La sovrana lettrice – Alan Bennett

Creato il 24 dicembre 2011 da Stormina @sonosololibri

3.5 out of 5 stars

Titolo originale: The uncommon reader

Anno: 2007

Genere: racconto umoristico

Isbn: 9788845922091

Casa editrice: Adelphi

Pagine: 95

A una cena ufficiale, circostanza che generalmente non si presta a un disinvolto scambio di idee, la regina d’Inghilterra chiede al presidente francese se ha mai letto Jean Genet. Ora, se il personaggio pubblico noto per avere emesso, nella sua carriera, il minor numero di parole arrischia una domanda del genere, qualcosa deve essere successo. Qualcosa in effetti è successo, qualcosa di semplice, ma dalle conseguenze incalcolabili: per un puro accidente, la sovrana ha scoperto la lettura di quegli oggetti strani che sono i libri, non può più farne a meno e cerca di trasmettere il virus a chiunque incontri sul suo cammino. Con quali effetti sul suo entourage, sui suoi sudditi, sui servizi di security e soprattutto sui suoi lettori lo scoprirà solo chi arriverà all’ultima pagina, anzi all’ultima riga.

Avevo già conosciuto Alan Bennett leggendo “La cerimonia del massaggio“, gradevolissimo librettino che si legge in un pomeriggio. Anche con “La sovrana lettrice” la sottile ironia di questo scrittore non si smentisce, creando un piccolo divertissement che ci tiene compagnia per qualche ora, giocato su un banale “what if“, ovvero cosa succederebbe se la Regina d’Inghilterra (del quale non viene mai fatto il nome ma che credo sia ampiamente intuibile dalla copertina) scoprisse per caso, a ottant’anni suonati, il piacere della lettura e non riuscisse più a rinunciarvi?

Bennett utilizza uno stile ironico ma anche sensibile, mostrandoci non solo il lato divertente del continuo nervosismo del primo ministro quando la regina inizia ad arrivare tardi alle cerimonie o vi partecipa senza alcun trasporto, ma anche la difficoltà che la regina stessa prova prima nel compiere un gesto che sia egoistico e che prescinda dai suoi doveri (leggere per sè, per il piacere di farlo, non per ragguagliarsi sui fatti) e poi per l’evidente differenza sociale che la rende unica rispetto a tutto il resto del popolo, che può godere di certe sottigliezze (ad esempio quelle basate sulle differenze sociali nei romanzi di Jane Austen) che lei fatica a cogliere.

C’è probabilmente chi troverà da obbiettare sull’effettiva ironia di questo libro, ma dobbiamo ricordarci che Bennett è pur sempre inglese, e sappiamo bene che la loro ironia è spesso meno sguaiata della nostra e va cercata non solo in una battuta, ma anche in una situazione, come quando la regina scopre che tenendo il libro leggermente sotto alla linea del finestrino della carrozza, riesce a leggere continuando a salutare con la mano senza che nessuno se ne accorga.

Insomma non un capolavoro, ma un libro che non ha neanche la pretesa di esserlo, ma un piccolo romanzo da leggere magari in un pomeriggio piovoso, divertente e delicato come solo Bennett sa essere.

Frasi dal libro

Leggeva, naturalmente, ma la passione per i libri la lasciava agli altri. Era un hobby e la natura del suo mandato non prevedeva hobby. [...] No. Gli hobby implicavano predilezioni e le predilezioni andavano evitate; prediligere significava anche escludere. Quindi lei non prediligeva. Il suo mandato le richiedeva di manifestare interesse, non di provarlo.

“Cos’ha scelto, signor Seakins?” aspettandosi, be’, non sapeva cosa – ma non quello. “Oh. Cecil Beaton. L’ha conosciuto?”.
“No, Maestà”.
“Già, certo, lei è troppo giovane. Veniva sempre qui a fare foto. Un pò prepotente. Si metta lì, si metta là. Clic clic. E adesso c’è un libro su di lui?”.
“Diversi, Maestà”.
“Davvero? Si vede che prima o poi scrivono un libro su tutti quanti”.

“Certamente,” disse la regina “ma ragguagliare non è leggere. Anzi è l’esatto contrario. Il ragguaglio è succinto, concreto e pertinente. La lettura è disordinata, dispersiva e sempre invitante. Il ragguaglio esaurisce la questione, la lettura la apre”.

“Lo sa,”gli disse un pomeriggio mentre leggevano nel suo studio “lo sa dov’è che potrei veramente eccellere?”.
“No, Maestà”.
“Nei quiz a premi dei pub. Sono stata ovunque, ho visto tutto e anche se posso avere delle lacune nella musica pop e in certi sport, quando si tratta della capitale dello Zimbabwe, per esempio, o delle principali esportazioni del New South Wales, non ne sbaglio una”.

L’attrattiva della lettura, riflettè, consisteva nella sua indifferenza, nella sua totale mancanza di deferenza. I libri se ne infischiavano di chi li leggeva; se nessuno li apriva, loro stavano bene lo stesso. Un lettore valeva l’altro e lei non faceva eccezione. La letteratura, pensò, è un commonwealth; le letture sono una repubblica.

Da lì in poi, specialmente in Scozia o nel Norfolk, Sua Maestà fece sempre il suo numero al microfono. E non si limitò a quello: in una scuola elementare del Norfolk, si mise a sedere su una seggiolina e lesse ai bambini una storia di Babar.