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La stagione infinita delle stragi irrisolte italiane. A Brescia fu autocombustione

Creato il 15 aprile 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti

La stagione infinita delle stragi irrisolte italiane. A Brescia fu autocombustione

Immagine di un delitto di Stato

Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte informatore dei servizi segreti, Ermanno Buzzi, Carlo Digilio, l’allora capitano dei carabinieri Francesco Delfino (diventato poi generale), Gian Adelio Maletti depistatore di professione, l’alto ufficiale dell’Arma iscritto alla P2Del Gaudio, e poi la “Rosa dei Venti”, “Ordine Nuovo”, “Gladio”, “trame nere”, “strategia della tensione” sono tutti nomi, sigle e concetti che ci richiamo a una delle stagioni più buie della breve storia repubblicana di questo Paese bello ma governato da sempre da ceffi inguardabili. Sono tutti protagonisti della stagione delle stragi, di quegli eccidi terribili che hanno macchiato in maniera indelebile la storia di una nazione che ha visto letteralmente saltare in aria correntisti bancari, passeggeri di treni in attesa nelle stazioni, sindacalisti in piazza per manifestare. Le bombe, tutto fuorché intelligenti, hanno spezzato vite, distrutto storie e famiglie, dilaniato il senso di giustizia, il desiderio di avere giustizia da parte di chi è rimasto, avvilito e mortificato lo stato di diritto e la democrazia. Si è chiuso il processo per la strage di Piazza della Loggia a Brescia con una sentenza che in molti si aspettavano: richiesti quattro ergastoli, sono stati tutti assolti, nessun colpevole. Il 28 maggio del 1974 morirono 8 persone e altre cento furono ferite: cinque insegnanti attivisti del sindacato, due operai e un pensionato. Subito dopo l’esplosione della bomba, Piazza della Loggia venne ripulita come e meglio dopo il mercato. Quello che era rimasto, comprese le tracce di esplosivo, del contenitore della bomba e del timer, venne messo in sacchi dell’immondizia e mandato al macero. Il comandante dei carabinieri di Brescia era un iscritto alla P2, l’alto ufficiale che sapeva tutto e che non fece nulla per fermare l’attentato era l’allora capitano Francesco Delfino (diventato poi generale), l’ideatore Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi colui che procurò l’esplosivo, Carlo Digilio l’armiere che lo confezionò, per la Corte d’Appello di Brescia sono tutti indizi, se non riscontri oggettivi, non sufficienti a emettere una sentenza di colpevolezza e per quanto riguarda le stragi, si sa, occorrono prove certe. E prove certe ci sarebbero state se organi dello Stato, tutori dell’ordine pubblico e magistrati incaricati dell’inchiesta non avessero depistato, insabbiato, eluso prove e testimonianze, costruito alibi. L’aspetto che maggiormente colpisce di questa assoluzione, oltre l’indignazione per come è avvenuta, è che le parti civili sono state condannate a pagare le spese processuali, perché questo è uno Stato che quando c’è da pretendere dalla povera gente non si tira certo indietro. Basterebbe ricordare quello che accadde ai genitori di Emanuela Loi, uno degli agenti di scorta di Paolo Borsellino uccisa insieme a lui in Via D’Amelio, quando al termine dei funerali venne chiesto loro di rimborsare le spese di trasporto dei brandelli della salma da Palermo a Cagliari. I genitori di Emanuela Loi avevano rifiutato il funerale di Stato. La stagione delle bombe e delle stragi non si chiuderà fino a quando non si farà piena luce su fatti che ancora oggi suonano come affronti alla civiltà di una nazione, fino a quando i colpevoli saranno in circolazione e i mandanti (quelli veri) non saranno puniti dalla giustizia umana perché qualcuno è già stato sottoposto, e condannato, durante il dibattimento post mortem. E ancora oggi c’è ci chiede per quale motivo non ci siamo uniti al cordoglio generale per la morte del presidente emerito della Repubblica, Francesco Kossiga. Sapete qual era l’urlo di battaglia dei miliziani del generale Francisco Franco quando uccidevano un comunista o un anarchico? “Viva la muerte tua”. Appunto.  

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