Oggi inizio a leggere la mia bella copia di Un Weekend Postmoderno: cronache dagli anni 80, di Pier Vittorio Tondelli (Correggio 1955- Reggio Emilia 1991), scrittore a cui mi sono recentemente avvicinata. Ad un certo punto, neanche a pagina 40, leggo di una roba, targata 1980 , che mi sconvolge perchè mi ci ritrovo, se così si può dire; parole che esprimono perfettamente quello che io ho sempre e solo abbozzato sgolandomi e risultando infine quasi banale. Non è il caso di Tondelli, ovviamente.
Giusto per fare una piccolissima premessa (e cito direttamente dalla copertina): con Un Weekend Postmoderno Tondelli ha elaborato il suo "romanzo critico" sugli anni ottanta, una lunga narrazione "a scenari" che racconta le mode e la musica, le nuove tendenze artistiche e letterarie, le scoperte e gli entusiasmi, la vitalità della provincia italiana in questo decennio.
Tornando a noi: lo scenario italiano in questione è quello dell'estate romana; ci si ritrova al concerto dell' irlandese Alan Stivell , quando qualcosa sembra sconvolgere gli equilibri. Buona lettura. (NB: questo è solo il pezzetto che mi premeva scrivere ed inizia già nel bel mezzo del tutto)
[...] A un tratto,dal fondo del parco,s'alza un polverone,e tutti quelli che stavano dietro corrono disordinatamente in avanti,urlando non si sa bene cosa,e noi,che eravamo un po' di lato a berci Guinness naturalmente,non capiamo tanto bene le urla,le grida,i sottanoni al vento delle veterofemministe e le imprecazioni in romanesco:"Li mortacci" e "La tu'zia".
Dopo,invece si capisce: un gruppo di giovanissimi neofascisti,bardati con drappi neri,brandendo manganelli e asce,corre velocissimo e travolge chi ha sul cammino: volano ceffoni,ma niente di più,qualche cazzotto, qualche spintone con il servizio d'ordine. A loro è bastato rompere l'atmosfera, gridando (non ci credereste):"Odino,Odinooo!!!", in preda a un trip Marvel Comics,Fantastici Quattro,Thor e compagnia bella.
Ma lo spavento si è ugualmente avuto,soprattutto perchè poi bastava che dieci,quindici si spostassero insieme che cresceva la paranoia della squadraccia,nonostante tutti urlassero:"State calmi,non correte!"
[...]
Ma quella sera,comunque si è ascoltata ottima musica,anche quando,abbandonate le incursioni dei nipoti di Odino,si sono potuti finalmente sentire i Planxty,il gruppo di punta del folk irlandese. E la musica irlandese è stata,per tutta l'estate,la vera novità per il pubblico giovanile,anche se i mitici Chieftains (già autori della colonna sonora di Barry Lindon) erano approdati lo scorso anno a mietere allori,e anche se a farla da padrone nelle arene e negli stadi è stato, ancora una volta, il reggae giamaicano di Peter Tosh e di Bob Marley. Ma nella ritmicità del folk irlandese si sanno trovare intensità più impegnate,e forse più poetiche, che non nel dondolio ipnotizzante del reggae. Bastava confrontare i giovani di Villa Torlonia con quelli di Castel Sant'Angelo per capire al volo che tutti i reduci stavano da una parte e i novissimi dall'altra,che a sentire Stivell erano facce ormai sconsacrate che partecipavano compite e serie,mentre per Peter Tosh sbraitavano i baleromani,s'indemoniavano i punkettari,si adrenalinizzavano i movimentisti del ballo e del ritmo. Tutti appartenenti alla stessa razza,ma con passioni e,soprattutto, con background ben definiti e divisi. Per cui,restando alla musica celtica,niente sciocca di più della strumentalizzazione che i giovani di destra ne stanno facendo in nome dei logori schemi del superuomo e della virilità e del bardo e,appunto,dell'"Odino Odino!!!", arrivando a coinvolgere, nella sfida alla corruzione del presente,nella guerra all'evoluzione e alla presunta decadenza dei valori (gli uomini non sono più uomini,la musica non è più musica,l'onore non è più onore) lo stesso J.R.R.Tolkien e la sua cosmogonia di elfi,fate,cavalieri,orchetti,come sta succedendo,fra croci celtiche e rune e fasci littori,nei campi Hobbit della "destra alternativa al sistema".
Basterebbe, per annientare ogni equivoco,la voce del poeta irlandese Desmond O'Grady,ascoltato a Piazza di Siena,che sul palco sbraitava:"Povero O'Grady,povera Irlanda dove non hanno il cazzo per fare la rivoluzione. Sono l'Irlanda,e più vecchio sono della Sibilla; sono l'irlanda, e più solo sono della Sibilla". Versi che hanno strappato l'applauso, non solo per la simpatia al vecchio O'Grady,un po' Copi, un po' burattino del teatro dei pupi, ma soprattutto perchè si dà solidarietà alla rivolta di un popolo per la sua identità nazionale; e, infatti, il canto del bardo è sempre il grido rivoluzionario dell'oppresso o il lamento, struggentemente assorto, dell'emarginato. Altro che Odino!