La storia di Louise Zamperini, tedoforo

Creato il 19 luglio 2012 da Masedomani @ma_se_domani

A volte raccontiamo di libri, e a volte raccontiamo di film. E raramente, troppo raramente, possiamo raccontare di una vita vera da cui è tratto un libro, una esistenza che racchiude perfettamente le caratteristiche di uno splendido film.

La storia di di Louise Zamperini inizia nel 1917: figlio di emigranti italiani, nasce a Olean, New York, e si trasferisce giovanissimo con la famiglia in California. La sua è una giovinezza difficile, al limite della delinquenza: impara a boxare per difendersi dai bulli di quartiere e lo diventa lui stesso, imponendo la sua forza fisica e la sua incoscienza sui coetanei.

E’ il fratello che, intuita una certa predisposizione per l’attività fisica, lo salva da un probabile dentro-e-fuori dai carceri minorili: Luoise viene iscritto alla squadra scolastica di atletica leggera, e trova immediatamente il modo per distinguersi. I tempi che realizza sono di assoluto rispetto, e qualche anno dopo il 19enne viene aggregato alla squadra olimpica americana in partenza – via nave – per le Olimpiadi di Berlino del 1936. Per un giovane pieno di energia ed abituato a doversi inventare pranzi e cene il viaggio è fin troppo piacevole: a furia di colazioni miracolosamente gratuite, all’arrivo il suo peso è aumentato di circa 15 libbre, il che non gli impedisce di concludere con un onorevole ottavo posto la finale dei cinquemila metri, con una rimonta effettuata nell’ultimo giro che percorre in soli 56 secondi.

Sembra l’inizio di una brillante carriera sportiva, ma fosche nubi si addensano sui cieli del pianeta e, nel settembre 1941, Zamperini si arruola nell’aviazione statunitense. Nel maggio del 1943, il suo bombardiere B-24 si schianta in mare durante una missione, ed otto degli undici membri dell’equipaggio muoiono sul colpo. Louise e due compagni riescono ad approntare il gommone di salvataggio, e vanno alla deriva nutrendosi di piccoli pesci crudi e di acqua piovana, difendendosi nel frattempo dall’attacco degli squali. Uno dei suoi commilitoni muore fra le braccia di Louise, i due superstiti vengono catturati dalla marina giapponese dopo 47 giorni di deriva in mezzo al mare.

La prigionia è durissima: gli episodi di violenza e sadismo sono all’ordine del giorno e, quando finalmente fa rientro in patria, alcolismo e disturbi psicologici lo attendono a braccia aperte. Come nelle migliori storie a lieto fine, Luoise ne riesce ad uscire scoprendo la fede e con l’amore di una splendida fanciulla, che rimarrà sua moglie per 55 anni.

Ma il conto con le Olimpiadi e con lo sport in generale è ancora aperto, e Louise Zamperini lo chiude a modo suo: sarà scelto come tedoforo in cinque (cinque!) Giochi, a settanta anni suonati scoprirà lo skateboard (lo skateboard!) e appena compiuti gli 85 avrà ancora la forza di tornare nei luoghi della prigionia per localizzare i resti dei compagni caduti i cui nomi aveva inciso su una delle pareti della cella.

Vi starete chiedendo che fine abbia fatto Luoise Zamperini, l’uomo dalla vita simile ad un bel film: benissimo, il nostro classe 1917 ha appena dichiarato che non intende perdersi un minuto delle Olimpiadi di Londra, evento che seguirà da casa ricordando il viaggio in Europa e quell’ultimo giro di pista al fulmicotone del 1936.

La storia di Louise Zamperini è raccontata da Laura Hillenbrand nel libro “Sono ancora un uomo”


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