Laboratorio di scrittura autobiografica della cooperativa Nuova Generazione (clicca qui per documento completo)
Racconto tratto da “Il collegio dei bambini poeti” Navarra editori
Tanto tempo fa, nella collina Parole di Vento esisteva uno strano edificio di più di otto piani che ospitava i Bambini Poeti.
Fu Grazie ai soldi raccolti dalla chiesa di Punta d’Inchiostro che si era costruito un collegio per accogliere i Bambini Poeti, bambini romantici che esprimevano con la poesia tutte le loro sensazioni: il dolore, la paura, la gioia, la tristezza, la paura per le persone cattive. La loro passione era la poesia: ne scrivevano in continuazione, alcune erano serie e ispirate, altre dei giochi di rime. Per esempio:
“Vorrei essere una farfalla per posar sulla tua spalla non per gelosia ma per farti compagnia”.
Oppure:
“La tua bellezza non dare a nessuno
perché è uno spreco che alla sua vanità
serva di ornamento il tuo splendore”.
“Vederti non posso, toccarti nemmeno, ti mando un bacio col fischio del treno”.
Facevano spesso il gioco della musa: quello di scegliere un tema e mettersi in cerchio e a turno raccontare storie oppure recitare poesie.
I Bambini erano anche molto religiosi, andavano in chiesa e prendevano sempre la comunione . In questo collegio non mancava niente, c’era tutto a disposizione; tutto ciò che volevano, avevano: pane con la milza, stigghiola, quarume e pizza, pasta al forno, canazzo, lacerto, pane e panelle e tanto altro ancora.
In verità i Bambini Poeti erano molto golosi, infatti, avevano una cuoca davvero speciale che si chiamava suor Pappina specialista anche nelle torte dalle forme più strane.
Suor Pappina era buona, generosa e mangiava tanto, infatti, era un pò cicciottella; era arrivata al collegio dei Bambini Poeti perché amava i Bambini e loro le dedicavano qualche poesia in lode della sua bontà. Una delle poesie a lei dedicata era:
“ Vorrei essere un dolcino per starti più vicino”; oppure:
“La fragola è rossa come il tuo cuore che si sposa con la bontà del lampone».
Suor Pappina era molto religiosa e leggeva sempre la Bibbia, soprattutto al mattino.
Uno di quei giorni afosi che faceva caldo caldo, suor Pappina ,amante della natura , si alzò presto per raccogliere un bel mazzo di fiori da mettere a tavola.
Raccolse rose, margherite, tulipani, gigli e mentre tornava al collegio, incontrò suor Gerolinda che disse: «Perché sei così buona con i Bambini Poeti? Trattali male e ti pagherò con tanti soldi».
Suor Gerolinda era molto cattiva e invidiosa dell’affetto che i bambini provavano per suor Pappina,era inoltre l’unica suora del collegio che avesse le chiavi del cancello principale del collegio. Era una donnina bassina, con gli occhi piccoli piccoli ingranditi da un paio di occhiali spessi e di colore grigio. Anche se bruttarella, ogni tanto metteva del rossetto sulle labbra e si diceva che tingesse i suoi capelli di un biondo platino, quasi fosforescente.
Suor Pappina disse: «I Bambini Poeti mi piacciono perché credo nel Signore e nella Madonna e perché si buttano a capofitto nelle emozioni! Io non riesco a trattarli male, non sono come te e non ci voglio diventare! ».
Suor Gerolinda rossa di rabbia, sembrava una strega, tornò di corsa al collegio, prese la sua chiave e chiuse bene il cancello imprigionando tutti. Suor Gerolinda nascose le chiavi fra le sue puzzolentissime calze di lana nere e andò a rifugiarsi nel nascondiglio di sua sorella la strega Pirilla che le consigliò di affidarle a lei per tenerle al sicuro.
Suor Pappina, disperata, corse via a cercare un fabbro ferraio per fare costruire una nuova chiave e si avviò giù nel sentiero che portava alla città dei Fraseggi.
I Bambini Poeti che ancora dormivano, ignari di tutto, presero a fare sogni strani perché sentivano i morsi della fame. Fabio, il Bambino Poeta che dormiva vicino alla finestra da cui entrava già tanta luce, si svegliò da un incubo e sedendosi sul letto disse: «Come mai ancora suor Pappina non ci sveglia per mangiare?».
«Ho fame!» disse Luigino, che era stato svegliato da un rumoroso vuoto nello stomaco.
