La Stella d'Oro e Clapton

Creato il 25 ottobre 2010 da Chemako @chemako71
Panino fantasia (senza prosciutto) per me, insalata greca per Lei. Birra rossa grande per me, chiara piccola per Lei, as usual. Il locale è pieno, il vociare degli avventori sale alto, ma noi ci siamo accomodati in un angolino, sopra degli alti sgabelli accanto alla cucina. La posizione è defilata e ci consente una maggiore privacy. Siamo alla Stella d'Oro, una paninoteca di Trieste, anzi di San Giovanni, uno dei rioni della città che ha mantenuto ancora il carattere di piccola comunità. E' divenuto famoso in Italia per aver “ospitato” il manicomio in cui Franco Basaglia portò a compimento la sua rivoluzione. A pochi passi dalla Chiesa, che si affaccia sul piazzale principale del quartiere, si trovano un bar, un'edicola, un negozio di alimentari, un fioraio, un macellaio, una pescheria, un piccolo teatro, una piscina e, appunto, la paninoteca. Tutto quello che serve! La Stella d'Oro ha un carattere molto “popolare”, con tutta l'accezione positiva che questo termine può avere. Non è una di quelle pretenziose paninoteche del centro, che si fanno chiamare pub e che scimmiottano i locali inglesi, inglobando un arredamento e dei soprammobili che sanno di finto. No!, La Stella d'Oro non è così: trasuda da più di 25 anni un sano, sincero e onesto sapore di genuinità, sia nei suoi ottimi panini, sei nei gestori e negli avventori.
Trovi di tutto: dai pensionati e uomini del quartiere che si fanno il calicetto (i primi ad ogni ora del giorno, i secondi a partire dal tardo pomeriggio), famiglie intere, giovani adolescenti, studenti universitari, ex-ragazzi di fuori (ma ancora fanciulli dentro) che si sbafano il loro meritato panino, in un ambiente caldo, familiare, senza fronzoli. Familiare è anche la gestione del locale, ora affidata dai genitori ad Alessandro, un mio omonimo più o meno coetaneo che condivide con me una sanissima passione inglese: non alludo solo alle birre ma a Slowhand: Eric Clapton. Sono più di 15 anni che frequento la paninoteca ed ogni volta Alessandro, ad una certa ora, spegne la radio e infila nello stereo uno dei cd della sua sterminata raccolta. Sempre ottima musica di tutti i generi, dal rock al blues, dal country al jazz fino anche a del buon pop. Ma non so se è una coincidenza, 9 volte su 10, c'è sempre Manolenta ad accompagnare le mie serate. Ormai ce lo siamo confessati a vicenda da tempo, il nostro amore per il chitarrista inglese. E venerdì è successo di nuovo. Avevo appena terminato di addentare l'ultimo morso del mio gustoso panino quando ascolto delle note a me familiari. Mi bastano poche battute, 2 o 3, riconosco la prima traccia dell'ultimo album dell'inglese: Clapton. Mi alzo, mi affaccio alla cucina e vedo il faccione sorridente di Alessandro che mi guarda e dice: “Te lo go messo apposta per ti!”. E giù una grossa risata insieme! Ci scambiamo alcune battute sul disco, siamo felici di esserci di nuovo trovati su un terreno comune, bello come è la musica. Basta poco a volte per instaurare un feeling fra due persone, non è niente di speciale ma allo stesso tempo è qualcosa di grande: in fondo io non so quasi niente di Alessandro e lui di me, abbiamo parlato solo di Clapton e di musica in tutti questi anni, ma il rapporto è bello proprio per questo. Magari qualcuno potrebbe sorridere di ciò, è la cosa giusta da fare infatti, e ci rido sopra anche io.

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