G. 
LA SOLITUDINE DEL REscritto, diretto e interpretato da Mauro Monnimusiche originali di Marco Lamionivideo di Paul Cameron 
visto presso
TEATRO MILLELIREvia Ruggero De Lauria 22 - Romawww.millelire.org 

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