Oggi giornata piena, e tuttavia non volevo lasciare il blog muto.
Così ho pensato di aggiornare una rubrica non ufficiale di B&N, quella delle storie di paura. Bambole maledette, quadri maledetti, zona perturbante (o uncanny valley), doppelganger, demoni del meriggio, la bellissima bambola Annabelle, direttamente da The Conjuring, finora, ma oggi mentre aggiornavo la grafica del mio tumblr (a proposito, ecco qui), mi sono imbattuto in una fotografia corredata da un testo.
La foto è questa qui a lato, una strada, in bianco e nero. Una strada che non esiste più, perché nel frattempo abbandonata, o demolita, in un piano di ristrutturazione urbana.
Siamo a Corona, in California. E la strada era chiamata Lester Road. Anche se i locali preferifavo chiamarla Never Ending Road, la strada senza fine.
Questa breve storia mi è piaciuta subito. Ho approfondito la questione, cercando in rete, ed eccoci a questo articolo.
La leggenda:
Lester Road era una strada provinciale di Corona, California. Di notte era immersa nel buio più assoluto, perché sprovvista di illuminazione. E sembra, dalle testimonianze di un mio coetaneo (classe ’76), residente in città, che fosse affiancata, in un certo tratto rettilineo, da alberi di limoni, tutti identici e piantati in file regolari, tanto regolari da contribuire a lanciare il punto di fuga, aumentando la percezione della lunghezza, di giorno, dando l’impressione, per oltre un miglio, di una continuità identica e, apparentemente, senza fine.
Ma la nostra strada godeva di una fama notturna anche peggiore.
Sembra, infatti, che di notte la strada diventasse effettivamente senza fine. Nessun trucco, nessun inganno, a parte il fatto che il tempo di un miglio s’allungava fino a esaurire la benzina dei serbatoi.
La Lester divenne in breve tempo poco o per nulla trafficata, soprattutto perché, nel corso degli anni, si era diffusa la diceria che chiunque la percorresse di notte era destinato a scomparire, probabilmente imboccando quel tragitto infinito.
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L’idea già mi dà i brividi, perché mi ricorda una delle scene secondo me più efficaci de Il Seme della Follia, di John Carpenter. Quella in cui Sam Neil, al volante alla ricerca di Hobb’s End, la cittadina misteriosa di Sutter Caine, s’imbatte nel ciclista, coi catarifrangenti sui pedali, e la carta da gioco inserita nella ruota, che sbatte urtando i raggi in movimento. È solo un ragazzo, ma qualche istante dopo, sulla strada infinita, diventa un vecchio terrificante.
Ecco, Lester Road godeva di questa fama.
Una superstizione così diffusa a Corona che la gente cominciò a evitare di percorrere la Lester anche di giorno, forse proprio a causa di quel particolare gioco prospettico dato dal miglio giallo, quello che attraversava gli alberi di limoni, che sembrava non avere mai fine.
Un’altra testimonianza rivela che, a percorrerla in notturna, l’illusione ottica fosse particolarmente agghiacciante.
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Si svolse anche un’indagine da parte dell’autorità locale, per trovare (e verificare), una volta per tutte, la fine di questa strada. Fine che, in realtà, risultava chiaramente dalle mappe.
Lester Road terminava con una brusca svolta sulla sinistra, dove iniziava a costeggiare un canyon. Risulta anche che il canyon non fosse in alcun modo segnalato e che la strada fosse sprovvista di guard rail o di altro tipo di protezione (non deve meravigliare, dal momento che anche una strada ben più famosa, la Mulholland Drive a Los Angeles, manca in larghi tratti, specie nelle curve, di guard rail).
Dall’altro lato del canyon iniziava un’altra provinciale. Sembra che la prospettiva giocasse un brutto tiro a chiunque percorresse la Lester: ovvero l’illusione che la strada fosse una sola, dato che la seconda, dall’altra parte del canyon, combaciava, a una certa angolazione, perfettamente con la Lester, creando l’inganno di una carreggiata continua, di fatto cancellando alla vista lo strapiombo, specialmente di notte, fino all’ultimo istante.
La leggenda si chiude con il rinvenimento, da parte di quelle stesse autorità, di dozzine di autoveicoli sul fondo del canyon, precipitati a causa di quel particolare gioco ottico.
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La conclusione sottrae un po’ di forza alla leggenda, a seconda del grado di coinvolgimento che possiate avere con questi aneddoti fantastici. Che rimangono bellissimi da raccontare attorno a un falò, di notte.
Circa l’inganno ottico causato da un gioco della prospettiva, sono molto più propenso a credervi, avendo assistito di persona a un fenomeno simile, su una strada abbandonata dalle mie parti. È un fenomeno più noto, quello da me testimoniato, il cosiddetto falsopiano, ovvero uno scherzo prospettico che dà l’impressione che la strada sia in salita, quando in realtà è in discesa (o viceversa, a seconda della direzione in cui si percorre). Spettacolare, a quel punto, mettere il cambio in folle e vede l’auto “salire” quando in realtà dovrebbe indietreggiare.
Quindi ritengo altamente probabile che la storia delle strade sovrapposte tanto da sembrare una sola sia reale. E condivido in pieno l’angoscia che si debba provare in quelle circostanze, magari mentre si è al volante da soli, nel buio, quando i fari cominciano a rivelare dettagli impossibili. Forse è solo suggestione…
L’idea di una sorta di corridoio dimensionale che allunga il tempo all’infinito si lega a innumerevoli leggende sui piani temporali, le intersezioni dimensionali, le porte, i cellulari ripresi nei film di Chaplin, il vecchio ciclista, l’autostoppista fantasma, che la raccogli e ti svela il punto esatto in cui è morta, in un incidente d’auto. A volte spaventarsi fa bene, rende la vita meno noiosa.
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