«Morta colei che mi facea parlare, declamò con voce rotta, et che si stava de’ pensier miei in cima, non posso, et non ò più sì dolce lima, rime aspre et fosche far soavi et chiare. Petrarca, Il Canzoniere» esalò.
Le quattro persone su cui si concentrano i sospetti – il coltissimo Professor Barberis, l’affascinante dottor Marchesani, la bella barista Esterina e l’ambiguo Claudio Serventi – sembrano aver perduto anche il favore degli astri: pur essendo nati in giorni, ore e anni diversi risultano infatti marchiati dalla terribile “quaterna dell’orrore”: Marte nell’ottava casa, Saturno in Scorpione, Plutone in Leone (“Protagonismo, istrionismo, ma quando li abbini al Leone vuoi sapere cosa salta fuori? … Hitler”, illustra l’astrologa Consolata a un attonito interlocutore) e Giunone in Scorpione.
Una miscela infernale, insomma. Che potrebbe esplodere in qualsiasi momento…
Il personaggio di Costanza Ravizza è ben caratterizzato. In lei freschezza e modernità (la sua figura professionale è all’avanguardia e ancor poco sfruttata nel panorama – non solo letterario! – italiano) si coniugano felicemente con una carica di umanità fuori dal comune. A ben guardare, e a dispetto del rigore che circonda la sua specializzazione, Costanza è una Jane Marple dei giorni nostri: empatica, autoironica, istintiva. Tutti i personaggi al centro dell’indagine, del resto, si distinguono per umanità e verosimiglianza: divertenti, vivaci, tridimensionali, essi costituiscono senz’alcun dubbio il punto di forza del romanzo in commento. Un discorso a parte merita Alfredo Filangieri, protagonista assoluto della vicenda nonostante ami definirsi “l’uomo senza qualità”; “alto e magro, con un viso piacevole dai tratti regolari”, il Filangieri ha fascino da vendere e la dote rara di saper leggere nell’animo di chi gli sta di fronte: una stretta di mano gli è sufficiente per catturare le sensazioni più intime, l’essenza stessa dell’altro. Alfredo, la sua fidanzata in pectore Angela e la simpaticissima domestica Carmelina portano il sole partenopeo e qualche spruzzo di commedia in una vicenda che, come si è accennato, si dipana tragicamente nelle brume del profondo Nord, tra gli scandali sopiti di una borghesia annoiata che sorseggia aperitivi, frequenta gallerie d’arte e festeggia i 150 anni dell’Unità d’Italia apparecchiando gare di catamarani e fatui ricevimenti. Come a dire che l’oro, per quanto luccichi, non può nascondere in eterno i miasmi del male; che l’abito, volendo prendere a prestito uno scampolo d’imperitura saggezza popolare, difficilmente fa il monaco.
Onore dunque all’autrice, che ha già dato prova del suo talento con il fortunato Re di bastoni, in piedi (Scrittura & Scritture, 2011) ma che qui abbondantemente si supera, regalandoci un giallo intrigante e piacevolissimo, un’autentica squisitezza.
Vivamente consigliato.
Simona Tassara
- recensioni originariamente pubblicate sul blog di Uno Studio in Giallo.