Sostanza infiammabile lenta
s’asciuga e ripara le lacrime
(Franco Buffoni)
l’inizio del tempo
Scegliere di organizzare sulla tela o nello spazio il colore come filtro emozionale, appartiene alla natura dell’arte italiana. Unendo i segni di una parte di tradizione alta della pittura italiana, il colore è la texure su cui si vive la parte dionisiaca dell’arte, in cui il vibrare della luce anima quella parte sensoriale più esposta alla fecondità del pensare e dell’emozionarsi. La scelta della supremazia grafica o spaziale o ideologicamente costruttiva è un altro cammino artistico senza dubbio. Eppure, quando si entra nelle invenzioni cromatiche delle opere di Giovanni Auriemma si è così pieni dell’esposizione al colore, che ogni altra strada artistica sembra non appartenerci. Il suo colore abbacina ed esalta la forma, la forma non viene compressa ma si libera e vibra nel colore e ogni segno prende corpo e vita. Incontrare un’opera di Giovanni Auriemma è mettersi in viaggio per il Gran Tour del colore, esplorando i luoghi di un vissuto stratificato in simboli archetipi virati nella più completa modernità del sentire. La tecnica usata è gran parte il digitale, ma l’artista è già oltre essa. Lo leggerete alla fine di quest’intervista.
Giovanni, Il colore esplode nelle tue forme. Ha vita propria e oscilla fra le forme aprendole e segnandole, seppur riconoscibilissime, ma dominandole completamente. Una baraonda emozionante, pathos dionisiaco che non nasconde ma al contrario espone e lascia che i sensi si disperdano in enigmatici intrecci cromatici. Ora tocca a te raccontarci dei tuoi colori.
Mi piacciono i contrasti, mi piace poter giocare con la luce, portare le tonalità del colore a livelli di luminosità particolarmente intense e vibranti. Immagino che sia questa intensità, unita all’impianto teatrale delle composizioni a rendere tutto molto drammatico. All’accademia, prima che cominciassi a usare il computer, nei miei lavori utilizzavo spesso gli inchiostri. Mi piaceva far scivolare l’una nell’altra tonalità distanti dello spettro, vedere dove i colori si fondono e dove rimangono separati… col computer ho un approccio analogo: provo a far convivere gli opposti, il caldo e il freddo, le luci e il buio… Credo che sia la prima volta che rifletto sull’importanza del colore nelle mie immagini. Generalmente do priorità ad altri aspetti prima di iniziare un lavoro: l’idea centrale, la composizione, i simboli… Probabilmente dipende dalle infinite possibilità del mezzo che utilizzo, ma spesso i colori di un immagine vengono scelti in un secondo momento, e possono cambiare di volta in volta in base a quello che mi suggeriscono i contenuti. Non che siano un elemento secondario, anzi probabilmente è ciò che arriva prima. E’ il suono che scelgo per le parole, la colonna sonora di un racconto.
Parliamo di frontiere. L’arte sposta il baricentro della fattura ideologica sempre un po’ più in là. Dalla body art alla land art alla digital art tutto viene toccato ed intaccato dalla costruzione artistica, e quello che nasce come sperimentazione diventa ben presto consolidamento. L’arte digitale dove si posiziona nella linea temporale dell’arte di questi anni?
L’ arte digitale di oggi è un contenitore piuttosto ampio che include manifestazioni artistiche estremamente differenti l’una dall’altra. Negli anni 50 la sperimentazione dell’arte digitale derivava dal suo legame con la matematica, oggi il computer è semplicemente un elemento integrante di un processo creativo e si sperimenta attraverso la contaminazione formale dei linguaggi. Credo che quello a cui stiamo assistendo sia via via la rottura dei confini che inscrivevano un opera d’arte all’interno di un unico mezzo espressivo. Conosco talentuosi pittori che creano alcuni lavori al computer prima di dipingerli su tela. O illustratori che hanno un approccio molto “digitale” al collage. Sicuramente loro non si definiscono artisti digitali ma è indubbio che le loro opere non sarebbero state le stesse senza il computer. Il mio approccio al computer del resto è nato quando mi sono accorto che con questo mezzo potevo produrre immagini che non sembravano realizzate al computer..
the wall
Il concetto di tempo in un simbolo arcaico e riconoscibilissimo: lo zodiaco. Hai scelto di esplorare la simbologia zodiacale, ridandone forza visiva e grande vitalità.
Il primo segno della serie che creai era il segno dei pesci, ma nacque per caso. Avevo in mente una scala che si avvolgeva attorno ad una figura femminile fino a diventarne parte, in seguito decisi di inserire due fluttuanti pesci rossi che la percorrevano in senso inverso… chissà forse per incontrarsi. In quel periodo ero molto affascinato dal lavoro di M.C. Escher ma quando completai l’immagine mi accorsi che avevo riprodotto in maniera del tutto inconscia il simbolo dei Pesci. Decisi così di creare una serie studiando la simbologia dei segni e da lì l’astrologia. I modelli sarebbero stati i miei amici e persone a me molto care. Ogni opera avrebbe avuto un doppio titolo perché nella mia idea le immagini avrebbero dovuto funzionare anche singolarmente. Poi con il tempo mi sono appassionato allo studio scoprendo un forte legame tra astrologia e psicologia e una vera e propria miniera di simboli e immagini da cui attingere per il mio lavoro.
Predestinati (pisces)
Il computer come strumento artistico è stabilmente presente fra gli strumenti a disposizioni della composizione visuale. E’ materia di studio, insomma. Sullo studio e sull’arte, torniamo su un punto critico: l’arte non può essere insegnata. Può essere stimolata nei suoi linguaggi tecnici. Oppure no?
Mai come in questi anni l’arte ha avuto tanta libertà espressiva e tanta possibilità di fruizione. Per questo sono assolutamente a favore di una maggiore diffusione dei linguaggi e della tecnica. Naturalmente la tecnica può stimolare la creatività. Che questo di conseguenza possa stimolare l’arte per me è più difficile stabilirlo, anche perché i miei criteri di valutazione sono inevitabilmente molto personali. Per quanto mi riguarda ultimamente mi capita sempre più spesso di emozionarmi di fronte a creazioni o a disegni realizzati attraverso un computer da parte di persone che non operano abitualmente nel campo dell’arte…
mare avverso
(Neptunus)
La tua “arte”: i tuoi perimetri già esplorati e chiusi, le tue aree ancora da raggiungere e catturare. Passato e futuro, insomma.
Credo che con la serie dello zodiaco e dei pianeti abbia scoperto i punti di forza ma anche i miei limiti nella capacità di manipolazione fotografica del corpo umano. Nella mia testa c’è ora una serie sui tarocchi. E’ un progetto ambizioso per me, considerando il numero delle carte, la quantità dei simboli e i miei tempi biblici. Tecnicamente vorrei servirmi sempre di più di altri strumenti, magari di immagini realizzate interamente in 3d, come integrazione agli elementi a me più familiari della fotografia e della pittura.
Giovani Auriemma è nato a Napoli nel 1976. Nel 2000 ha conseguito il diploma di laurea in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, coltivando parallelamente la sua passione per l’arte digitale. Abita e lavora a Viterbo nel campo dell’editoria come grafico, illustratore e impaginatore. I premi, le pubblicazioni e le mie esposizioni più importanti sono consultabili presso il suo sito http://www.giovanniauriemma.it/site
Attualmente insegna tecniche di grafica pubblicitaria presso la facoltà di scienze politiche dell’università della Tuscia a Viterbo.