Dunque, anche lo scivolone di The tree of life è servito.
Incuriosita dallo scoprire da che parte pendesse l'ago della bilancia tra il magnifico The new worlde il noiosissimo e sconclusionato ultimo vincitore del Festival di Cannes, Julez ha lanciato la proposta - ovviamente accolta a braccia aperte dal sottoscritto - di farle vedere per la prima volta questo fantomatico La sottile linea rossa, che sul finire degli anni novanta sconvolse come uno tsunami il mondo del Cinema, sbancando Berlino e venendo clamorosamente snobbato alla notte degli Oscar, che preferì a quest'opera monumentale il molto più convenzionale Salvate il soldato Ryan.
Non ricordo esattamente quante volte ho visto questo film.
E quanto, ad ogni visione, continua a stupirmi e a lasciarmi senza fiato.
E' una riflessione su Bellezza, Natura, Fede, Amore, Morte di potenza visiva ed emotiva senza pari, terribilmente crudele eppure straordinariamente avvolgente e luminosa, vero e proprio altro volto di Apocalypse now, che nel suo incedere altrettanto titanico conduce lo spettatore attraverso una progressiva discesa nelle tenebre di un orrore che chiude la pellicola quasi fosse il Nadir dello Zenith malickiano, avvolto dalla luce del crescendo conclusivo.
Certo, gli anni dalla prima visione sono passati, e se ai tempi cercavo di identificarmi nell'illuminato, quasi profetico Witt, ora trovo una dimensione sicuramente più affine alla mia personalità nel granitico sergente Welsh e nel soldato Bell, che vive gli orrori della guerra filtrandoli attraverso la storia d'amore con la moglie lontana, regalando le pagine più struggenti della pellicola ed alcuni dei momenti più alti che il Cinema abbia mai concesso all'Amore stesso.
E di Amore pare pervasa l'intera pellicola: un sentimento a tratti religioso, fondato più sulla fede nella vita che non sulla religione stessa, che assume connotati differenti per ognuno dei protagonisti, quasi l'ideale di ognuno - o la mancanza di esso - divenisse il motore di ogni scelta, dagli atti eroici alle morti immotivate ed assurde.
Così, se il sergente Keck è travolto dal freddo e dal pensiero di aver perso la vita facendosi saltare il culo per un errore da recluta e si raccomanda ai commilitoni in modo che a sua moglie sia riportata una fine da eroe, il capitano Staros vive attraverso gli occhi dei suoi "figli", i ragazzi che ha guidato e cercato di proteggere dal destino terribile dei soldati in battaglia per più di due anni, mentre il colonnello Tall avanza senza deviare nella speranza di poter concludere al meglio la sua tanto attesa guerra, in modo da non doversi più piegare di fronte a generali più giovani ed arroganti di quanto lui potrà mai essere.
E nell'impatto cui sono sottoposti occhi e cuore rispetto ad ognuna di queste vicende, si è come travolti dalla marea che è l'occhio di Malick, straordinario nel mostrare l'immensità della vita ed i più piccoli, fangosi dettagli della morte: guidato da una sceneggiatura che si snoda passando attraverso e attorno al contesto principale come fosse un film corale altmaniano grazie ai numerosissimi protagonisti e alle loro storie personali, il gusto estetico del regista, portato alla contemplazione e al misticismo è bilanciato dalle ugualmente straordinarie sequenze d'azione, all'interno delle quali la macchina da presa appare così presente da essere percepita dallo spettatore quasi stesse fagocitando l'azione stessa.
Ma non esiste un post, una descrizione tecnica o sentimentale, una spiegazione - sia essa razionale o completamente istintiva - in grado di rendere l'idea dell'effetto che la visione di questo film induce nell'audience, la prima volta ma non solo: La sottile linea rossa è uno dei più grandi Capolavori del Cinema contemporaneo, il tuffo in un oceano splendido e spietato in cui luce e colore ci prendono per mano cullandoci verso quello che, si creda o no, sarà l'ultimo nostro viaggio.
Un'apnea magica, meravigliosa, unica, così potente da essere paragonata ad un grande amore.
E come il soldato Bell, anche noi che ci troviamo con il fiato sospeso e la pelle d'oca sulle ultime immagini non dimenticheremo mai quello che è stata, anche se non dovesse ripetersi mai più.
MrFord
"Per me sei figlio, vita morente,
ti portò cieco questo mio ventre,
come nel grembo, e adesso in croce,
ti chiama amore questa mia voce.
Non fossi stato figlio di Dio
t'avrei ancora per figlio mio."
Fabrizio De Andrè - "Tre madri" -