La Sposa Turca
Creato il 15 luglio 2013 da Alessandro Manzetti
@amanzetti
Oggi propongo un film, duro, forte, estremamente affascinante e originale. L'amore ancestrale, l'amore che si trasforma, che si scopre e sopravvive, l'amore moderno, è il protagonista de La Sposa Turca, questa pellicola del 2004 di Fatih Akin, vincitrice dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino. Un vero miracolo, a livello cinematografico, riuscire a descrivere le dinamiche dei rapporti di coppia con una nuova prospettiva, nuove luci, angolazioni quasi apocalittiche. Il regista ci riesce con una sceneggiatura formidabile e due grandi attori, Birol Ünel (Cahit) e la fantastica Sibel Kekilli (Sibel) un personaggio che rimane inevitabilmente accesso nella memoria, una fiamma arancione che si unisce e alimenta tante altri vecchi fuochi dello spettatore, forse dimenticati.
La storia racconta il casuale e esplosivo incontro tra Cahit e Sibel ad Amburgo, in un ospedale psichiatrico, dove entrambi sono ricoverati dopo aver tentato di togliersi la vita. Sono due immigrati turchi di seconda generazione, ognuno ha un motivo diverso per cercare il suicidio. Cahit ha perso la moglie e vive distrutto dall'alcol e dalle droghe, da una vita che corre parallela alla realtà senza incontrarla mai. Un cuore sfondato che non riesce più a muovere più alcun sentimento, se non quello dell'autodistruzione. Si schianta con l'auto contro un muro, accompagnato dalla deformazione della propria percezione della realtà e dalla musica dei Depeche Mode. Sopravvive, e incontrerà Sibel. Una quasi morte che dona la vita. Sibel è un'anima ribelle, respira con almeno cinque polmoni, la sua joie de vivre contrasta in modo affascinante con il tentativo di suicidio. Una dicotomia narrativa davvero penetrante. Voler morire per troppa voglia di vivere. Ma c'è un motivo, Sibel si sente prigioniera della sua famiglia, estremamente conservatice e tradizionale, è stretta dalle spire del padre e del fratello. Decide di tagliarsi le vene. Sopravvive anche lei, e l'incontro col trasandato e disperato Cahit le mostra la via d'uscita.
Sibel chiede in tutti i modi a Cahit di sposarla, appena pochi minuti dopo il primo incontro. L'unico modo per lei di emanciparsi dalla famiglia e poter vivere liberamente la sua vita. Cahit inizialmente è solo una porta verso il mondo, la giovanissima Sibel fa di tutto per aprirla, correre tra le strade delle esperienze, per evitare di esplodere della sua incredibile joie de vivre. Come dice lei stessa, non cerca l'amore vero, è troppo giovane per questo, ma cerca se stessa nel mondo, fuori dalle pareti domestiche tra le quali è rinchiusa dai genitori. Genitori turchi, emigrati di prima generazione, che accetterebbero solo un marito turco. Cahit è di origine turca, e questo basta a Sibel per tentare di liberarsi. Costi quel che costi.
Fortissimo il contrasto tra la gioia di vivere di Sibel e la disperazione di Cahit, che invece nella vita non cerca più nulla. La morte di sua moglie lo ha lasciato privo di qualsiasi prospettiva. L'originale proposta di matrimonio da parte della giovane Sibel, appena conosciuta, dopo un primo totale rifiuto, diventa lentamente un tornado che spazza via il passato. Le bottiglie, i rifiuti che lo abitano. Gioia di vivere e passato si scontrano, il regista decide che a vincere sarà la voglia di vivere, anche dopo tante delusioni, un desiderio ancestrale che rimane installato all'estremo della consapevolezza di qualsiasi cuore umano. Ma il percorso sarà lungo e doloroso. Sibel escogita una via immediata e facile, per convincere Cahit. Vivere il matrimonio come semplice apparenza, da mostrare ai suoi genitori. Ognuno continuerà la propria vita senza alcun cambiamento. In cambio Sibel offre di pulire l'appartamento di Cahit, cucinare, pagare la sua metà dell'affitto. Devono solo vivere nella stessa casa. Il piano di Sibel funziona, i due si sposano. Sibel diventa libera, Cahit continua tranquillamente ad affogare nella sua disperazione, la solitudine.
Ma la storia è ricca di curve, di tracciati inaspettati, questa è solo la partenza di un viaggio dentro due anime speciali, che alla fine si incontrano, in qualche modo. Ma non vorrei rovinare la sopresa raccontando integralmente il plot di questa magnifica pellicola, che vale la pena vedere, e rivedere. Le interpretazioni dei due protagonisti sono caleidoscopiche, riescono a essere persone diverse, proprio come il mondo interno che possiedono cambia radicalmente. Riescono a mutare insieme alla trasformazione dei loro personaggi. Davvero difficile il percorso, specie per Sibel che dovrà vivere una vera e propria odissea, dentro e fuori. Ma anche per Cahit che deve rinascere dopo essere morto in se stesso. Nella prima parte del film Sibel sicuramente è la stella polare, per scelta del regista, e oscura tutti, compreso Cahit. Nella seconda parte del film anche il protagonista maschile è provato da una interpretazione sempre più complessa, come può essere complessa la mutazione da disperazione a consapevolezza. Goccia dopo goccia.
La realtà però alla fine presenta sempre il conto, Fatih Akin, il regista, lo sa bene e non taglia la sua pellicola di questa verità, per accontentare la superficie emotiva degli spettatori. Da Amburgo la location viene spostata a Istanbul, e la storia continua a svilupparsi fino all'epilogo, che lascia molte riflessioni nella pancia dello spettatore. Speranze, ricordi, un telescopio che ci fa osservare quello che abbiamo vissuto, i treni e gli autobus presi o persi, abbandonati allo loro strada. Un'altra strada. Sibel, in questo film imperdibile, è la chiave per accedere al nostro passato, accumulato e ammassato con apparente ordine, come un pulito magazzino. La sua gioia di vivere, in contrasto con la realtà, non può che ricordarci anni colorati, pietre brillanti, quello che abbiamo dovuto abbandonare. A seconda della esperienza del singolo spettatore, con dolore, per scelta, con più o meno consapevolezza. Con più o meno amore. Vi lascio ai video che completano questa piccola recensione. Film consigliatissimo, se avete voglia di aprire delle vecchie porte. Troverete le chiavi.
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