Avrò avuto 5-6 anni quando insieme a papà iniziai con i primi esperimenti. Canna da punta e bolognese i ferri del mestiere, carnieri magrissimi ma, si sa, gli occhi ed il cuore di un bimbo si colmano con molto poco. Da li un crescendo fino ad approdare allo spinning circa 6 anni fa.
2. Quando hai iniziato a costruire? Ti ricordila tua prima creazione?
Immediatamente credo. Subito ho appreso che parole come customizzazione ed autocostruzione rientravano nel vocabolario dello spinning e mi ci sono tuffato a bomba. La mia prima creazione se non ricordo male è stata uno snodato 3 pz completamente nero…brutto come la morte.
3. Perché hai iniziato ad autocostruire?
Ho iniziato perché volevo dire la mia e perché da sempre amo lavorare i materiali. Non volevo colmare nessun gap, non volevo donare al mondo della pesca l’esca risolutiva, volevo semplicemente far nuotare le mie e capire se erano in grado di regalarmi qualche risultato
Devo dire che nel tempo sono diventato abbastanza pigro. Amo pescare a mare dalla barca per una serie infinita di motivi, navigare mi da gioia e un cappotto a qualche miglio dalla costa mi urta meno di uno indossato a terra costretto magari a condividere la posta con altra gente. Oggi pesco principalmente ad inchiku e vertical jigging intervallando parentesi molluschifere con qualche session di tataki. Ogni tanto però il richiamo è forte e faccio pertanto un giretto per foci in cerca di spigole o lancio due mosche ai bass o, se mi sento avventuriero, vado a bagnare i piedi nelle acque di un torrente.
5. Qual’è il tuo più grande vizio?
Mi mangio le unghie.
Il legno senza dubbio.
I materiali per la creazione di stampi aprono un’infinità di porte e molte applicazioni sono spesso divertenti..insomma replicare è bello ma creare dal legno è un’altra cosa, è una sensazione diversa. Mi piace immaginare l’artificiale, mi piace programmare nella mia mente ogni fase, quasi conto e localizzo i colpi di lima prima di iniziare. Poi inizio ed è sempre diverso da come pianificato, non materializzo quasi mai quello che penso, aggiusto sempre in fase di realizzazione.
7. Nel corso degli anni produttori e tecnologie hanno migliorato molto le nostre attrezzature da pesca, per te qual’è stata la novità più utile e rilevante?
Non perdo l’occasione per ribadire il fatto che il metro di giudizio di un pescatore non deve essere il livello tecnico della sua attrezzatura. Essere evoluti vuol dire tante cose e personalmente rispetto particolarmente quei pescatori che sanno valorizzare e far rendere in pesca attrezzature che non rientrano necessariamente nei canoni della moda attuale.
Fatta questa premessa posso dire di non essere un fanatico, non sento l’esigenza di dotarmi di attrezzi iper-tecnici e nella cassetta ho quasi solo esche artigianali. Allo stesso tempo sono convinto che alcuni elementi dell’attrezzatura debbano essere di buona qualità e per me buona qualità non è sempre sinonimo di costoso. Oggi ringraziando Dio ci sono delle case che hanno l’onesta di commercializzare ottime attrezzature (canne tanto per fare un esempio) a prezzi umani. In sintesi potrei dire che, per il mio modo di intendere la faccenda, sono utili e rilevanti tutte quelle novità che possono migliorare la durevolezza di un attrezzo.
Poleposition: equilibrio dei pesi e vibrazioni. In seconda fila troviamo: forma ed idrodinamica. Chiude: colore e realismo.
È comunque scorretto generalizzare, ci sono contesti “delicati” in cui le percentuali possono rimaneggiarsi ed ecco che a parità di nuoto un colore può fare la differenza. In generale quando immagino un’esca ne immagino il nuoto, quindi che forma deve avere per nuotare in quel modo, solo alla fine mi concentro sul colore.
9. Ci descrivi i principali processi/fasi della costruzione di un tuo artificiale?
Come dicevo immagino l’esca, immagino il predatore che dovrà cacciarla ed il luogo in cui la utilizzerò.
Quindi inizio a scarabocchiare su carta fino alla creazione di una dima più o meno simmetrica. Trasferisco la dima sul materiale. Ottenuto il grezzo (o il master se voglio realizzare uno stampo) inizio a lavorarlo in maniera molto tradizionale: scasso ventrale-armatura-piombo-stucco-paletta se c’è-turapori-vernice-resina epossidica. La solita ricetta da sempre. Poi è chiaro che certi modelli vengono concepiti in maniera diversa e racchiudono qualche piccolo accorgimento differente ma in linea di massima mi muovo in maniera molto classica evitando tecnicismi ed estremismi, se voglio un’esca che sia un condensato di tecnologia me la compro, mi piace immaginare un’esca auto costruita come qualcosa di semplice.
10. Quanto tempo dedichi all’autocostruzione? Quanto alla pesca?
Non sono costante ed è certo che se mi metto all’opera è perché sono ispirato, questo secondo me è un aspetto che accosta l’autocostruzione a forme di arte più convenzionali. Oggi l’aucostruzione è ciò che mi lega ancora al mondo dello spinning che come dicevo frequento un po’ meno.
Se ne ho la possibilità vado a mare almeno un giorno a settimana.
