Tre sono i livelli di lettura.
Uno attiene al vandalismo in senso lato di una città che, esattamente come dice Raffaele Cantone, non solo non ha gli anticorpi per resistere al malaffare, ma che, di più, ha cittadini che, ciascuno, rappresentano una metastasi. Ogni singolo cittadino con poche, purtroppo pochissime eccezioni. Il vandalismo è solo uno degli aspetti, ma anche fermarsi in doppia fila, buttare la cicca a terra, non emettere lo scontrino o scroccare il biglietto dell'autobus sono forme di vandalismo altrettanto gravi. Roma è l'unica città occidentale dove il cittadino medio si rende protagonista di atti vandalici ogni giorno, in gran numero, senza neppure rendersene conto. Considerando questo come la normalità più assoluta. E, non dimentichiamolo, vandalismo chiama altro vandalismo, degrado chiama altro degrado in una escalation che tutte le altre città hanno deciso di fermare vent'anni fa. Qui quando inizieremo?
Un altro punto chiama in causa la manutenzione. Apri una stazione e non prevedi un servizio di manutenzione? Come è possibile? Chi ha predisposto questa filiera? Chi ha firmato il collaudo che non prevedeva un presidio?
Il terzo punto chiama in causa le sanzioni e la sorveglianza. In tutto il mondo se devasti un bene pubblico c'è una telecamera che ti inquadra, un agente che passa il tuo volto ad un magistrato, un magistrato che ti chiama a rispondere. Qui c'avemio a praivasi. E tutti la difendono. Anche i cosiddetti cittadini normali. Semplicemente, a modo loro, vandali che difendono la riservatezza e il diritto a vandalizzare di altri vandali. Per solidarietà e empatia. Chi oserà iniziare a rompere questo circolo vizioso?