Ponte tra il singolo in stato di crisi e il mondo fuori di lui: la speranza è perciò possibilità di superamento, percorrendo il ponte che va oltre non si è più un’isola.Eppure noi non possiamo creare la speranza, possiamo solo riceverla per dono o per grazia dall’Essere, limitandoci a coltivarne le radici e a creare le condizioni perché questa si dia; e per poter fare questo un valido modo è creare un pensiero che la salvi, che non la faccia cadere nell’oblio.Un tale pensiero è ogni filosofia medicinale, ovvero ogni forma di filosofia che si piega misericordiosamente sulla vita e la prende per mano; facendosi ponte tra la povertà della vita e la ragione.E’ la ragione che deve offrire immagini innamoranti (dato che noi conosciamo e pensiamo per immagini), tali da fare innamorare di sé la vita.E’ l’amore che recupera il rapporto tra vita e realtà ed è la filosofia (mediante la guida e la confessione) che deve far innamorare il cuore di chi è in crisi.Si tratta di una filosofia innamorante che ha bisogno di pietà e misericordia, la pietà come l’arte di saper trattare con l’altro, come sapienza pratica che consente di entrare in contatto con qualsiasi alterità senza ridurla al medesimo; e la misericordia come attitudine ad addolcire la ragione, in modo tale che questa sia in grado di offrire alla vita una verità velata.La speranza, che è stadio successivo all’anelare pre-conscio e al desiderio conscio, è così fame di nascere del tutto, di trascendersi, di superare la crisi divenendo figlie e figli dei nostri sogni, il genere umano non è mai nato del tutto, deve affrontare la fatica del nascere del tutto, è il doversi creare il proprio essere.
Zambrano infatti sosteneva che la nascita prima e fisica è solo un primo momento, si nasce incompiuti perché sta proprio alle donne e agli uomini compiersi e portare a compimento nel corso della propria vita ciò che in essi è solo abbozzato, anzi questo è il compito precipuamente umano; è realizzarsi secondo se stessi e secondo la propria libertà, a partire dai condizionamenti ambientale.I luoghi di ingorgo sono propizi come luoghi di rivelazione del proprio essere, occorre portare alla luce quanto patisce e soffre perché essi sono il buio inascoltato delle viscere. Alla vita abbandonata Zambrano vuole offrire immagini che la facciano innamorare, e così è l’immagine del ponte della speranza come sostegno e mediazione che si fa sentire durante il naufragio.
E Comunque l’intera filosofia zambraniana è attraversata da una grande quantità di immagini: il ponte, il deserto, la luce, le viscere, l’agnello, la croce, il naufragio, il bosco, la caverna chiusa, la galleria sotterranea,il labirinto, lei è la grande “ideatrice” delle metafore alla lettera e della possibilità di un pensiero fatto di poesie e di armonie, di immagini e note!
E in questo caso l’immagine è quella di un ponte in grado di far innamorare i cuori, un ponte che sostiene e che permette di attraversare il vuoto, il nulla, il deserto.
E’ il ponte che si solleva sul magma della vita interiore, sul fiume impetuoso, inquieto e vorticoso della nostra anima.
La speranza ci permette di alzarci da una situazione, relativizzandola, e di riaprire il flusso del tempo come il flusso del fiume.
La speranza è ponte tra la passività estrema e l’iniziazione all’azione; è il riscatto della passività, è l’impulso che ci destina alla ulteriorità.
Infine il ponte è formato da occhi e passi:
Gli occhi sono quei buchi circolari disposti lungo il ponte che non sono tali in quanto vedono essi stessi, ma per il fatto che ci permettono di vedere, circoscrivendo uno spazio che è quello del campo visivo.
I passi del ponte sono le arcate che formano una specie di processione, danno l’idea dell’immobilità di un movimento, è un andare verso l’altra sponda, ma in realtà rimanendo sempre sopra il ponte;
è il senso del camminamento che mette ordine nella fiumana di desideri e pensieri dandoci quindi un momento di sollievo. I passi della speranza sono parecchi, ma tre sono i fondamentali perché la speranza si manifesti:
1 accettazione della realtà, perché solo accettando la realtà della nostra condizione esistenziale, possiamo vedere la sua verità e dunque realizzarne il senso più autentico (come la sapienza stoica in cui la libertà inizia con l’accettazione della necessità).
2 chiamata, che alita nel fondo del cuore e che secondo un’economia di scambio e di comunicazioni di beni muove secondo movimenti alternati: ovvero un orientamento negativo come essere chiamati e un orientamento positivo come chiamare e invocare il bene. Il senso di chiamata non può rimanere muto e imprigionato nel fondo del cuore altrimenti provoca angoscia (cioè quella tonalità emotiva secondaria e derivata dall’inibizione di speranza).
3 offerta come gesto dell’offrire alle generazioni future una via della speranza,
Una speranza creatrice e rivelatrice: creatrice in quanto crea dal senso di vuoto e trae forza proprio dalla vita in crisi; rivelatrice in quanto capace di rivelare e di dire ciò che è obliato.
(omaggio alla grande filosofa Maria Zambrano...tratto dal web)
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