Ci stiamo dimenticando.Ci siamo già dimenticati, mi correggo.Non abbiamo dato la giusta importanza.Senza epica, senza eroismi ma una sana riflessione su quello che i contrabbandieri hanno rappresentato nella conoscenza delle vie di montagne sarebbe opportuna.All’inizio del secolo scorso i contrabbandieri hanno aperto vie che sino a qualche anno prima erano impensabili.Solo le aquile sopra di loro.Hanno contribuito alla scoperta, al ricongiungersi di popoli e culture.Hanno trasportato merci e persone.Il momento del trasporto delle persone ha un lato scuro, buio.E’ vero hanno salvato vite ma a fine di lucro.Coloro che hanno salvato li vedono eroi, i grandi narratori mercenari.Quale la visione corretta? Forse la vita salvata di persone destinate a ben diversa ventura.Molti i caduti.Molti finiti nelle patrie galere.Il tutto per denaro? Non credo. Almeno non solo.Alcune testimonianze parlano di quelle notti a 2500m immersi nella neve con la luce della luna a fare da lanterna.Altre di fughe ardimentose dalla milizia di confine o dalla finanza. Altre delle serate nelle quali veniva speso anche il ricavato del prossimo viaggio…
L’industria sul finire degli anni 50 del secolo scorso ha dato un colpo mortale a questa vita di sofferenze.L’agio del posto di lavoro vicino a casa pareva un miraggio.L’officina meccanica.La fabbrica.Meno soldi ma anche meno fatica.Inoltre non si rischiava la vita. Forse.Non si moriva in montagna, ma si moriva dentro e questo lo posso testimoniare personalmente.Ho ascoltato alcuni “vecchi” in questi anni ribadirmi quanto hanno maledetto l’industria.Il tabacco, il sale, il caffè, le persone e le bricolle.5 parole per sempre stampate sulle alte vie delle nostre montagne.
Fabio Casalini