«Abbiamo fame!» Dissero tutti, d’un tratto svegli.
Cominciarono a fare un baccano tale da svegliare anche le suore che dormivano tre piani più su.
Suor La Lapa si avvicinò ai Bambini con la sua vocina sottile che si sentiva a mala pena tra i salti, gli strilli, le canzoncine e i gorgheggi che i bambini, digiuni, non smettevano di fare:
«State tranquilli! Vado a cercare suor Pappina! »
Suor La Lapa scese giù in cucina, pensando di scovare Suor Pappina intenta a mangiare le provviste di una settimana oppure addormentata sul tavolo della cucina ,visto che ogni tanto la sera, invece di dormire restava sveglia per seguire la fiction “Le amiche del Convento” , ma non trovò nulla, notò soltanto che la porta che dalla cucina portava al cortile era aperta e che le orme della corpulenta suor Pappina portavano al cancello. Suor La Lapa che era una donnina piccolina, dalle manine delicate e con la forza di un grissino, si avvicinò al cancello, lo spinse con tutta la forza che aveva, ma non riuscì a spostare la cancellata nemmeno di un millimetro, allora guardò meglio: il cancello era chiuso con la chiave a doppia mandata.
Suor La Lapa si voltò verso il piccolo cabinato in cui di solito Suor Gerolinda stava a guardia del cancello.
“Come mai suor Gerolinda non è qui? Stamattina non sarà riuscita a svegliarsi!” pensò suor La Lapa, e corse al settimo piano per vedere se Suor Gerolinda ancora russava.
Trovò il suo letto perfettamente ordinato come se Suor Gerolinda si fosse svegliata prima dell’alba e avesse avuto tutto il tempo di lasciare ogni cosa al suo posto. La sua stanza era perfettamente in ordine: le pantofole rosse vicino al comodino, l’una accanto all’altra. la vestaglia era appesa nell’armadio e sul comodino, perfettamente spolverato accanto al ritratto di Gesù e la madonna c’era il cofanetto che conteneva la chiave del cancello. Suor La Lapa aprì il cofanetto, ma la chiave non c’era! Allora corse a chiamare la Suora Superiora Ciuschidda Strapazzata che in quel momento era nella sua enorme vasca da bagno col corvo sulla spalla a fare il bagno col sapone alle mandorle amare. Intanto, i bambini poeti erano affamati e per affrontare i morsi della fame inventavano rime baciate e ballate varie, ad esempio:
“Abbiamo sete abbiamo fame
Vogliamo cibo vogliamo pane”;
“Vogliamo suor Pappina
Che ci bacia ogni mattina
e prepara taralline
per tutte le bambine
e cucina calzoncini
per tutti noi bambini
Pranzo Cena e Colazione
Con suor Pappina c’è soddisfazione”.
Ma poiché la poesia non sazia, la loro fame aumentò a dismisura e così Luigino che era bassino, ma mangiava come un gigante, urlò:
«Tutti con me nella dispensa!».
I bambini corsero in cucina e aprirono l’armadio della dispensa: marmellate, nutella, brioscine, panettoncini, cornetti… afferrarono di tutto!
Svuotarono la dispensa anche riempiendosi le tasche come se non mangiassero da un secolo.
Intanto, la Madre Superiora, Suor Ciuschidda Strapazzata, finito il bagno, baciò il corvo e lo fece appollaiare sulla sua spalla, e si preparò per scendere in refettorio per consumare la sua colazione a base di crusca, melanzane, acciughe e gateaux.
Ma nemmeno ebbe il tempo di finire di scendere e le scale che incontrò Luigino tutto sporco di nutella col barattolo in mano e in tasca un pacco di biscotti da un lato, uno di brioscine dall’altro.
«Ottimo! Davvero bravo!! Dove accidenti hai preso la nutella?» Urlò Suor Ciuschidda Strapazzata.
« L’avevo già!» Disse Luigino; ma non riuscì neanche ad articolare meglio la sua bugia che spuntarono tutti gli altri bambini con le tasche, le mani, gli zaini, i cappelli pieni di provviste.
« Subito qui, monelli! Dov’è Suor Pappina?».
Inutile dire che i bambini, invece, scapparono da tutt’altra parte rendendo Suor Ciuschidda Strapazzata talmente arrabbiata che la sua puzza di gorgonzola diventò insopportabile e il suo corvo svolazzò disorientato per la tromba delle scale sbattendo le sue nerissime ali ora a destra, ora a sinistra.