11. Cos’è per te la pesca? Cosa significa per te costruire esche?
Ho la fortuna di vivere in una regione che vanta una varietà di ambienti incredibile. Passeggiare in un bosco, cercare funghi, andare sott’acqua, uscire in barca, camminare lungo un torrente o sulla sponda di un lago, surfare un’onda sono tutti modi per vivere la natura, per conoscerla, amarla.
Il pescatore che lancia un’esca auto costruita, a mio avviso, entra in sintonia con l’elemento in maniera diversa forse più intima. Sapere che tra me e l’eventuale cattura c’è il frutto del mio lavoro e non il prodotto di un’industria mi rende la cosa più simpatica. Non so bene come descrivere.
12. Qual’è la tua marca di esche artificiali presente sul mercato preferita?
Non saprei. Rispetto i progressi di Molix, amo la filosofia Yo Zury (esche senza troppi fronzoli ma ben fatte). Mi affascinano i vecchi Rapala e condivido la scelta di materiali più resistenti nei nuovi modelli. Mi piace la gomma Black Flagg (oltre ad essere una fantastica citazione discografica). Ottimi e duraturi gli inchiku Waki e i Damiki.
Catturare dei pesci con le mie esche, ovvio no? O vedere una mia esca in bocca a predatori di altri mari. Quando è un amico ad effettuare una cattura poi sono doppiamente contento, allo stesso modo mi piace dare agli amici autocostruttori il piacere di pescare e catturare con esche che ricevo in dono da loro di tanto in tanto. Le uso come se fossero mie, la passione è la stessa.
14. Se potessi scegliere un altro costruttore a cui affiancarti, presente o passato, il più bravo, chi sarebbe?
Ho la fortuna di conoscere più o meno bene tanti bravissimi auto costruttori italiani e penso di aver preso da ognuno di loro qualcosa di diverso. Devo tutto a questi amici.
Francesco Costantini (mastro geppetto) mi ha svelato parecchi trucchi sull’uso dell’aerografo e sulla realizzazione degli stampi in gomma. Emanuele Paolucci e suo figlio Cesare mi hanno insegnato che l’autocostruzione deve essere divertente ed una cosa leggera. Claudio Gaspari (cobra) mi ha insegnato (ma non lo applico) che il lavoro deve essere organizzato e che un’esca deve essere semplice (lo applico). Tiziano Tozzi (tiziano78) mi ha insegnato che con la buona volontà si riesce a far nuotare tutto. Andrea Gatta (ilgatto) anche lui foriero di dritte in materia di stampi. Filippo Fuligni (lippus) mi ha insegnato che un’esca va ragionata. Claudio Giagnoni (oliffo) mi ha insegnato che un pattern semplice può essere bellissimo. I grandi Loris Ferrari e Gianni Burani hanno il merito di aver creato questa allegra combriccola che si riunisce tra le pagine del forum di autocostruzione. ( Nella prima intervista ci siamo dimenticati di riportare il link del forum di “autocostruzione” per chi ancora non lo conoscesse, è certamente un punto di riferimento eccezionale per l’autocostruzione di esche artificiali. N.d.R.)
15. Quali sono, nell’ordine, i primi materiali e attrezzi che consigli a chi vuole iniziare ad autocostruire? E con quale imitazione partire?
Senza una pinza a becchi tondi non si va da nessuna parte!
Attrezzi base ne servono ma a prescindere, ogni casa dovrebbe possedere la sua cassetta degli attrezzi.
Nello specifico carte vetrate, raspe, magari un multi utensile elettrico, delle forbici da lattoniere, delle tronchesine, un paio di seghetti con lame differenti, un taglierino. A questi pochi utensili vanno ovviamente aggiunti i vari materiali chimici che si usano durante la lavorazione. Occorre chiaramente del buon legno, in seguito si arriverà anche a scegliere l’essenza in base all’applicazione. Filo d’acciaio diciamo da 0,8 a 1,2 mm.
Per iniziare consiglierei di non fare il mio errore, cominciare con un’esca in più sezioni non credo sia corretto per tutta una serie di motivi. Esistono tanti schemi semplici adatti a chi si avvicina, un minnow bananiforme o un wtd tipo spook possono essere delle buone palestre.
Prima regola: L’autocostruzione non è un modo per risparmiare sull’acquisto delle esche.
È bene tenere a mente che per fare in casa delle esche occorrono materiali e utensili (in alcuni casi un po’ costosi) e soprattutto tanto tempo..a conti fatti conviene molto di più acquistarla bella e pronta.
Costruire un’esca è qualcosa di più profondo, è un modo intimo per vivere la pesca.
Forse il ritrovato tecnologico dell’esca commerciale X potrebbe anche darvi qualche chances in più ma a voi non deve interessare perché dovete credere nella validità del vostro lavoro.
Non arrendetevi pertanto davanti ai primi inevitabili fallimenti.
Seconda regola: Che siano esse artigianali o commerciali, non esiste l’esca assoluta.
Ci sono tanti fattori importanti da tenere in considerazione e molti di essi vi condizioneranno nella scelta dell’esca: lo spot, le condizioni meteo, l’orario, la marea, la luce, il colore dell’acqua, l’onda,il giro di corrente, la buca, la pietra, il foraggio presente. Osservate, ragionate e scegliete quale esca lanciare tra quelle che avete costruito, sarà un’emozione incredibile recuperarla con un pesce agganciato.
Lasciaci qui di seguito i recapiti per coloro che vorranno contattarti e vedere i tuoi lavori:
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