La sposa silenziosa

Creato il 08 agosto 2014 da Fedetronconi

Riattacca e si rende conto che anche questo è un classico della sua vita con Jodi: fare ostinatamente come se nulla fosse, sprofondare in baratri di silenzio, fingere che tutto proceda a gonfie vele. Non che non ne fosse consapevole, ma la stranezza, l’aberrazione di questo atteggiamento per qualche ragione non gli era mai saltata agli occhi. Le altre coppie spesso sono bizzose, hanno alti e bassi, discutono, magari si accapigliano, mentre tra lui e Jodi è tutto dissimulazione. Mantenere la facciata, fare finta di niente, non dire una parola. Fare come se tutto andasse bene – e tutto andrà bene.”

Un romanzo con il gusto del thriller! Mi ha lasciata con tante riflessioni da risolvere. E’un bene. Un libro che ti mette in discussione merita sempre di esser letto!

La vita di Jodi e Todd la fa da protagonista. Una convivenza agiata, un equilibrio invidiabile. Lei una psicoterapeuta che esercita la sua professione in casa, dedicandosi a pochi pazienti selezionati con cura. Lui, uomo d’affari, imprenditore nel settore edile. Sembra proprio che i due si completino a vicenda, che l’uno intervenga nei vuoti dell’altra quasi a colmarli. Alle loro dinamiche, quasi monotone, si associano nel tempo accadimenti nuovi. Todd non appare più come il compagno amabile e immune da difetti, ma prende il ruolo di chi è ancora troppo sensibile al fascino femminile e non disdegna, dunque, la compagnia di altre donne. Jodi cosi determinata e serena mette quasi a disagio con quella sua naturalezza nell’accettare il tradimento. Ciò che davvero sembra importarle è che Todd sia da lei la sera, ogni sera.

Ma anche il silenzio di Jodi si rivela presto difficile da gestire. Appare forzato, ambiguo…innaturale. Soprattutto di fronte all’ennesima storia di Todd, Natasha, che mette in crisi tutta la copertura di Jodi e quell’equilibrio faticosamente conquistato.

Ed eccole le crepe…ecco la solidità di quelle pareti che lentamente cede, ed ecco nuovi stati d’animo con cui confrontarsi. Quei muri sono un pò come delle regole, regole necessarie a difendersi, regole che non consentono a chiunque di fare quello che gli pare…dove gli pare. Un pò come gestire la libertà dell’altro a sua insaputa. Ma a lungo andare questo meccanismo è destinato a complicarsi e conduce nelle terre aride dell’insicurezza nelle quali ci si ritrova a prendere decisioni che mai avremmo pensato ci appartenessero.

Quelle verità che, sin dall’inizio del libro, facevano capolino, man mano che si procede con la lettura, si palesano sempre di più. Sono verità anche scomode, che non funzionano più da “vinavil emotiva”, ma piuttosto rivelano i pezzi sparsi di un’identità disorientata, insicura, spaventata. Il destino dei protagonisti sorprende, rattrista e scuote, a tratti “spaventa”.

Quanto davvero conosciamo di noi stessi e delle persone che amiamo? Ecco il vero interrogativo.

La freddezza di Jodi, quella sua apparente distanza da ciò che potrebbe ferirla e sconvolgerle la vita, quanto davvero le appartiene? Quanto è consapevole?

Per quanto una persona possa amarci, assicurarci la sua presenza, raramente riuscirà  a comprendere i nostri più intimi dubbi, le nostre ferite più profonde. Eppure riusciamo a convivere con quest’idea…un pò come quando ci barcameniamo per essere accettati, per trovare una collocazione giusta nella vita degli altri, indossando maschere, smussando spigoli, censurando pensieri.

Ecco perché poi, in nome di questa fatica, risulta più difficile accettare di essere “entità intercambiabile”, di essere pronti a sostituire o ad essere sostituiti. E’ difficile pensare di essere diventati improvvisamente difettosi e inadatti a riempire vuoti e spazi, a sanare paure e complessi e paranoie, a colmare mancanze. Diventiamo passato.

Dimenticare a volte è una ferita inguaribile. Ma spesso anche necessaria. Come quando si continua a fissare quel piccolo spazio aperto, sperando che prima o poi si spalanchi la porta. Ma non accade nulla. Allora, con un gesto di estremo coraggio, si afferra la maniglia e la si chiude. Ci si volta di spalle e si va via. Chiusa una porta in fondo la si può certo aprire di nuovo, in molti casi pero semplicemente la si apre da un altra parte.

Recensione di ELENA LUCENTE


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