La madre Superiora scese di corsa le scale per andare a cercare un colpevole, un responsabile, insomma qualcuno che le spiegasse cosa diavolo stesse succedendo. Suor La Lapa, con la sua vocina delicata cercò di spiegare l’accaduto: suor Pappina era sparita e suor Gerolinda forse si era allontanata prima dell’alba con le chiavi del collegio. Suor Ciuschidda Strapazzata vibrò un tono basso e continuo con i suoi polmoni profondi e finì col tuonare un suono di rimprovero che nemmeno si capiva che genere di rimprovero fosse. Suor La Lapa, intimidita da tanta ira furibonda, preferì allora non aggiungere che il collegio era chiuso a chiave e che erano tutti rimasti prigionieri delle alte inferriate che circondavano l’immenso edificio di ben otto piani in cui si trovava il collegio.
Intanto, Suor Pappina era corsa verso la città dei Paragrafi per cercare un fabbro che potesse farle una copia delle chiavi del cancello o almeno darle una soluzione per liberare tutti. Le indicarono la bottega del FabbroFerraioFerroso che stava in un piccolo antro a forma di ferro di cavallo chiuso da una porta di ferro lucidato perfettamente e serrato con un chiavistello da cui sbucava una lunga chiave di ferro.
Suor Pappina si avvicinò alla porta di ferro e diede un colpetto col batacchio di ferro a forma di martello che picchiava su un’incudine. Dopo pochi attimi, con lo stridore delle rotaie su cui scorrevano ruote di ferro della porta, sbucò la faccia del FabbroFerraioFerroso circondata da una barba grigia quasi d’argento con al centro un bel nasone rosso e lucido.
Vedendo una suora, subito il FabbroFerraioFerroso spalancò la porta, si tolse il cappellaccio che aveva in testa e fece accomodare la reverenda. Subito Suor Pappina gli spiegò il suo problema e il FabbroFerraioFerroso, compreso che si trattava di una faccenda delicata, la invitò a seguirlo nei piani inferiori dove avrebbe consultato le polveri di ferro.
Fatti pochi scalini, i due si trovarono davanti a un grande tavolo su cui il FabbroFerraioFerroso sparse la polvere di ferro e attese che i granelli si muovessero per capire qualcosa della situazione. Il FabbroFerraioFerroso spiegò che il magnetismo della terra e di tutti gli esseri viventi poteva essere captato dalla sua polvere ferrosa ottenuta dai minerali più profondi della terra da lui stesso pazientemente polverizzati. Era questo il motivo per cui le polveri, sparse sul tavolo di alabastro levigato in modo da non incontrare attrito, potevano rivelare quello che era successo alla chiave del collegio.
«Qui si vuole distruggere la poesia!» Disse il FabbroFerraioFerroso, mentre le polveri di ferro si muovevano a destra e sinistra poi in alto e in basso lungo la tavola di albastro.
«No! Urlò d’istinto Suor Pappina e si sentì anche un mugugnare proveniente dal suo stomaco. Ha per caso qualcosa da mettere sotto i denti? Stamattina sono uscita senza nemmeno fare colazione!».
Il FabbroFerraioFerroso la guardò un po’ stupito e poi andò a prendere una bistecca di carne con contorno di lenticchie, tutti alimenti , neanche a dirlo , ricchi di ferro.
Mentre la bocca di suor Pappina si riempiva di cibo e ancora e ancora, il FabbroFerraioFerroso ne approfittò per spiegare che da tempo in tutta Letteralia succedevano cose strane: nella regione dei Personaggi nascevano solo cattivoni, a Indici e Sommari sono saltate un sacco di pagine, e adesso questo strano evento nella collina di Parole di Vento.
FabbroFerraioFerroso confessò che si aspettava che anche qualcosa di brutto potesse avvenire nella città dei Paragrafi.
«Certo, tutta Letteralia potrebbe essere in pericolo»! Disse Suor Pappina che si aspettava una bella tavoletta di cioccolato fondente, anch’esso alimento ricco di ferro, come dessert». Ma io ho la responsabilità di quei bambini! Devo assolutamente salvarli! ».
FabbroFerraioFerroso posò una tavoletta di cioccolato alta sette centimetri sul piatto di Suor Pappina e disse:
«In effetti, nemmeno il comitato degli Apostrofi sa più cosa fare..».
