I Monologhi di Sana – Rubrica
“Io ho tanta speranza, davvero. Bisogna sempre sperare e non perdersi mai d’animo. E la mia speranza sta nella vittoria finale della mia povera gente. Ci può essere una speranza più grande di questa?” (Bobby Sands)
Mi sveglio e metto su la musica, mentre prendo il caffè.
E’ fantastico, come si riesca a leggere di mille racconti dentro le note.
Il suono dei tamburi mi narra
di avventure non ancora vissute.
I violini mi parlano
del mio cuore che batte
all’impazzata
in cerca
d’amore e libertà.
Riesco finalmente a respirare.
E per quanto le cose precipitino
io continuo a vederle andare a rallentatore.
È che non riesco più ad avere paura,
l’ho guardata in faccia talmente a lungo
che niente mi spaventa più.
C’è solo sereno, nei giorni a venire.
Com’è successo?
Dove e quando?
E mi volto indietro, per guardare le orme
che ho lasciato su
questo sentiero di sabbia.
È una strada di piccoli passi,
di personali rivoluzioni contro la morte.
Sono stata brigante, combattente e terrorista.
Per mesi ho strisciato in cerca di un luogo
al riparo dalla paura.
Ma tutto, tutto quanto,
è iniziato in quel pomeriggio di giugno
quando per la prima volta, qualcosa di davvero mio,
mi ha fatto dire il primo: “No.”
Però, non si cambia una vita da un giorno all’altro;
sottrarsi alle proprie catene, è forse la cosa più difficile da fare.
Ma qualcuno, qualcosa, mi aveva instillato un tarlo nella testa,
una bestiolina che continuava a rodere i pensieri di sicurezza e status quo
chiedendomi: “Sei sicura, che non ti meriti di meglio? Sei sicura, che la vita sia tutta qui? Che quella che sognavi di essere debba per forza essere sempre e solo un sogno?”
E il panorama dentro di me ha iniziato a mutare.
Non desideravo più tornare indietro, volevo andare avanti,
su questo sentiero sconosciuto che non sapevo nemmeno io
dove mi avrebbe
portata.
Mi sono girata e ho solo
iniziato a camminare.
I demoni a guardia del cancello del passato
mi hanno inseguita e così, ho imbracciato le mie armi
per liberare me stessa.
Avevo imparato a rispondere “No.”, avevo imparato a non cedere a nessuna minaccia.
E da quel giorno, ogni dannato momento,
è stata una guerriglia, una lunga lotta fatta di trincee e rappresaglie.
A ogni alba occhi pesti di lacrime e battaglie.
Ma più mi allontanavo, più la mia piccola, personale, rivoluzione
mi ripuliva l’anima e gli occhi.
Più l’orizzonte si allargava verso un cielo da sogno.
Ho inseguito il sole
attraverso
il deserto
e durante gelide notti senza luna.
Ho cambiato me stessa, in un’infinità di piccoli scontri.
Davanti ai baratri ho chiuso gli occhi,
e ho saltato nel vuoto, pur di andare avanti.
Il vento portava minacce: “Una volta andata
non potrai più tornare, fermati! Fermati adesso!”
Ho sorriso: “Non voglio tornare, non tornerò indietro…mai più”.
“Sotto quale bandiera batterà il tuo cuore?”
Pensai che aveva ragione,
così nei momenti di riposo ho intessuto il mio vessillo.
E quando è tornato a ripetere la sua minaccia,
ho sorriso di nuovo.
“Sotto quale bandiera batterà il tuo cuore?”
“La mia.” e l’ho innalzato.
Sono approdata sulle sponde di un fiume,
mille miglia lontana da casa,
mille anni lontano dal passato.
“Chi sei?” mi ha chiesto la donna
“Semplicemente io” ho risposto
“una che sta combattendo il passato”.
“Puoi insegnarmelo?”
“No, però posso insegnarti a non avere paura e poi
andare avanti insieme.”
Ha annuito, ed è venuta con me.
Lungo la via ne abbiamo incontrati altri
e altre:
dieci, cento, mille.
Camminiamo tutti sotto la stessa bandiera,
e ci insegniamo a vicenda la sottile arte
di fare la rivoluzione nelle nostre vite.
Giorno per giorno, senza avere più paura.
Siamo stanchi di fissare la polvere,
vogliamo sogni più grandi.
Infrangiamo a vicenda le nostre catene,
inseguiamo il sole.
Mille miglia lontani da casa,
mille anni lontani dal passato.
Non abbiamo occhi che
per
orizzonti lontani.