«Ma allora, chi ci aiuterà?» si lamentò suor Pappina dopo aver afferrato la tavoletta ed essere riuscita a darle un morso grande quanto la sua arcata dentale superiore.
«Io! Rispose una voce proveniente da chissà dove, che però sembrava gradire il resto del cioccolato di suor Pappina. «Sono un Angelo, anzi un’Angela..!! Sono l’Angela Custode Golosa di Suor Pappina. Vi aiuterò io…ma ho proprio bisogno di energia! Che si mangia? ».
Di corsa suor Pappina, che ormai era sazia, si fece portare in cucina e preparò un timballo di capelli d’angelo, alette alla paprica,nuvole con spinaci, bietole e uovo in camicia, sformato della badessa, panza della monaca, gateaux di Santa Chiara, Cappello del prete con crauti in agrodolce, zuppa del Lunedì dell’Angelo, ciliegie sotto spirito e per finire le Frittelle di fichi al vin santo.
L’Angela Custode Golosa mangiò tutto con gusto e delizia, dopo aver fatto la preghiera e aver indossato un bel bavaglino bianco e piumato. Sulle sue candide ali c’erano precedenti tracce di sugo di pappardelle del cardinale, e la sua tonaca era qua e là segnata da macchie di cioccolato dei cuscini di Gesù bambino al cacao. Era proprio una mangiona! Ma la sua figura leggera e sottile galleggiava nell’aria come una nuvola di zucchero filato.
Quando ebbe finito di mangiare, ed era stata veramente veloce, disse:
«E adesso vi porto io a prendere un nuovo paio di chiavi!». In men che non si dica, si trovarono in alto in alto nel cielo a tu per tu con San Pietro che tolse una chiave gialla dal suo portachiavi tutto colorato e la consegnò a suor Pappina, estasiata da una presenza così celestiale!
Discesa nuovamente sulla terra, Suor Pappina si ritrovò davanti al cancello del collegio dei bambini poeti in compagnia del FabbroFerraioFerroso che tenne il catenaccio in modo da esporre bene il buco della serratura. Suor Pappina tirò fuori dal suo borsello la chiave gialla e la introdusse nella serratura, si sentì un tintinnio allegro allegro, il cancello si spalancò e la chiave si mise a suonare fino a moltiplicarsi per il numero esatto dei bambini poeti. Il gruzzoletto di chiavi si raccolse in mano al FabbroFerraioFerroso che si mise a distribuirle a tutti i bambini poeti già riuniti davanti al cancello. Ogni bambino poeta ebbe così la sua chiave e poté esser libero di entrare e uscire dal collegio, inoltre il FabbroFerraioFerroso e suor Pappina avevano avvertito i bambini del pericolo che incombeva su Letteralia e in particolare proprio sulla Collina delle Parole di vento, in cui le poesie e le storie dei Bambini Poeti erano così forti e piene di sentimenti, da poter raggiungere qualsiasi parte del paese e rallegrare la vita delle persone. Era, infatti, proprio quella la soluzione: i bambini poeti dovevano coltivare la loro fantasia, dare voce ai propri personaggi, alle proprie emozioni per inventare tante nuove storie e poesie. In questo modo, anche la città dei Paragrafi, la regione degli Indici e dei Sommari e anche la zona dei Personaggi avrebbero beneficiato della loro passione, quella per il “Gioco delle muse”: mettersi a cerchio, scegliere un tema e, a turno, raccontare una storia appena inventata.
Allora i bambini poeti, ognuno con la propria chiave gialla legata al collo da un laccetto, dissero che prima di tornare a fare il gioco delle muse, volevano chiedere ai Ministeri del Senso-Logico-Razionale e della Favola-a-lieto-fine, di leggere bene le loro storie stralunate, sgrammaticate, senza senso, ispirate, cantate, rimate, strampalate e un po’ pazze, per poterne cogliere la poesia e il sogno che le caratterizzava.
Così i bambini poeti si riunirono in una stanza, si travestirono con tutti i costumi che avevano raccolto nel baule del laboratorio di teatro e inventarono dei personaggi:
Maliritta: una ragazza sfortunata che però trova chi si prende cura di lei;
Angelo: lo scienziato meccanico;
Marina: che abita in campagna ma ama tanto il mare;
Margherita: una bambina disobbediente;
Emanuel: che vuole fare l’elettrauto senza studiare;
Si misero in cerchio, ognuno prese la sua pipa ad acqua e sapone e cominciarono a turno a raccontare storie, mentre dalle pipe salivano bolle di sapone….